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13/11/2015

"Educazione linguistica e innovazione": il seminario LEND-2015 - Parte II

a cura di Rosanna Angelelli

Segue dalla Parte I

 

I laboratori

Nel pomeriggio si sono attivati 10 workshop, dai seguenti titoli: 

1. “Nos flipa la flipped. Clases invertidas en el aula de ELE”, Simone Bionda (Lend Pisa).

2. “Lavorare su più lingue: strumenti didattici e metodologie”, Elisabetta Bonvino e Diego Cortés (Università Roma III); Marie Christine Jamet (Università Ca’ Foscari); Maddalena De Carlo (Università di Cassino).

3. “Project based Learning – Un sistema operativo nuovo per ri-fare la scuola”, Alberto Garniga (Dirigente Scuola professionale Centro Moda Canossa di Trento www.centromoda.tn.it); Francesca Piersanti, Dennis Pozzer (coordinatori presso Centro Moda Canossa di Trento).

4. “ Leseverständnis 2.0”, Anna Goio (Lend Trento).

5. “Per un approccio CLIL plurilingue e pluriculturale”, Antonella Cambria, Raffaella Cammarano e Tiziana Corazza (Lend Roma); Ermelinda Andrelli e Alessandra Trapani (Lend Frosinone).

6. “Read On! A class library project for Inclusion CLIL and 21st Century Skills”, Donatella Fitzgerald (OUP); Nina Prentice.

7. “La télécollaboration, pratique innovante dans l’apprentissage des langues”, François Mangenot (Lidilem, Université de Grenoble).

8. “Stories Reloaded: enhancing stories through technology”, Chiara Scardoni (LEND Bologna).

9. “Using children’s literature to teach English”, Gail Ellis (Adviser Young Learners and Quality for the British Council).

10. “Soutenir et déployer l'innovation en langues dans l'enseignement supérieur: l'apport du projet Innovalangues”, Monica Masperi - Jean-Jacques Quintin.

Gli abstract dei laboratori e il profilo dei curatori sono reperibili sul sito del lend a questo indirizzo.

La Tavola Rotonda

E veniamo alla tavola rotonda, profondamente cambiata nei nomi dei suoi partecipanti rispetto a quelli annunciati nella locandina del seminario. Spetta comunque a Gabriella Lepre (giornalista RAI) il compito di intervistare e coordinare. A suo parere il plurilinguismo in tenera età è molto positivo, ne auspica quindi l’insegnamento sin dalla scuola materna. Concorda in parte Lorenza Patriarca (DS- Torino), che rileva le performance insoddisfacenti, per esempio in inglese, nella Scuola Media, segno che l’insegnamento curricolare anticipato a partire dalla prima elementari forse è poco efficace, tanto che lo si potrebbe iniziare dalla terza classe. Anche nella secondaria superiore, pur essendo previste due lingue straniere, la legge commette una stortura, caldeggiando il potenziamento dell’inglese, su cui si investe massicciamente con varie iniziative, CLIL in primo luogo, mentre è depressa la valorizzazione di altre lingue europee come il francese.

Sulla necessità di rafforzare le conoscenze di una sola lingua, in questo caso l’inglese, e con la motivazione di un uso pratico nel mondo globale, si esprime il giornalista ANSA Luigi Contu. A suo parere il Governo ha saputo focalizzare la tematica dell’istruzione in generale, e in particolare della formazione linguistica a scuola, e questo va tenuto presente per porre le esigenze dei ragazzi al centro di tutte le iniziative pedagogiche. Ma va allora potenziata ogni opportunità di scambio tra loro e le realtà di vita di altri Paesi, coma è già da tempo avvenuto con i progetti di soggiorno-studio in Paesi europei ed extra. Gli risulta invece che attualmente l’istituzione  faccia molte difficoltà sia per le partenze sia per accogliere nel curricolo nazionale le esperienze di scolarizzazione fatte fuori dall’Italia.

