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13/08/2014

Libri che parlano di... scuola / / Marco Rossi-Doria con Giulia Tosoni, "La scuola è mondo" (R.A.)

a cura di insegnare

 

Marco Rossi-Doria con Giulia Tosoni, La scuola è mondo, Conversazioni su strada e istituzioni, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2015.

 

Relazione: questa è una parole chiave di importanza primaria dello star bene nella vita. Ed è tale a maggior ragione nella scuola se corredata dall’aggettivo sociale, come vogliono in questo libro dialogico i protagonisti delle conversazioni, due nomi importanti nell’ambito della politica e della cultura scolastica italiana. Marco Rossi Doria, oltre ad aver rivestito incarichi istituzionali nei governi Prodi, Monti e Letta - attualmente è assessore alla scuola di Roma Capitale- è un insegnante elementare promotore e realizzatore a Napoli e a Trento, realtà territoriali molto diverse, di Chance e di Campus, due progetti didattici di empowerment rivolti a giovani dropouts  o dalla superficiale scolarizzazione.  A Giulia Tosoni, esperta in politiche educative internazionali, nonché collaboratrice con l’INVALSI, tocca invece il compito di avviare le conversazioni con domande mirate sin da subito a dipanare questioni complesse.
Innanzitutto con la prima sezione (“Paesaggi educativi”)  si mettono a fuoco -anche sulla base di testimonianze personali- i cambiamenti demografici, culturali e sociali che hanno trasformato il Paese, in particolare il Mezzogiorno dagli anni Settanta in poi e al Sud verrà dedicata una successiva analisi in comparazione (non sempre negativa!) con il Nord. Lavoro, famiglia, scuola ne escono sfigurati, avendo perso diritti, autorevolezza,  ruoli, in una divisione nazionale molto pesante. L’obbligo di istruzione e la scuola pubblica sono stati trascurati e oberati di tagli finanziari: eppure, tutti i soggetti sociali dovrebbero essere coinvolti nell’istituzione, perché, se al centro della relazione educativa sono gli alunni e gli studenti nella loro specifica individualità (Rossi Doria non è d’accordo su finanziamenti e interventi didattici “uguali” per tutti, condividendo con don Milani un rinforzo di risorse e di attenzioni proprio per i più svantaggiati e emarginati), tutti gli adulti, insegnanti, dirigenti, genitori, ma anche gli operatore tecnici, i politici, gli imprenditori contribuiscono al progetto di crescita e di affinamento comune, modificandolo, ma divenendone spesso vistosamente modificati. Nel bene e nel male, perché “la scuola è mondo”, come recita sin dal titolo il libro.

Nella sezione “Insegnare: un mestiere creativo e artigianale”, si puntualizza che nella scuola “normale”, il cantiere di lavoro è convenzionale e non convenzionale sempre. Ciò vale sia per i maestri di strada (come Rossi Doria è stato), sia per ogni altra forma di scuola. L’insegnamento e l’apprendimento sono correlati, avvengono sempre all’interno di un gruppo, dove creatività e artigianalità si fondono. Si impara insieme e reciprocamente. 

In “Dare parola a chi sta fuori”, viene evidenziata la mortalità scolastica e le sue cause, esterne e interne alla scuola: il divenire sociale è sempre più confuso, privo di giustizia, o non sostenuto da una politica di sistema efficace nel rispetto di singoli progetti e autonomie. Una distinzione tra ciò che è dentro e fuori la scuola appare impraticabile, sebbene gli intrecci culturali, sociali, istituzionali appaiano diversi: più difficili, più duri all’esterno, proprio perché ritardati e ostacolati da politiche governative locali e nazionali poco convincenti, miopi, o idealmente astratte (e di questo si occupa “Istituzioni educative”). La scuola dal canto suo si sforza di proteggere “curare” e “riparare”, ma potrebbe anche sbagliare, cioè comprendere tutti i giovani, che non sono certo uguali né per profilo  sociale né per identità di vissuto, entro un accudimento generalizzato, quando non standardizzato, e quindi deludente, senza capire che la relazione educativa avviata al suo interno ha successo se vengono riconosciuti la complessità e i problemi dell’esterno e viceversa, se si riesce a percepire l’esterno non come ostacolo, minaccia, tradimento alla stabilità istituzionale. Anche perché non si è soli, e soprattutto non si è all’anno zero di una salutare trasformazione. Ci sono molte e rigorose esperienze (a lungo studiate, applicate e valutate) a opera di tante singole scuole e vari soggetti sociali, che vale la pena valorizzare e diffondere in un movimento di rete oggi agevolato  proprio dalla capillarità mediatica.

