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lettere a insegnareoltre la lavagna

18/04/2015

Un "mostro" culturale ...

di Ermanno Testa

Caro Direttore,

intanto ti ringrazio della segnalazione nel tuo articolo del mio blog “Quale futuro per la lingua italiana?”.
Nel merito, mi sento di condividere la critica che rivolgi all’uso della parola brand da parte del sottosegretario Faraone rivelatrice, come tu affermi, di una cultura aziendalista e neoliberista; ma meglio così, tu dici, almeno si capisce quale sia la sua idea di scuola… Il problema, però, credo che non sia solo quello di dichiararsi contrari a quell’idea di scuola e tanto meno di limitarsi, volenti o nolenti, a fare testimonianza di tale dissenso. Cerco di spiegarmi.

A mio avviso c’è oggi, come non mai, un ‘mostro’ che affascina sempre più le persone; questo mostro è una falsa idea di modernità, che si maschera dietro concetti come rapidità, efficienza, efficacia, semplificazione, tecnicismo, managerialità, competenza, merito (rottamazione) e così via. Questo mostro culturale si va affermando attraverso un sistema mediatico pubblicitario atto a rappresentare, con espressioni che sono soltanto di facciata, le qualità di cui sopra.
È attraverso questo sistema, infarcito di molti termini inglesi, spesso male o addirittura non compresi, che attraverso i mass-media si accresce il consenso verso ciò che viene propinato e superficialmente acquisito come nuovo, un nuovo che non è progresso.
È un fenomeno che si afferma con la crescita in tante persone di un genuino desiderio di cambiamento che però, per scarsità di strumenti culturali adeguati, non è sostenuto da sufficiente consapevolezza circa la direzione e il perché di esso. Il problema, a mio parere, va affrontato, dunque, non solo, come tu giustamente affermi, “nel rifiutare e combattere le idee”, ma nel contrastare, prima ancora che le idee, ogni superficialità linguistica, ogni deformazione (anche formale!) che di quelle idee può diventare veicolo.

Ancora una considerazione. È vero che la lingua si evolve, ma oggi siamo di fronte a una gravissima azione di colonialismo culturale che implica anche, a mio avviso, un problema etico di tenuta democratica del Paese. In questi casi non credo inutile contribuire a far crescere, proprio rispetto alla lingua che si usa, una più diffusa consapevolezza e una certa capacità di sano ‘aggiustamento’ volontario.

Un caro saluto,

Ermanno  Testa*,  10/4/15

 

* Ermanno Testa, docente di scuola superiore, è stato a lungo Direttore della rivista insegnare.