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15/11/2017

Due donne intorno ’l cor ci son venute…

di Alba Sasso

«Con Bice, come con Tullio e con Adriana, anche loro recentemente scomparsi, se n’è andata una parte  importante della nostra storia, storia del Cidi, ma anche storia personale di affetti, di amicizie assai profonde, quelle che nascono quando si lavora insieme a una difficile impresa. E che resistono al tempo.»

Così ha detto Alba Sasso, commemorando in due occasioni diverse la morte di Bice Chiaromonte e di Adriana Tocco. Un lutto reso ancora più profondo dalla scomparsa di Tullio De Mauro.
Su Bice e Adriana è stato detto molto, per avere entrambe cercato e promosso una politica culturale nell’ambito del Cidi, volta all’istruzione e all’educazione democratica in tutta la loro complessità.
Alba Sasso  ha ripreso tante memorie, innanzitutto a partire da Bice e il  Cidi, “Uno strano animale”, così  definito dalla stessa autrice, nel libro Donna, ebrea e comunista (Harpo 2017).

Riportiamo qui parte di due suoi interventi, che ricostruiscono anche momenti importanti della nascita e della vita dell'associazione.

«Racconta Bice in Donna, ebrea e comunista: “Negli anni ’60 molti di noi insegnanti, impegnati o no in organizzazioni di partito e sociali, ci sentivamo, più o meno consapevolmente, insoddisfatti di come la sinistra affrontava il tema della scuola e dell’insegnamento e ci eravamo posti la questione dell’essere democratici, insegnando. Si discuteva in quegli anni di selezione di classe e l’essere democratici coincideva spesso col rifiuto del libro di testo, della lezione ‘ex cathedra’, del nozionismo, col non dare voti, col farsi dare il tu dagli alunni. Ma questo bastava? Bastava parlare di fascismo o antifascismo, magari in modo tradizionale, e soprattutto erano questi o solo questi i contenuti di una scuola rinnovata in senso democratico? (…) Con Luciana [Pecchioli]- continua Bice - una sera, di ritorno da Ariccia, da un congresso della CGIL scuola, ci dicemmo che serviva davvero qualcos’altro”.

“E così - Alba ricorda- fu proprio da quel profondo sodalizio, fatto di stima, di affetto e di rispetto,  tra la ‘zarina’ e la vulcanica Bice che cominciò a prendere corpo quel “qualcos’altro.
Si trattava di ripensare il sapere della scuola per fare dell’istruzione la leva di una crescita civile e democratica del Paese e per garantire a tutte e tutti, uguaglianza di opportunità e successo formativo. Si trattava di rendere operativo il mandato costituzionale (art.3, comma 2), di superare la divisione tra scuole, quella dei “fabbri” e quella dei “dottori”, di far vivere la lezione di Don Milani. Si trattava, infine, di rendere operativa un’elaborazione sulla scuola che partiva da quanto, dal ’68 in poi, aveva messo in discussione l’ordine delle cose presenti nella scuola e nell’Università, dal movimento degli studenti alla riflessione di tanti intellettuali.
Era una grande sfida.

Fu un’impresa collettiva, difficile, non sempre compresa fino in fondo (si dovette superare all’inizio una certa diffidenza della Cgil scuola e anche del Pci) a cui dettero vita un gruppo di intellettuali e tantissimi insegnanti, che per la verità scoprirono anche loro di essere intellettuali.
E fu nel 1972, che  Luciana Pecchioli, Tullio De Mauro, Bice Chiaromonte, Lucio Lombardo Radice, Maria Teresa della Seta, Franco Baratta, Ermanno Testa e altri diedero vita a Roma al Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) che proprio su quei temi intendeva misurarsi. A partire dalla riflessione sull’educazione linguistica democratica. “È la lingua che fa eguali.”

