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una recensioneoltre la lavagna

31/03/2023

"Di palo In frasca", proposte e osservazioni sparse nel tempo della scuola secondaria superiore, di Giulia Cordone

di Luigi Menna

Giulia Cordone insegna Matematica e Fisica presso il Liceo delle Scienze Sociali Regina Margherita di Palermo nel quartiere “Albergheria”, un quartiere bello e difficile che si trova nel cuore della città, a due passi dalla splendida Cattedrale e dal Palazzo dei Normanni, e comprende anche il popolare mercato di Ballarò, centro nevralgico delle attività di molte persone immigrate nel nostro paese dai paesi africani. Il mercato è un concentrato di profumi, vestiti colorati, prodotti agricoli locali ma anche esotici. Tuttavia è purtroppo evidente che le condizioni di vita sono spesso difficili e che l’integrazione tra culture diverse è faticosa. Le amministrazioni e soprattutto le tante persone di buona volontà svolgono un lavoro durissimo per rendere la vita di tanti cittadini meno difficile, alcune volte mettendo a segno iniziative utili e produttive ma tante altre volte compiendo passi falsi.

In tutto questo - dicevamo - c’è anche la scuola, con i suoi docenti, la sua amministrazione, i suoi ragazzi e le sue ragazze ma anche con gli spazi e le strumentazioni.

L’Istituto in cui Giulia insegna è tra quelli più grandi e frequentati della Sicilia, motivo per cui gestirlo è impresa ardua. I docenti che decidono di insegnare lì devono sapere che avranno a che fare con una scuola che ha nel suo DNA l’inclusione perché deve accogliere ragazzi che provengono da diversi strati sociali (non è una scuola d'élite e neanche una scuola ghetto), che devono viaggiare anche per più di un’ora con i mezzi pubblici dai propri paesi della provincia palermitana, che sono portatori di diverse culture e diverse abilità.
Giulia è una di quelle docenti che si dedica alla scuola sia insegnando sia progettando attività extracurricolari.
Dunque il suo libro è prezioso anche perché descrive il mondo della scuola non soltanto dal punto di vista interno della classe, ma anche di chi deve averne una visione ancora più complessa perché deve vederla nella sua interezza e di conseguenza deve averla precedentemente sognata, tenendo, ovviamente, ben presenti le risorse disponibili.
Giulia ci racconta alcune delle sue tante esperienze grazie alle quali i suoi studenti incontrano la matematica e la fisica non tanto perché quegli argomenti sono nei libri di testo, ma perché fanno parte della vita.

Si procede di palo in frasca nelle lezioni della professoressa Cordone perché non ci possono essere cesure disciplinari quando ci si pone una domanda. E le domande da porre devono essere quanto più possibile il frutto di una scoperta collettiva, talvolta anche per il docente [1]. ​​​​​Quest’ultimo aspetto, in particolare, si è rivelato provvidenziale durante il periodo di didattica a distanza. Laddove abbiamo assistito, anche durante i tg, a casi incresciosi di prof che obbligavano ragazzini a riprendersi con più dispositivi o a mostrare che nella stanza non ci fossero complici pronti a suggerire le risposte, retaggio di una idea di scuola nozionistica e stile gioco a quiz, le soluzioni dei problemi proposti in questo libro non si possono catalogare in giuste o sbagliate. Ogni risposta di ogni studente, formulata dopo aver condotto una precisa esperienza nella propria stanza o in uno spazio aperto o - certamente - anche in aula, si è rivelata un contributo utile.
Le risorse per formulare tali risposte sono tante e si trovano dappertutto: il teatro di Brecht ha condotto gli studenti a conoscere Galileo Galilei, la novità del suo metodo scientifico e le sue scoperte e invenzioni; lo studio dell’arte ha ispirato sensate domande sulla natura della luce e del colore passando però dalla lettura di Goethe e Newton che per alcuni aspetti proponevano osservazioni differenti; e quanto è preziosa la musica per interpretare simboli, numeri, forme…
Un procedere didattico, quello proposto da questo libro, effettivamente, di palo in frasca, ma sotto l’occhio attento di un docente che non si tira indietro quando, con i suoi studenti del liceo musicale, grazie ad un progetto di cui lei stessa è tutor, deve affrontare da musicista (cosa che lei non è) addirittura un concerto in uno dei teatri più prestigiosi di Palermo incoraggiata dal fatto che “tanto loro [gli studenti musicisti] mi avrebbero sostenuta”.
Tutto ciò è bello ed entusiasmante per chi legge a patto, naturalmente, che venga condivisa la stessa idea di scuola: una scuola democratica i cui saperi disciplinari contribuiscono, ciascuno con la propria specificità, a formare nello studente un approccio scientifico - o laico, se preferiamo - alle questioni che quest’ultimo dovrà affrontare.

