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30/10/2020

In ricordo di Gianni Rodari

di Luigi Saragnese

"insegnare" partecipa alla commemorazione dei 100 anni dalla nascita di Gianni Rodari con un "ricordo" che ne ricostruisce i tratti salienti della biografia, restituendo l'atmosfera culturale e politica in cui Rodari si è formato ed è vissuto, che è anche quella della seconda metà del Novecento italiano. 

Immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo.
(Gianni Rodari)

Gianni Rodari nasce a Omegna (Novara) il 23 ottobre 1920. Nell’Ottobre del ’31 entra in seminario che lascia tre anni dopo, frequenta l'Istituto magistrale "Manzoni" di Milano, nel 1937 si diploma come maestro e trova lavoro come precettore a Sesto Calende presso una famiglia di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania.  Sono anni in cui Rodari legge molto; gli piace la musica e  per tre anni prende lezioni di violino. Legge opere di Nietzsche, Stirner, Schopenhauer, Lenin, Stalin e Trotzkij, che - commenta- "ebbero due risultati: quello di portarmi a criticare coscientemente il corporativismo e quello di farmi incuriosire sul marxismo come concezione del mondo".

Nel 1939 si iscrive alla Facoltà di Lingue dell'Università Cattolica di Milano, che abbandona dopo aver sostenuto alcuni esami. Insegna per un breve periodo presso le scuole elementari. All'entrata in guerra dell'Italia, viene esonerato dal servizio militare a causa di problemi di salute; intanto vince il concorso per maestro e insegna fino al 1941 in una pluriclasse.
I drammatici avvenimenti della guerra e la morte degli amici Nino Bianchi e Amedeo Marvelli lo colpiscono profondamente.
Il 1943 è per Rodari, come per tanti della sua generazione, un anno decisivo: dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio del 1943, si avvicina al Partito Comunista, mentre nel settembre del 1943 il fratello Cesare viene internato in un campo di concentramento in Germania. Nel dicembre viene richiamato alle armi dalla Repubblica Sociale Italiana, ma poco dopo diserta ed entra in clandestinità.
Nella primavera del 1944 si iscrive al PCI e partecipa alla lotta di Liberazione.

Subito dopo la guerra dirige il giornale "Ordine Nuovo" della federazione del PCI di Varese; nel 1947 viene chiamato all’Unità a Milano, dove diventa prima cronista, poi capo cronista ed inviato speciale.
Nel ’48, mentre lavora come giornalista, incomincia a scrivere racconti per bambini. La prima filastrocca è infatti del 1949. Nel 1950 il Partito lo chiama a Roma a dirigere il settimanale per bambini, il "Pioniere", il cui primo numero esce il 10 settembre 1950.

Rodari sperimenta i giochi linguistici, violando alcune convenzioni base del suo tempo: prima fra tutte, che la letteratura rivolta ai ragazzi debba avere una morale impartita dall’alto in basso. Per lui adulto e bambino hanno invece “una parte di mondo in comune, perciò possono parlare la stessa lingua e intendersi”: come ha scritto Vanessa Roghi, “è una complicità sul terreno della fantasia” [1].

