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una recensioneoltre la lavagna

04/12/2021

G. Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili,

di Maurizio Muraglia

Non è mai stato intimorito dalla complessità. La complessità era il suo pane, di cui nutriva se stesso e coloro che lo hanno conosciuto, seguito e amato, e l’ultimo suo libro lo dimostra. È una navigazione nella complessità del sistema scuola quella che ci ha consegnato Giancarlo Cerini, che davvero si fa fatica, al termine di questa lettura, a definire dirigente tecnico, cioè ispettore. Per chi non lo ha conosciuto e prova a conoscerlo da questa lettura, la sensazione non può che essere quella di aver davanti un uomo di scuola. Un uomo che la scuola l’ha conosciuta dall’interno e che l’ha interpretata per quello che è: un ambiente culturale. Il dirigente tecnico Cerini sapeva bene che tecnica e procedura senza cultura generano mostri formativi. Questa è la pasta di cui è fatto questo libro.
L’impianto è tripartito. Venti questioni, quelle più vere e serie, dall’autonomia, alla professione docente, all’inclusione, alla formazione, al curricolo, alla valutazione, al tempo pieno e tanto altro. Per ogni questione venti schede sintetiche per dirci lo stato dell’arte: in che situazione ci troviamo, quali obiettivi sono praticabili, quali risorse servono, conti alla mano. Poi venti commenti a ciascuna scheda, perché non sia solo tecnica e amministrazione, ma anche cultura pedagogica, analisi, ricerca, discussione, problematizzazione: lo stile intellettuale di Giancarlo Cerini. Infine venti database per ciascuna questione: dati e tabelle aggiornati, perché, come si suol dire, non sia chiacchiera vana, ma davvero strategia per il cambiamento fondata sulla realtà.

A mettere insieme le tre sezioni si ottiene uno spaccato della scuola italiana che tiene insieme passato, presente e futuro affinché le soluzioni non cadano nel semplicismo del mordi e fuggi politico alla ricerca del consenso, ma trovino il loro ancoraggio nel tempo, nelle stratificazioni normative e pedagogiche che hanno caratterizzato la nostra scuola. E abbiano prospettiva, le soluzioni. Abbiano respiro. Ci sono ipotesi di innovazione pensate per il prossino quinquennio o addirittura decennio. Giancarlo Cerini sapeva bene che se le riforme germogliano da processi culturali: ci vuole il tempo che ci vuole. Voce nel deserto di una politica che cambia un ministro l’anno e che ha la pretesa di rivoluzionare tutto ogni anno.
La complessità. Sì, ma anche la coscienza di ciò che è essenziale fin dalle prime battute del libro: “Non è facile delineare una strategia di respiro per la scuola. Al centro dovrebbero essere gli studenti, il loro livello di preparazione, le loro motivazioni, lo sviluppo di una piena cittadinanza e di pari opportunità per tutti” (p.9). Con questa consapevolezza Cerini affronta tutte le questioni importanti della scuola non tradendo mai la sua vocazione alla problematicità e alla ricerca condivisa. Il suo linguaggio è sempre costellato da quei “sembra”, “sarebbe utile”, “è raccomandabile”, “sarebbe assai opportuno” che caratterizzavano la sua postura intellettuale.