Salta la distinzione tra le discipline scientifiche e quelle umanistiche perché solo studiandole insieme è possibile interpretare la complessità dei saperi.
Dobbiamo però dire che, evidentemente, l’idea di scuola che permea il testo di Giulia Cordone non è universalmente condivisa.
Ed è altrettanto evidente, a mio avviso, che dal libro emerge nitidamente una idea di scuola opposta a quella che aveva Giovanni Gentile il quale, com’è noto, affermava che “la matematica è morta, infeconda, arida come un sasso” oppure che “l’intrusione delle scienze nel mondo scolastico ha arrecato dannosissimi frutti”.
G. Gentile stroncò persino la prestigiosa rivista “Scientia”, fondata tra gli altri da F. Enriques nel 1907, dove si potevano trovare articoli afferenti a vari campi, dalla matematica, all’economia, alla filologia latina:

"Come si può concepire una rivista che discorra, in uno stesso fascicolo, dell'elettro-magnetismo dell'universo, della medianità, dei rapporti tra chimica e biologia, del bisogno di luce che hanno le piante, della coscienza, della scuola economica austriaca, delle principali leggi della sociologia, delle origini del celibato religioso, della riforma dell'insegnamento di matematica elementare eccetera»? Secondo me, non può incoraggiare se non il dilettantismo scientifico, di cui non so quanto sia per giovarsi la scienza." [2]

Questa concezione del sapere ha avuto, ovviamente, formidabili influenze sulla scuola italiana tanto è vero che durante il VII congresso della FNISM in cui si rifletteva sul futuro della scuola secondaria di secondo grado italiana, svoltosi nel 1909,  Giovanni Gentile affermò:
"di umanesimo ce n’è uno solo; non bisogna creare due licei, ma soltanto sfoltire quello classico, “sfollando” verso le scuole commerciali, industriali, professionali, agrarie e tecniche la “zavorra”; la sezione fisico-matematica non va trasformata, ma semmai abolita, poiché per trasformarla a dovere, se ne dovrebbe fare un liceo classico!

Mi sembra quanto meno utile leggere questo libro in tempi, come questi, in cui un Ministro dell’Istruzione e del Merito celebra il valore “pratico” della matematica - e non la sua valenza culturale - affinché vengano colmate le carenze di competenze tecniche in ben precisi campi lavorativi. Vale certamente la pena recuperare appunto la lezione di Enriques, lo sguardo globale e unificato di chi ospitava nella stessa rivista, con pari dignità scientifica, i contributi di Einstein e del grecista Lavagnini, rifuggendo le parcellizzazioni del sapere e accogliendo la complessità del reale, come si evince dal manifesto programmatico della rivista stessa:

"Contro codesti criterii ristretti intende reagire sopratutto il movimento nuovo di pensiero verso la sintesi; una Filosofia, libera da legami diretti coi sistemi tradizionali, sorge appunto a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza. Pel quale il particolarismo stesso viene compreso in un aspetto più adeguato nella interezza del processo scientifico".[3]

 

Note

[1]   Un mio collega, un compositore di nome Herbert Brun, tempo fa mi fece notare che esistono due tipi di domande: quelle che ha chiamato le ‘domande legittime’, cioè le domande per le quali non abbiamo ancora una risposta e le altre che ha chiamato ‘domande illegittime’, di cui già conosciamo la risposta. Se accettiamo questa distinzione, dobbiamo riconoscere che "le domande che gli insegnanti rivolgono agli studenti, sono tutte domande illegittime, di cui già si conosce la risposta; il loro unico scopo è verificare se la sa anche lo studente.”
Heinz von Foester Inventare per apprendere, apprendere per inventare in: P. Perticari, M. Sclavi (a cura), Il senso dell’imparare, Milano, Anabasi, 1994. 

[2]  Intervista a “L’Idea Nazionale”, 29 Marzo 1923.

[3]  Programma, rivista di scienza, vol. 1, 1907

Giulia Cordone,

Di palo in frasca 
Proposte e osservazioni sparse nel tempo della scuola secondaria superiore.

La Bussola edizioni, 
Roma 2022, pagg. 176, 17 euro. 

Scrive...

Luigi Menna Docente di matematica e fisica nella scuola secondaria di secondo grado. Membro del direttivo del C.I.D.I. Palermo, esperto in didattica della matematica.