Nel 1951, per essere iscritto al Partito Comunista e dopo la pubblicazione del suo primo libro pedagogico, “Il manuale del Pioniere”, Rodari viene scomunicato dal Vaticano, che lo definisce “ex-seminarista cristiano diventato diabolico”. Successivamente, durante gli anni ’50 lavorerà, chiamato da Pietro Ingrao, prima a l’Unità e poi a Paese Sera.
Ed è proprio nel corso dei primi anni Cinquanta che si sviluppa sulla stampa comunista una singolare ma appassionata discussione sui fumetti [2], cui partecipa anche Rodari, direttore del “Pioniere”, periodico dell’Associazione Pionieri Italiani (API). Contrariamente alla vulgata odierna che tende a descrivere la vita interna del PCI di quegli anni come un monolite in cui tutto discende dall’alto, dai vertici del Partito, questo dibattito si sviluppa pubblicamente, prima sulle pagine del periodico della Federazione giovanile comunista italiana “Gioventù Nuova” e in seguito, tra il 1951 e il 1952, su “Rinascita”, con numerosi articoli a firma di Marisa Musu, Enrico Berlinguer, Lucio Lombardo Radice, Nilde Jotti e Gianni Rodari, e con un intervento del segretario del PCI Palmiro Togliatti.
Il giudizio sui fumetti comune e condiviso era questo: quelli in circolazione, di origine o imitazione americana, erano ritenuti portatori di ideologie capitalistiche e guerrafondaie, e dunque diseducativi, antidemocratici e conservatori. Secondo la Jotti e Togliatti su “Rinascita”, come pure Giuliano Pajetta su “Gioventù Nuova”, la forma non può essere separata dal contenuto e, dunque, il fumetto stesso come genere non può che essere giudicato negativamente dal punto di vista educativo [3].
Non la pensa così Rodari che su "Rinascita" scrive:
“La Jotti [ ... ] estende questo giudizio negativo al fumetto come genere. Su questo punto mi sembra che la Jotti [ ... ] abbia fatto dell'accademia. [ ... ] Chi voglia parlare ai ragazzi e ai giovinetti, deve tener conto del linguaggio a cui sono abituati, e che è diventato uno dei più importanti mezzi per comunicare con loro: e se farà dei fumetti, il giudizio su essi dovrà essere dato non già in base alle sue intenzioni, ma nemmeno in base a preconcetti, quanto in base ai risultati." [4]
Questo obiettivo è bene espresso da Gianni Rodari:
"Noi dovevamo e dobbiamo usare l'arma che l'avversario adopera contro di noi: noi dobbiamo e vogliamo dare un contenuto educativo al fumetto e non solo alle storie che esso narra, ma anche all'esecuzione artistica delle tavole. Questo è il solo modo realistico di considerare la polemica sul fumetto. [ ... } Con Il Pioniere ci sforziamo di realizzare un fumetto che abbia un contenuto progressivo, [ ... } questo fumetto non ha nulla in comune con i fumetti americani." [5]

Personaggio-simbolo di questi valori è Cipollino, perché egli "non è solo il capobanda che trascina in mille avventure tutti gli altri personaggi, egli rappresenta colui che reagisce alle prepotenze ed ai soprusi, che stimola i suoi compagni ad associarsi, ad essere partecipi della vita sociale" [6] . Cipollino è un monello come tutti i bambini ma buono e generoso, che non sopporta le ingiustizie e le sofferenze dei più deboli, che aiuta gli altri per rimettere le cose a posto.
Rodari contribuisce così a introdurre nella letteratura infantile temi nuovi (lo sfruttamento, l'antimilitarismo, l’educazione alla pace e alla tolleranza, la solidarietà tra oppressi), che sviluppa coerentemente anche nelle successive prove narrative: Il romanzo di Cipollino (1951) e Gelsomino nel paese dei bugiardi (1958) e nel “Il libro delle filastrocche”.  

Con Filastrocche in cielo e in terra (1960) e Favole al telefono (1962) Rodari entra nella scuola italiana: dalle Filastrocche emerge uno scrittore attento ai giochi di parole e al piacere della rima; nelle Favole Rodari recupera gli elementi della tradizione e della cultura popolare, che consentono riferimenti alla grande tradizione dei Grimm. Ad essi si aggiungono successivamente il romanzo fantascientifico-umoristico La torta in cielo (1966) e le Novelle fatte a macchina (1973), che dissacrano i miti fasulli del tempo. Nel 1978 pubblica il romanzo breve C'era due volte il Barone Lamberto ovvero I misteri dell'isola di San Giulio, che propone al lettore uno spaccato della società travestito da racconto fantastico. 

Rodari è stato il più grande scrittore di favole e filastrocche del novecento italiano, che ha vissuto con preoccupazione, ma anche con fiducia, gli anni, per riprendere la bella espressione di Italo Calvino, “della guerra fredda e inverni caldi”, quelli della fine degli anni sessanta con la strage di piazza Fontana, la morte dell’anarchico Pinelli e, a livello mondiale, la crisi mediorientale, la guerra del Vietnam, mesi nei quali tiene una trasmissione alla radio poi confluita nel libro Tante storie per giocare.
Nel 1973 esce Grammatica della fantasia , uno strumento utile "a chi crede nella necessità che l'immaginazione abbia il suo posto nell'educazione, a chi ha fiducia nella creatività infantile" .
Così Tullio De Mauro racconta quel momento:
“... quando uscì la Grammatica della fantasia io mi buttai a scrivere che, con molta grazia e levità, Rodari ci aveva dato un «classico» [7]l'opinione poi è passata in giudicato, oggi pensiamo tutti che quel piccolo libro sia effettivamente un grande classico, ma allora Rodari, arrivato al giornale al mattino presto e letto il mio articolo, scoppiò a ridere, scrisse un bigliettino e se lo appiccicò con uno spillo sul dorso della giacca. E così andò in giro tutto il giorno per stanze e corridoi del giornale. E sul biglietto c'era scritto: «Attenzione! Io sono un classico»". [8]

La funzione creatrice dell’immaginazione è lo strumento che Rodari ha usato per rompere continuamente gli schemi dell’esperienza e scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, un’immaginazione che si fonda sulla funzione rivoluzionaria che la parola può avere, “quando gettata nella mente a caso produce, come un sasso gettato in uno stagno, onde in superficie e in profondità, provocando una serie infinita di reazioni a catena” [9].