Rosanna Angelelli (agosto 2015) 

 




Franco Frabboni, Franca Pinto Minerva, Una scuola per il Duemila L’avventura del conoscere tra banchi e mondi ecologici, Sellerio editore, Palermo, 2014, euro 16.

I due autori, entrambi emeriti pedagogisti, si contendono lo spazio del saggio “in onore alla Scuola” con due interventi apparentemente distinti.
Frabboni inizia il suo con un giudizio alquanto negativo sulla condizione giovanile contemporanea: il povero Pinocchio, figura archetipica che lui evoca in condivisione  con altri  moderni pedagogisti, ha da faticare molto per districarsi dall’omologazione consumistica, dal conformismo dei comportamenti, dall’incoerenza tra affetti e intenti, dalle irrealtà della suggestione mediatica –a volte una vera e propria colonizzazione delle emozioni e del pensiero-, dalla rottura del patto generazionale. Formare giovani generazioni dotate di teste ben fatte e di cuori solidali diventa un obbiettivo salutare, anzi indispensabile per un bambino scolarizzato dai 5 anni in poi. Infatti l’interesse  per i saperi via via sempre più complessi ed estesi si deve costruire innanzitutto all’interno della scuola dell’obbligo, fino a realizzare per loro una vera e propria architettura dell’apprendimento critico. Si tratta di un’avventura didattica che acquista “il profilo architettonico di un Grattacielo dell’istruzione costruito su OTTO PIANI”  dalle fondamentali strategie didattiche in classe, a quelle in interclasse e in spazi laboratoriali al chiuso e all’aperto, fino a pervenire alla mansarda, “dove danzano le competenze”, e all’attico, dove le competenze “si avventurano lungo le rotte celesti” dell’intelligenza e della fantasia, dell’imparare a pensare e dell’imparare a creare.  Ma a organizzare e strutturare i vari passaggi dovrebbero provvedere non solo la didattica irresistibile di cui sopra, ma anche e soprattutto scelte di adeguata politica culturale  che creino coesione tra scuola e Paese, tra scuola e territorio -Frabboni difende sentitamente l’Autonomia scolastica-, tra istruzione e professionalità.

Nella seconda parte del libro, Franca Pinto caldeggia un’educazione ambientale “alla vita” che conduca innanzitutto un bambino all’aperto, a esplorare con i sensi e l’intelligenza di Alice (un altro archetipo delle favole infantili, ma forse meno colpevolizzato di Pinocchio…) la pienezza organica del suo essere in una natura complessa e molteplice. Una natura certamente non antropocentrica né frutto di un armonioso disegno divino, ma strettamente correlata in ogni suo elemento in modo che, come scrive Gregory Bateson , più volte citato, granchio, aragosta, orchidea, primula, tra loro correlati, «lo sono tutti e quattro con me. E tutti e sei con l’ameba da una parte e lo schizofrenico dall’altra». Le teorie pedagogiche romantiche e libertarie dello spontaneismo Rousseauiano vengono insaporite e notevolmente arricchite con quelle cognitivo/fattive di John Dewey e con le teorie sistemiche contemporanee (si citano tra i tanti H. R. Maturana e F. J. Varela) , queste ultime riassunte da p. 139 in poi  con limpida efficacia.
 Rispetto agli intenti di Frabboni anche il progetto di Pinto è altrettanto impegnativo, ma non immediatamente scolarizzato: far passeggiare nel bosco un bambino che ne abbia curiosità e che sviluppi da questa esperienza quegli slanci emotivi e mentali necessari a costruire  conoscenze e rapporti armoniosi nella selva della vita futura.
A fine lettura di entrambi i testi, sorge tuttavia una perplessità proprio sulla loro disposizione: non era forse meglio anticipare Pinto dal momento che Frabboni sembra rivolgere le sue attenzioni alle problematiche di una scolarizzazione già in essere? A 5/6 anni forse i liberi giochi complessi e costruttivi auspicati da Pinto possono essere già stati canalizzati in un cognitivismo di maniera.