Bice, in particolare, fu fedele custode dell’ortodossia cidina. Guai a parlare di associazione degli insegnanti democratici. Ti infilzava. Il Cidi era un centro e la democrazia stava nell’iniziativa, capace di cambiare le cose, di trasformare riflessioni e sapere in concreta pratica quotidiana, perciò democratica.
[…] Quasi subito  cominciò a crearsi intorno a questa "iniziativa" una rete di insegnanti, in molte città d’Italia. Si formarono i primissimi Cidi, a Bari, Napoli, Genova, Milano, Pisa e poi si diffusero a macchia d’olio in tutta Italia. […]

Bice portò nel Cidi temi nuovi complessi e innovativi come  la riflessione sul sapere tecnico, sull’innovazione tecnologica, era un’architetta appunto e sempre in ogni convegno non permetteva che mancasse alla riflessione comune questo aspetto.
E suoi interlocutori privilegiati su questi temi erano Felice Ragazzo, Domenico Chiesa e, nel Cidi  quotidiano, Franco Baratta. Li incontravi nel corridoio della sede di piazza Sonnino, perché era lì che,  appena arrivata, Bice aveva qualche pensiero da comunicare, qualche riflessione da condividere, qualche cosa su cui discutere.

Fu il capo assoluto e il responsabile della stampa del Cidi.
Sempre molto attenta a fermare sulla carta l’elaborazione del Cidi (penso ai volumetti sui programmi della media) e a  curarne la diffusione. Diresse Il Menabò, un foglio informativo utile e prezioso, scritto con linguaggio chiaro e semplice, secondo la lezione di De Mauro. E curava la produzione del Caro collega, un lungo post, si direbbe oggi, sulla questione del momento,  diffuso in migliaia di copie dai Cidi locali. E di questo suo impegno parla diffusamente nel libro già citato.
Fu la prima direttrice della nostra rivista insegnare, anche in quel caso ci fu una grande discussione sul titolo della rivista. Quando  fu proposto insegnare, ci furono perplessità e qualcuno disse che insegnare vuol dire ‘lasciare il segno’. “Appunto!” -replicò Bice-. E insegnare fu.
La rivista ebbe subito un grande seguito  e  se la batté con Riforma della scuola. Fu uno strumento indispensabile per far crescere la riflessione sulla scuola e sui saperi “necessari” per una istituzione di massa, pubblica  e di qualità. E fu una rivista di grande qualità, culturale e didattica, con Bice grande ed esigente direttrice, coadiuvata da Franca Mariani, Sofia Toselli e Betta Cristallini.

Era instancabile. Fu la prima a sentire la necessità di parlare a scuola di temi di rilevanza politica e sociale come la questione della mafia. […] E nacque il volumetto  Anzitutto conoscere: mafia, camorra, ndrangheta, delinquenza organizzata,  che andò a ruba e che Bice compose manualmente con la terribile tecnica dell’azzeccaggio.
Bice era  il nostro punto di vista divergente sulle cose della scuola, ma del mondo tutto e ci ha insegnato la capacità di guardarlo con altri occhi.  Rimarranno incancellabili le vignette che disegnava nelle nostre lunghe segreterie, quasi una colonna sonora, vignette che ci aiutavano a capire quello che noi stessi avevamo detto.»

Così si è espressa Alba Sasso su Bice. Sentiamola ora su Adriana Tocco.

«Adriana è stata professoressa amatissima, intellettuale di raffinata cultura, donna di forti interessi e curiosità, di solide capacità  politiche e organizzative. Di grandi passioni e di grande generosità. [...] Per Adriana cultura e sapere dovevano essere un diritto per tutte e tutti, uno strumento di crescita e di emancipazione umana e sociale, di promozione e di eguaglianza. E questa è stata sempre la cifra del suo impegno intellettuale.

Ho conosciuto Adriana nei primi anni Settanta. Gli anni in cui l’intero mondo della scuola  e dell’Università veniva scosso nelle sue fondamenta, dalle parole d’ordine del Movimento degli studenti, ma anche dalla riflessione di intellettuali e scrittori scomodi come Don Milani e Pasolini. Avevano acquistato una nuova centralità temi come il diritto al sapere  da garantire a tutte e tutti  (riprendendo la sfida costituzionale dell’uguaglianza del diritto all’istruzione), la partecipazione democratica, la gestione sociale dei sistemi di produzione e riproduzione del sapere (come si diceva allora).

