Benjamin Franklin diceva: “Non ho mancato la prova. Ho trovato 100 modi per farla sbagliata”.
Nell’epoca postmoderna del successo a ogni costo, della perfezione assoluta e del 'nessun può sbagliare' si ritorna saggiamente a parlare della valenza educativa e formativa del “fallimento”.
In un interessante articolo di Costanza Rizzacasa d’Orsogna si mette in evidenza, oggi più che mai, che: “Per i giovani è tutto più confuso. Coccolatissimi da una società che credendo di porre rimedio alla cultura del successo aveva imposto i premi di partecipazione, i Millennial sono cresciuti convinti d’aver diritto a tutto, per poi scontrarsi col mondo reale. Tassi di dispersione ai massimi, suicidi. Come salvare 20enni e Generazione Z? In questi giorni, allo Smith College, noto ateneo femminile in Massachusetts, schermi disseminati per il campus accolgono le matricole con video dove le studentesse raccontano i propri insuccessi” [1].
È una didattica del Failing Well orientata al “fallire bene”. Ancora, “Al Davidson College, in Nord Carolina, il Fondo Fallimento assegna borse fino a mille dollari per perseguire attività creative probabilmente destinate all’insuccesso. E analoghi progetti nascono nelle scuole. Allo Smith s’insegna che le sconfitte sono cose della vita, e a tener duro. E a fine corso è rilasciato un attestato. Di fallimento”.
La pedagogia del fallimento ci porta a numerose e necessarie riflessioni, ci dirotta in altre strade e scelte educative.
Rimettendo tutto in gioco, capovolgendo gli schemi didattici ed educativi del muovo millennio, la mission educativa potrebbe essere: “sbagliando si impara”, un ulteriore avallo alla pedagogia dell’errore. Se riusciamo a far “partire tutti assieme”, accettando che “arrivare tutti assieme” è abbastanza utopico, sarebbe importante accettare di poter arrivare ciascuno al massimo per sé, anche attraverso errori, inciampi e ricadute.
Solo così, il percorso scolastico, può diventare un viaggio educativo e formativo verso la conoscenza, in cui ognuno metterà in pratica e sperimenterà le proprie capacità, facendo leva sull’ingegno, sulla motivazione e sulla propria autorealizzazione. Così inteso lo sbaglio/fallimento può diventare una preziosa risorsa di creatività e verrà visto non come un ostacolo, ma come un potente motore. D’altronde, come diceva Henry Ford, “Ogni fallimento è un’opportunità per diventare più intelligente”.
E la scuola e i docenti in tutto questo? Avranno il prezioso compito di capire e valorizzare le “capacità” attraverso la “possibilità”, le vere parole-chiave del successo formativo .