Giancarlo Cerini Era un uomo delle istituzioni nel modo in cui riteneva che dovessero configurarsi le istituzioni, ovvero come interlocutrici permanenti dell’opinione pubblica, perché la scuola è un patrimonio di tutti, soleva dire e scrivere, e le riforme non hanno speranza di successo se non diventano, come amava dire, ballate popolari: “Non bastano le tecnicalità. Una riforma deve trasformarsi in una ‘ballata popolare’, per far scaturire imprese di cui andare orgogliosi, con uno spazio rigenerativo di rielaborazione, di narrazione, di benessere” (p.247). Non era mai populista l’approccio di Giancarlo, ma rifuggiva da ogni atteggiamento aristocratico o tecnocratico, e il libro ben lo documenta, con la sua attitudine a trattare le questioni invitando allo spirito partecipativo, al coinvolgimento, alla collegialità.
Il testo contiene tutta la visione di Giancarlo Cerini. È notevole la sua presa di distanza da ogni accezione tecnico-burocratica della vita scolastica. “Si ha spesso l’impressione – scrive – che la nuova generazione di dirigenti sia troppo preoccupata della correttezza delle procedure formali e molto meno della guida di una comunità educativa” (p.51). Detto da un dirigente tecnico, che dovrebbe essere proverbialmente interessato proprio alle procedure, risulta davvero rivoluzionario e forse istruttivo per le giovani leve di ispettori. Così anche a proposito dei documenti ministeriali: “Un documento ‘vale’ se fa intravedere una prospettiva culturale significativa, se è in grado di suggerire pratiche didattiche efficaci, se consente di ripensare la propria professionalità” (p.85).
In questi passaggi come in tanti altri l’ispettore Cerini rivela la sua propensione decisa per una visione calda, vitale, gentile della scuola. È celebre la sua esortazione ad una valutazione “mite”, con la sua presa di distanza da “pratiche valutative ancorate ad un obsoleto richiamo ai voti in decimi, che non tengono conto del dibattito sulle competenze, sui livelli di apprendimento, sulla descrizione dei processi, come tutta Europa sta facendo” (p.239). Come per la valutazione, il libro non sottace tutte le criticità irrisolte del nostro sistema scolastico, dalla disabilità, al tempo pieno, all’edilizia, al digitale, alle questioni di reclutamento e di professionalità, ma l’approccio resta implacabilmente dialogico, mai incline alla polemica sterile o alla contrapposizione.

È stato criticato per questo. Di accondiscendenza a soluzioni istituzionali inguardabili, che per alcuni avrebbero richiesto prese di posizione più decise. Non ha mai accontentato queste obiezioni, ed il libro ne è testimonianza, perché resta ancorato fermamente ad una prospettiva di collaborazione con le istituzioni, quale che sia il loro colore politico, cui addita soluzioni, strategie, risorse. Una pazienza infinita in questi anni, esercitata nel tessere la tela di un dialogo tra le istituzioni ed il mondo della scuola. La sua anima restava democratica, distante dal populismo quanto dalle gerarchie: “Occorre gustare il piacere di governare ‘tutti’ il futuro della propria comunità educativa. La scuola non ama le gerarchie” (p. 66).
Si andrebbe avanti all’infinito. Il libro di Giancarlo Cerini è un libro necessario a chiunque voglia farsi un’idea seria della scuola: del suo passato recente, del suo presente, delle sue prospettive. È un libro con un’anima, perché sempre l’organizzativo e l’amministrativo sono funzione della vita reale di bambini e ragazzi, ed è quest’anima che si dispiega in modo forse anche commovente nell’ultimo commento alla ventesima scheda, in cui ci fa vedere i suoi sogni di una “scuola contro vento” (p.247), capace di ritrovare la credibilità e il prestigio che le spettano presso l’opinione pubblica. “Occorre ricostruire un vissuto positivo attorno alla scuola” (p.248), ci dice nelle pagine conclusive, condite di desideri e di aspettative forti, sintetizzate nel colpo d’ala finale, che chiama in causa nientemeno che il grande Bruner, con il suo appello all’arte della cortesia del dialogo, come massima competenza per un insegnante.

La cortesia del dialogo. Il libro di Giancarlo Cerini è un libro per lavorare insieme cortesemente e seriamente. Un libro che non lascia fuori niente e tutto assume nella complessità invitando a perseverare, a non scoraggiarsi e a non appiattirsi dietro bandiere ideologiche che non fanno bene alla scuola e fanno perdere di vista l’essenziale di lungo termine, che è davvero il benessere di tutti i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola. È un libro da leggere, da studiare, da sottolineare, da meditare. È un libro che dimostra concretamente la possibilità di un discorso sulla scuola che abbia un’anima. Proprio come una ballata popolare.

Giancarlo Cerini

Atlante delle riforme (im)possibili

Tecnodid,  Napoli, 2021,

Pagine 384, € 35,00

Scrive...

Maurizio Muraglia Docente di Lettere nei licei, formatore, già Presidente del Cidi Palermo