Ma il Rodari maturo è anche lo scrittore che negli ultimi anni si riprende sempre più la libertà di poetare anche per se stesso, tanto che il confine fra i destinatari, fra le diverse fasce d’età, diventa più labile [10]. Ne sono una prova la scrittura di poesie come la splendida “Lettera ai bambini” del 1979, nella quale non è difficile cogliere echi esortativi, quasi propagandistici delle poesie “didattiche” di Brecht. [11]

È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo,
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

O ancora “La divisione del lavoro”.

Il poeta ha la sua musa,
la lepre il suo muso,
il professore il suo museo;
è la divisione del lavoro,
la spartizione della parola…
A chi la musica;
a chi la museruola.  

Le parole che Rodari pronuncia il 6 aprile 1970 quando - unico italiano fino a oggi ad averlo vinto – riceve il premio Andersen, il più importante riconoscimento internazionale per la letteratura per ragazzi,  ben sintetizzano la visione del mondo e della letteratura che costituiscono la trama di tutta la sua opera:

“Si può parlare degli uomini anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre. Facciamo il caso del signor Isacco Newton. Ora una volta, se è vero quello che raccontano, stava seduto sotto un albero di mele e gli cadde una mela in testa. Un altro al suo posto, avrebbe detto quattro parole poco gentili e si sarebbe cercato un altro albero per stare all’ombra. Invece il signor Newton comincia a domandarsi: e perché quella mela è caduta all’ingiù? Come mai non è volata all’insù? Come mai non è caduta a destra o a sinistra, ma proprio in basso? Quale forza misteriosa l’attira in basso? Occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un vero scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora e scoprirle, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo.” [12]

Note

1.  V. Roghi, Gianni Rodari, Un meraviglioso intellettuale, Internazionale, Aprile 2020.
2. Nel 1950 in Italia venivano pubblicati (esclusi i settimanali per ragazzi) ben 24 giornali a rotocalco e a fumetti, per un totale di quasi tre milioni di copie vendute alla settimana e più di sei milioni di lettori, almeno il 60% dei quali giovani. Con i periodici destinati ai ragazzi si arrivava a sette milioni di copie vendute. Cfr. Enrico Berlinguer, "Conquistare i giovani alla lotta per l’indipendenza della Patria. Rapporto al Comitato Centrale della FGCI" (30 ottobre 1952), in «l’Unità», 1 novembre 1952.
3.  Cfr. N.  Jotti, "La questione dei fumetti", "Rinascita", 1951, 12, 583-585.
4. G. Rodari, "La questione dei fumetti", Lettera al Direttore, in "Rinascita" (1952)1, 5.
5. G. Rodari, "Il Pioniere e la stampa per ragazzi", in "La Repubblica dei Ragazzi" (1951)7-8, 30-31.
6.  M. Marchioro, “Il Pioniere”, settimanale di tutti i ragazzi d’Italia, cit. in L. Repetti, "L’universo comunista e i suoi valori attraverso i fumetti del Pioniere", in Falce e Fumetto, a cura di J. Meda, Nerbini, Firenze 2013.
7. I. Calvino, in Perchè leggere i classici, Mondadori, Milano, 1981: “Un Classico, è un libro 'che non ha mai finito di dire quel che ha da dire', ma anche un’opera 'che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé' ”.
8. T. De Mauro, “Avvenimenti”, 25 aprile 1990.
9. G. Rodari, Grammatica della Fantasia, Torino, Einaudi, 1973.
10. Cfr. M. Argilli, Gianni Rodari, Einaudi, Torino, 1990.
11. Cfr. G. Rodari, Parole per giocare,  intr.  di T. De Mauro, Firenze, Manzuoli, 1979.
12. Da P. Grieco, L'universo a dondolo. La scienza nell'opera di Gianni Rodari, Springer, Milano, 2010, p. VIII.