Rosanna Angelelli  (luglio 2014)

 

M. Bastico, G. Lusuardi (a cura di), Scuola, missione incompiuta- L’istruzione in Italia dal sussidiario a Internet, Vittoria Maselli Editore, Correggio (RE), 2013.

 

Il volume, molto dettagliato sin dal titolo, tesse la cronistoria a più voci dello sviluppo della scuola italiana dal fascismo all’ultimo governo Berlusconi. Nella prefazione Patrizio Bianchi, assessore alla Scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia Romagna, osserva che la scuola è il primo luogo di incontro di un bambino non solo con la cultura del Paese ma con le istituzioni dello Stato. E poiché la compartecipazione tra la “buona” politica e la vita delle istituzioni è fondamentale, a maggior ragione se ne dovrebbe avvantaggiare la scuola, luogo di formazione della cittadinanza attiva di ogni giovane. Ma, come dice il titolo, l’istruzione in Italia è una “missione incompiuta”. 

Questa metafora in parte ha un significato positivo perché  l’incompiutezza è la condizione stessa dell’educazione, un processo perennemente aperto e inclusivo di inarrestabili fenomeni sociali, che richiedono flessibilità e accoglienza da parte dello Stato. In parte però, quando la politica è esitante o manchevole, l’istituzione perde vigore, si sfigura  e impedisce il concreto rispetto dei diritti che la nostra Costituzione sancisce per ogni cittadino, tra cui, nel caso della scuola, il diritto all’istruzione.

Il saggio è diviso in tre sezioni: nella prima  (“Tra storia e memoria”) Giuliana Lusuardi, Anna Righi Bellotti, Tiziano Maselli, Lorenzo Capitani, Mariangela Bastico fanno un quadro delle difficoltà superate dal Regno d’Italia dopo l’Unità  per sconfiggere l’impressionante analfabetismo e ridurre il divario tra le varie zone del Paese. Ma nell’indubbio successo dell’istruzione primaria, durante il regime fascista la scuola secondaria organizza da un lato un chiuso percorso d’élite, dall’altro una formazione al lavoro manuale e tecnico ritenuto socialmente “inferiore” . Con la Repubblica democratica queste differenze non si sono mai sanate, anzi, sotto la pressione delle grandi trasformazioni sociali (tra cui la globalizzazione, una immigrazione irrefrenabile dall’esterno del nostro Paese, un neoliberismo abborracciato e miope), rischiano di diventare sempre più marcate, mentre  l’auspicato “non uno di meno” appare una chimera beffarda. 

Nella seconda parte (“Le immagini”) Giuliana Lusuardi, Anna Righi Bellotti, Tiziano Maselli fanno un racconto per immagini della scuola italiana. Il materiale, interessante e a volte commovente, fotografa la realtà di territori per lo più “evoluti” dell’Italia centro settentrionale.

Nella terza parte (“Le emergenze e le speranze”), l’esame diventa apertamente politico in un dialogo a più voci: a parlare sono Mariangela Bastico con Emanuele Barbieri su autonomia, inclusione, valutazione  nei provvedimenti che vanno dalla legge 59/97 al II governo Prodi all’ultimo governo Berlusconi; sempre Bastico discute con Capitani e Giorgio Zanetti sul misterioso  “mestiere del professore”; infine Andrea Ranieri riflette sulla meritocrazia dei liberisti, che ha poco a che vedere con il merito. Sfilano agli occhi del lettore tutte le riforme, quelle realizzate, quelle tentate, quelle cancellate, a partire dagli anni ’70 in poi. Ė una carrellata impressionante di tentativi, di “stop and go”, che ha caratterizzato la politica dei governi di centro, centro-sinistra, destra, con tanti colpi di scena, infamie, delusioni, e qualche successo. Tutto sommato apprezziamo indirettamente la vitalità caparbia di una istituzione che, malgrado anche i rischi di una colonizzazione telematica raffazzonata (ne parla  Marco Lodoli), è ancora un baluardo di valori democratici, riuscendo perfino a fare un po’ di buona cultura. Un’apertura alla speranza è presente in appendice, dove Giorgio Siena tratta della ricostruzione dell’edilizia scolastica dopo il sisma dell’Emilia con l’applicazione di un nuovo modello.

Rosanna Angelelli (luglio 2014)


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