E fu in quegli anni che Adriana cominciò a entrare in contatto con quel  gruppo di intellettuali, già citati a proposito di Bice Chiaromonte, […] che dette per l’appunto vita a Roma al Cidi.  Il Cidi di Roma fu solo il primo centro , perché subito dopo cominciò a crearsi intorno a questa iniziativa una rete di insegnanti interessati e incuriositi, in molte città d’Italia. Erano anche gli anni dei corsi abilitanti, dell’affacciarsi sulla scena di tante e tanti, nuovi, giovani docenti. Si formarono i primissimi Cidi, a Bari, Napoli, Genova, Milano, Pisa per diffondersi poi a macchia d’olio in tutta Italia.

Cominciò la stagione di affollatissimi convegni, che toccavano i grandi temi del cambiamento della società e del sapere e riflettevano su una cultura della scuola capace di intrecciare sapere e valori (i temi della  legalità, dell’eguaglianza sostanziale, della valorizzazione delle differenze) e trasformarli in buone pratiche, in concretezza del fare. E in questo Adriana era maestra, perché era capace, come pochi, di “mettere l’anima, le emozioni e i sentimenti nel suo lavoro”.
Si formò in quegli stessi anni la prima segreteria nazionale del Cidi presieduta da Luciana Pecchioli, in cui c’eravamo anche noi, le ragazze, Adriana, Betta degl’Innocenti, io, insieme appunto a Franco Baratta, Ermanno Testa, Bice Chiaromonte, e poi Walter Moro e altri.
Adriana era davvero speciale, univa a finezza intellettuale arguzia  e competenza, e intrecciava serietà e allegria nell’impegno comune, con la battuta sempre pronta a rendere lieve ogni situazione. Non amava le chiacchiere e i lunghi interventi, ma andava sempre dritta al cuore del problema. E di quella segreteria era un solido pilastro per l’acutezza del pensiero  e la capacità dell’agire. […]

Insomma, nacque in quella stagione tra  noi, in quella segreteria, non solo una grande, profonda amicizia ma anche una grande comunità di intenti. Avemmo la capacità e la tenacia  di trasformare temi, cosiddetti “per addetti ai lavori”, in temi di riflessione su una cultura della scuola che fosse adeguata al cambiamento d’epoca. […] Penso al convegno che si tenne a Napoli, aperto appunto da Adriana, alla presenza di Antonio Bassolino sul tema "La cultura della scuola e la contemporaneità”. Nel 1995, in un periodo di straordinario fermento politico e culturale per la città. O al Convegno di Ischia su "Cultura e identità nella scuola di tutti" del 1998, a cui parteciparono circa duemila insegnanti da tutta Italia.

L’altro grande impegno di Adriana è stato il lavoro sul territorio campano per costruire il Cidi di Napoli - che è sempre stato un centro forte e ricco di iniziativa, punto di riferimento per la scuola napoletana e non solo - e per promuovere un gruppo dirigente di qualità e di grande valore.
Perché per Adriana, come per molti di noi, era quella del Cidi un’impresa politica,  prima ancora che culturale, un impegno civile. E il tema che ha accompagnato il suo impegno democratico in qualsiasi attività  abbia svolto è appunto quello dei diritti, potrei dire del “diritto ad avere diritti”. A partire dai più deboli: il diritto all’infanzia, quello a un’istruzione di alta qualità per tutti- che nessuno resti indietro!-, quello alla dignità per ogni individuo- in qualsiasi luogo si trovi-, che ha caratterizzato il suo grande impegno, anche come  garante dei detenuti in Campania. […]

Ci mancherà Adriana, tanto. Ci mancheranno il suo sapere, la sua ironia, la sua forza, la sua eleganza intellettuale, la sua passione per la vita.”

Rielaborazione editoriale a cura di Rosanna Angelelli

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A lato del titolo, picasso, Two women sitting at a bar , 1902, Royal Academy of Arts (RA), Londra, Regno Unito