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una recensioneoltre la lavagna

09/03/2014

Due libri di Adriano Prosperi

di Paolo Citran

 Siamo tutti figli della Controriforma

Forse non tutti e non proprio tutti nello stesso modo. Ma chi ha conosciuto e frequentato il mondo cattolico prima del Concilio Vaticano II ed ha seguito la lenta e parziale concretizzazione di questo – che pare avere un’accelerazione significativa con l’attuale pontificato - avrà modo di riconoscere in questi libri “dispositivi di disciplina dei comportamenti collettivi”, tendenti ad inculcare valori e modelli diffusi di pratiche rituali e morali, quali - per fare qualche esempio - la frequenza della comunione, magari ripetuta nei primi venerdì del mese con connesso lucro di indulgenze, la raffinata casistica piena di nuances circa i peccati connessi ai comportamenti sessuali prematrimoniali, sino alla radicale omogeneità faticosamente acquisita nella liturgia (smantellata dopo il Vaticano II). 

Il volume di Adriano Prosperi Il Concilio di Trento: una introduzione storica, ristampato nel 2010, dedica l’ultimo importante capitolo (pp. 165-185) alle “fonti” ed alla “storiografia”; qui il riferimento cruciale ai documenti dell’ "Archivio segreto vaticano”: “al momento della conclusione del concilio la custodia dei documenti nell’archivio segreto vaticano s’impose come garanzia del controllo e della gestione delle informazioni”. Sino all’apertura degli archivi vaticani da parte di Leone XIII ed alla successiva maggiore disponibilità di esso per gli studiosi. 

L’agile  volumetto offre un quadro d’insieme rigoroso e leggibilissimo sulle origini, lo sviluppo e gli eventi extra e post-conciliari, determinati dalla politica sia temporale che religiosa del papato, il quale determinò e spesso  interpretò liberamente quanto discusso e deliberato effettivamente dai padri conciliari. Vi emerge una storia del concilio nel segno della disomogeneità, in relazione al ruolo svoltovi in diversi momenti dalle maggiori potenze cattoliche e dal papato, nonché rispetto alla composizione dei suoi membri ed alle posizioni teologiche, politiche e culturali assunte dai di volta in volta diversi protagonisti del concilio: queste spaziavano da forme di aperto umanesimo erasmiano al cupo rigore autoritario, paternalista e talvolta feroce del cardinal nipote di papa Pio IV San Carlo Borromeo. Le deliberazioni conciliari, divulgate, interpretate ed usate dai papi attraverso i loro decreti (essendo segreti i documenti originali del concilio), tendevano essenzialmente all’omogeneizzazione della Cattolicità ed alla lotta all’eresia, principalmente alla Riforma Protestante. 

Tra i tanti temi ed episodi toccati, può essere ricordato emblematicamente il  diffuso e codificato fenomeno del nepotismo, che si riscontra nel caso forse più clamoroso con il “tentativo di Paolo III di creare uno Stato per la propria famiglia”, avviato nel 1545 attraverso “il conferimento del ducato di Parma e Piacenza al figlio del papa, Pierluigi Farnese”: operazione conclusasi con l’assassinio dello stesso ad opera di un sicario dell’imperatore Carlo V (cfr. pp. 42-43).

Del tutto diverso per struttura e finalità appare invece il volume dello stesso autore Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, ristampato nel 2012: un monumentum che coniuga una chiara ed unitaria visione d’insieme con un’analisi rigorosa, attenta e dettagliata di eventi e di fenomeni di portata plurisecolare, centrata sull’Italia per quanto concerne le ricerche specifiche, ma attenta ad un più ampio contesto politico, culturale, religioso ed antropologico (a questo proposito è significativo il frequente richiamo alle ricerche di Carlo Ginzburg). 

Il volume è diviso in tre parti, una per ciascuno dei tre “tribunali della coscienza”: la prima riguarda l’Inquisizione, la seconda la confessione, la terza i missionari. Tutte e tre le istituzioni  erano impegnate in negativo nella “difesa della società dai pericoli della libertà di coscienza”, in positivo dall’edificazione  di “una società obbediente e moralizzata, non solo da costrizioni esterne, ma anche e soprattutto dalle norme interiorizzate dell’autodisciplina” (pp. X-XI).
I loro ruoli erano quindi distinti, anche se la finalità generale era comune.

L’Inquisizione aveva la funzione primaria di scovare e perseguire gli eretici, di assicurare ”la tutela della fede e, di conseguenza, la persecuzione delle eresie” inseguendo e perseguendo “la devianza dottrinale in tutte le sue possibili incarnazioni e mascherature”, con un progressivo allargamento del suo ambito di competenza sino alla bestemmia (singolare la distinzione tra bestemmia ereticale e bestemmia tout court ) ed alla stregoneria. 

