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07/05/2018

"Il fascismo eterno" di Umberto Eco

di Grazia Dalla Valle

Il fascismo eterno fu in origine un discorso pronunciato da Umberto Eco nel 1995 a un simposio organizzato dalla Columbia University il 25 aprile per celebrare, di fronte ad un pubblico di studenti americani, la liberazione dell’Europa.  
Viene ora ristampato nel 2018 e dimostra la sua attualità nella capacità di individuare le forme in cui il fascismo si maschera e si ripresenta.

Innanzi tutto Eco spiega agli studenti americani, ma la spiegazione vale anche per gli studenti italiani ed europei di oggi, la sua scoperta nel 1945 delle parole libertà e liberazione. Subito dopo a pagina 15 manifesta l’orgoglio per gli europei per non aver atteso passivamente la liberazione e quindi l’importanza morale e psicologica, prima che militare, della Resistenza.

A pagina 17 si trova uno dei passaggi più significativi: di fronte a chi sostiene la necessità di una riconciliazione nazionale Eco spiega come riconciliare e perdonare non significhi dimenticare.

Noi siamo qui per ricordare ciò che accadde e per dichiarare solennemente che '"loro" non debbono farlo più.

Ma chi sono “loro” e che cosa non devono fare più? Ecco la necessità di definire quello che Eco chiama il fascismo eterno.

Innanzi tutto la categoria fascismo è sgangherata sul piano politico e ideologico, e per questo può presentare molte varianti, ma è dal punto di vista emotivo fermamente incernierata su alcuni archetipi che Eco cerca di individuare. Non è necessario che ci siano tutti, ne basta uno per rientrare nella definizione di fascismo eterno.

Vengono individuate 14 caratteristiche ed è chiarificatrice nelle pagine 31 e 32 la spiegazione di come si possano presentare forme di fascismo molto diverse tra di loro attraverso una serie di passaggi  tra somiglianze di famiglia.
Si possono ricordare alcune di queste caratteristiche spesso ambivalenti.

Il culto della tradizione che può accompagnarsi con l’adorazione della tecnologia ma col drastico rifiuto dell’illuminismo come età della ragione.

L’azione per l’azione, quindi il sospetto per la cultura: la critica e il disaccordo sono considerati tradimento; la differenza fa paura, quindi il razzismo.
L’appello alle classi medie frustrate, l’ossessione del complotto e quindi la xenofobia.

Importanti le caratteristiche 13 e 14: il populismo qualitativo e la neolingua.
I cittadini perdono il potere di delega, non possono agire ma devono giocare il ruolo del popolo, di cui il leader è unico interprete. Il ruolo del popolo si può giocare con le adunate in piazze o stadi, ma anche (e ricordiamo appunto che Eco scrive nel 1995) attraverso la tv o oggi internet, mezzi in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini viene presentata come la voce del popolo.

La neolingua inventata da Orwell si basa su di un lessico povero e su di una sintassi elementare al fine di limitare gli strumenti per un ragionamento complesso e critico.
Poiché oggi il fascismo si presenta in abiti civili si tratta di smascherarlo.

Libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai. Che questo sia il nostro motto: ”Non dimenticate”.

Con queste parole e con una poesia di Franco Fortini si conclude il breve saggio di Umberto Eco, da tenere a portata di mano per non cadere nelle trappole e travestimenti del fascismo eterno.

 

Umberto Eco,

Il fascismo eterno,
La nave di Teseo,
Milano 2018,
pp. 51,
5, epub € 2,99