Alla domanda in che cosa consistano queste resistenze risponde Giovanna Claudio (responsabile LEND per la lingua inglese), con una premessa sulla necessità di valorizzare tutte le “lingue del mondo”, tanto più che è lo spagnolo ad avervi la maggiore diffusione. Riguardo al senso profondo dell’istruzione pubblica in Italia Claudio ricorda come essa sia volta alla formazione dell’alunno alla cittadinanza attiva,  obbiettivo irrinunciabile almeno tanto quanto lo sviluppo delle sue competenze disciplinari. Vanno così risolte alcune rigidità, dal punto di vista della trasversalità (accogliendo le esperienze diversamente scolarizzate), e della verticalità (continuando a far studiare nella scuola superiore le lingue apprese nell’obbligo). Nei documenti di legge non c’è una vera politica sulle lingue, ma anzi se ne stabilisce una gerarchia di valore dedicando grande attenzione all’inglese, scelto come lingua prevalente veicolare di discipline non linguistiche.

Caterina Bloise (AGID) parla invece dell’importanza delle TIC: sebbene in Italia le dotazioni strumentali non siano omogeneamente diffuse (di più al sud che al nord!) e siano di meno rispetto alla media europea, studenti e insegnanti sono molto bravi nel cercare di sviluppare competenze non solo pre-professionali, ma ai fini di una ricerca-azione pre-accademica. E a questo riguardo un delegato MIUR-Ufficio Innovazione Digitale comunica ai presenti un forte impegno finanziario da parte del Governo per portare l’innovazione digitale a scuola e li  invita a inserire i loro progetti di ricerca nel futuro PON.

La notizia non spegne lo spirito critico dei convegnisti, i quali puntualizzano la necessità di iniziative serie di formazione da parte del MIUR e dell’Università, per supportare tutte le innovazioni didattiche (rivista Ėcol); di  innalzare al livello C1 la competenza  linguistica nei progetti CLIL; di non dimenticare una realtà incontrovertibile della nostra scuola, che, sia pure in mezzo a tante difficoltà, cerca di preparare i ragazzi non solo per il mondo del lavoro, ma per la valorizzazione della nostra cultura (Carmen dell’Ascenza, LEND-CIDI).

Le Conclusioni

 

Silvia Minardi (Presidente nazionale LEND) pone una serie di interrogativi, a partire dal titolo del convegno. Davvero è possibile separare l’innovazione dall’educazione linguistica, magari cercando di trasformarla in una quarta “i”? Che cos’è allora il “nuovo” e l’innovazione? L’evoluzione tecnologica è di per sé portatrice di innovazione o ne è conseguenza? L’innovazione  ha a che fare con “radici” che crescono? Ha bisogno di diventare una “meta”? E qual è l’idea di scuola in cui si potrebbe esprimere? Domande cui si può rispondere in modo aperto e provvisorio…  Anche se oggi tutte le mete sembrano essere di breve periodo, essendo per il LEND l’educazione linguistica multi e interculturale una responsabilità civile e culturale, la meta, a quaranta anni dalle “Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica”, è ancora da raggiungere. Allora le piacerebbe riscrivere il titolo del convegno in “Educazione linguistica è innovazione”, e riuscire a cogliere del futuro tre istanze: 1) sulla persona dell’insegnante, che ha il diritto di essere formata in modo serio alla didattica per una ricerca-azione continua; 2) sugli ambienti di apprendimento, che, essendo “nuovi”, hanno bisogno di curricoli, strumenti, metodologie diversi; 3) sulle idee, di scuola, di comunicazione linguistica, di società.

L’innovazione è cultura, fatta di profondità, e capace di gettare ponti tra realtà diverse. Ma l’innovazione è anche il lavorare insieme, cosa che non appare nella L. 107/2015, dove si sono creati elementi di separatezza e di conflittualità, privilegiando una lingua al posto di altre, irrigidendo e tagliando il curricolo, levando le compresenze, riducendo insomma l’agognato progetto educativo di una scuola pubblica di qualità.