La confessione era approvata solo nella forma auricolare; tendeva a divenire pratica di massa e dovere sottoposto a rigido controllo, finalizzato primariamente a scopi pedagogici e pastorali e di sgravio e sollievo dall’angoscia del peccato, di “consolazione e aiuto” (cfr. cap. XXIV, pp. 485-507). Era caratterizzata –particolarmente presso i Gesuiti – da “dolcezza” e “mitezza”; ma mirava a indagare su comportamenti, usi e  convinzioni per l’edificazione di una “società cristiana” riformata e conformata tramite “la regolazione dei comportamenti” circa “i più vari aspetti della vita sociale” e “la tutela  delle pratiche religiose e della vita morale” (pp. 178-79). Bisognava “costringere alla confessione”, ma anche “controllare i confessori” (p. 465). Poteva infatti capitare che questi insidiassero sessualmente le penitenti, consenzienti o meno: la classica struttura del confessionale post-tridentino, che separava anche mediante una grata il confessore dalla persona confessata, era proprio finalizzata ad evitare ciò. I confessori potevano anche essere perseguiti per aver assolto coloro che non erano autorizzati ad assolvere in casi riservati al papa e ai suoi delegati. In casi particolari era d’obbligo poi instaurare una collaborazione tra confessori e inquisitori, mettendo in tal modo in pericolo lo stesso vincolo del segreto sacramentale. 

Le missioni, mirando inizialmente alla diffusione del Cristianesimo presso le culture non cristiane e alla conversione di popoli lontani, in primis quelli del Nuovo Mondo, vennero acquisendo un ruolo importante, attentamente esplorato dall’Autore, anche in quelle che vennero definite “le nostre Indie” (cap. XXVIII, pp.551-599). Erano così chiamate le terre abitate da popolazioni non catechizzate secondo i principi del cattolicesimo post-tridentino, “contadini” e “montanari” abbrutiti dalla “povertà” e da un’“ignoranza” non solo generica, ma accompagnata dall’arbitrarietà della liturgia e della pratica sacramentale e dalla consuetudine concubinaria da parte del clero: esistevano talora persino riti matrimoniali specifici per i sacerdoti. L’”ignoranza” perciò riguardava in primo luogo i nuovi modi di essere e di credere all’interno di una chiesa rinnovata e considerata adeguata ai tempi.  

I ruoli dei tre “tribunali della coscienza”, osserva Prosperi, non erano tuttavia così nettamente definiti da poter evitare “intrecci e sovrapposizioni di materie” (pp. 178 -179), perché spesso dati soggetti potevano avere una doppia funzione, per esempio contemporaneamente quella di confessori e di inquisitori, determinandosi così  un conflitto tra ruoli.

L’Inquisizione mirava all’ortodossia; la confessione tendeva a conformare clero e laici all’ortoprassia, nella liturgia come nell’etica, nella pratica della confessione e dell’eucarestia - che oltralpe era somministrata sub utraque specie, con pane e vino, il che veniva considerato consuetudine eretica, interessando così tanto confessori quanto inquisitori; l’attività missionaria praticava il marketing della fede, a cui presiedeva dal sec.XVII la congregazione de propaganda fide.

L’Italia, ancorché divisa, non poteva essere considerata solo un’espressione geografica: il papato la considerava infatti terra sottoposta alla sua influenza e alla la sua mission di potere e di omologazione.

La lettura di quest’opera è consigliabile per gli insegnanti delle diverse discipline coinvolte in prospettiva interdisciplinare, non solo per i problemi che affronta e le conoscenze che fornisce, ma anche per un possibile suo impiego didattico. La lettura di passi di questo libro può essere suggerita in quanto fornisce una quantità straordinaria di esempi, anche curiosi per la nostra mentalità, che potrebbero eventualmente leggersi per approfondimenti ed essere integrati da documenti d’archivio.

Per gli studenti è consigliabile anche la lettura completa del primo volume citato, quello riedito nel 2010.

 

Immagini


Lorenzo Lotto (1480-1556), La caduta degli eretici (particolare delle Storie di Santa Barbara), Oratorio Stuardi, Trescore Balneario (Bergamo)

Giuseppe Maria Crespi (1665 - 1747), San Giovanni Nepomuceno confessa la regina d'Ungheria, Galleria Sabauda, Torino.

Domenico Beccafumi (1484 c.a. - 1552 c.a.), Supplizio della corda, Museo del Louvre, Parigi.

Tutte le immagini sono riprodotte nel volume citato del 2012

Adriano Prosperi,
Il Concilio di Trento: una introduzione storica
PBE, Torino 2001, 4.a ristampa 2010, pp.203 (con 8 pp. di tavole fuori testo) , euro 16,50 

Adriano Prosperi,
Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Nuova edizione, PBE, Torino 2009, 6.a ristampa 2012, pp.LI + 713 (con 16 pp. di tavole fuori testo) , euro 32,00 

Scrive...

Paolo Citran A lungo insegnante di Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione, poi dirigente scolastico, è stato presidente del Cidi della Carnia e del Gemonese .