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una recensioneoltre la lavagna

14/11/2020

"Una scuola per la cittadinanza"

di Ermanno Testa

È dalla metà degli anni sessanta, con l’innalzamento dell’obbligo scolastico a quattordici anni e la istituzione della scuola media unica, volta a promuovere esplicitamente la “formazione dell’uomo e del cittadino, secondo i principi della Costituzione”, che prende avvio una nuova fase di ripensamento collettivo sulla qualità e sui fini di una “scuola per tutti”. Aumenta la convinzione della stretta relazione tra crescita alfabetica e sviluppo della democrazia, e di quanto importante sia a tal fine l’intenzionalità educativa finalizzata a percorsi di cittadinanza. Tale consapevolezza spinge un numero sempre maggiore di docenti a mutare il proprio modo di insegnare: da una responsabilizzazione prevalentemente esecutiva (“svolgere, portare a termine il programma”) ci si orienta verso un impegno più autonomo (non meno impegnativo!), correlato al lavoro degli altri docenti, in cui assumono maggiore importanza, in un quadro generale di percorsi di cittadinanza, sia la scelta ponderata dei contenuti, senza più preclusioni gerarchiche tra le discipline, sia l’attuazione di percorsi didattici commisurati agli alunni. È così che l’idea stessa di una materia specifica denominata "Educazione civica", un po’ come il corrispondente libro di testo, quasi mai usato, si esaurisce di fatto nel comprendere che è nell’insegnamento curricolare la risposta al bisogno di cittadinanza degli alunni.

I due volumi del Cidi “Una scuola per la cittadinanza. Idee, percorsi, contesti”, a cura di Mario Ambel, Edizioni PM (vol. 1 “Il progetto curricolare” ; vol. 2 “Gli orizzonti di senso”), rappresentano un punto di sintesi di questo percorso di elaborazione collettiva, ampliatosi grazie alla attività dei Cidi e mai interrotto anche dopo la fine della stagione delle grandi riforme annunciate e i feroci tagli assestati ai bilanci della pubblica istruzione.

Il libro rappresenta una risposta a chi oggi intenda ancora affidare alle poche ore di "Educazione civica" il percorso di cittadinanza degli alunni; un segnale grave di incomprensione, se non di negazionismo, di un aspetto fondamentale della scuola pubblica dove tale compito investe tutti gli insegnamenti. Diversi sono i contributi raccolti nei due volumi: da quelli ‘teorici’, di principio, con richiami alla Costituzione o a specifiche esperienze didattiche realizzate su di essa; altri, attenti ai contesti educativi; altri ancora, i più numerosi, concretamente propositivi, centrati sugli insegnamenti curricolari, narranti esperienze didattiche da cui emerge come sia proprio da percorsi di apprendimento realizzati sulla base di paradigmi culturali significativi delle diverse discipline e adeguati alle conoscenze e alle motivazioni degli allievi, che nasce la possibilità di determinare in essi: capacità di ragionamento autonomo, consapevolezza di sé e degli altri, comportamenti responsabili; cioè di concorrere alla crescita di cittadini capaci di partecipare alla vita democratica.
Il panorama è ampio e segnalare questo o quell’intervento scalfirebbe il valore della Weltanschauungun che anima questa impresa, collettiva e volontaria, di dare rappresentazione ad una “scuola per la cittadinanza”; e quindi - verrebbe da dire - alla sua funzione istituzionale verso il Paese, oltre che di servizio alla persona.
Il libro, una specie di meta-laboratorio, parla agli insegnanti ma non è soltanto una sorta di prodotto professionale: esso si rivolge a tutti gli aventi a cuore la funzione democratica della scuola, e in particolare alle istituzioni e ai decisori politici perché ne traggano utili indicazioni. Voci della scuola sono da sempre pressoché assenti nei luoghi dove si dibatte pubblicamente di scuola. Ma ciò è dovuto anche al fatto che la voce della scuola, per la complessità e l’ampiezza degli argomenti, non può che essere una voce collettiva e di ampio respiro. Certamente, dunque, il libro segna un punto di arrivo importante sul tema annunciato nel titolo: esso stesso è una prova che – come afferma Ambel - “solo una scuola che sia autenticamente e complessivamente costruttrice di democrazia è legittimata a prevedere al suo interno approcci coerenti alla educazione alla cittadinanza”.

Ma in esso emergono anche le premesse di un possibile significativo sviluppo di ragionamento. Tra i vari contributi del libro, nel quadro della comune intenzionalità democratica di come garantire a ciascuno la piena partecipazione “all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, si segnalano concetti come: cittadinanza intenzionale, cittadinanza agita, cittadinanza attiva, cittadinanza democratica ecc. Il passaggio è sottile ma sostanziale.
Quale deve essere la cifra della ‘piena partecipazione’ all’organizzazione della vita pubblica? Promuovere la partecipazione, traguardo fondamentale per garantire “la libertà e l’eguaglianza”(art. 3), esaurisce il compito democratico della scuola? Non c’è comunque il rischio che un sapere finalizzato alla capacità di partecipare alla vita pubblica, sociale, lavorativa, fondamento per la cittadinanza, ne alimenti una interpretazione circoscritta all’io e quindi una dimensione sostanzialmente individualistica e adattativa in modo solo formale a regole (sacrosante!) date? Il passaggio tra sapere e cultura non si fonda anche sull’acquisizione di una forte solidarietà cioè di una responsabilità etica collettiva, oltre che individuale? Un principio su cui l’istituzione scolastica è per sua natura chiamata a riflettere?

La sovranità, potere supremo della Repubblica, che secondo l’art. 1 della Costituzione appartiene al popolo che la esercita secondo le leggi, è un principio/condizione che riguarda tutti, specie in epoche di cambiamenti. Il suo esercizio richiede un alto grado di solidarietà e di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri, sostenute da un robusto tasso di cultura, sorgente di eticità. Dover contribuire a decidere - in un’epoca di prevedibili e forse sconvolgenti nuovi scenari - nuove regole, nuovi strumenti collettivi di partecipazione e di decisione democratica, ovvero come fare, che cosa fare e che cosa non fare, e come sorvegliare sul potere, rende necessario che nella collettività alberghi una comune, solidale capacità di capire, discernere, scegliere, governare con regole democratiche i cambiamenti possibili: non saranno allora indifferenti gli esiti che potranno derivare dall’esercizio collettivo di sovranità dei cittadini. 
È una questione assai delicata che investe direttamente la scuola e impone l’urgenza di un suo adeguamento sistemico, organizzativo, connaturato a un rinnovato approccio educativo da parte degli insegnanti. “La scuola pubblica del nostro Paese – conclude Ambel nella "Premessa" al libro - ha probabilmente bisogno di essere coinvolta, e in parte stravolta, da una rinnovata fase costituente, che la conduca a riscoprire le sue istanze costituzionali, adattandole agli scenari in mutamento”.
I nuovi scenari sono già aperti. Toccherà prenderne atto per tempo!

M. Ambel, a cura di, Una scuola per la cittadinanza,

vol. 1, Il progetto curricolare, pp. 244, euro 16;

vol. 2, Gli orizzonti di senso, pp. 296, euro 18;

insegnare-PM Edizioni, pp. 143-148.

 

Scrive...

Ermanno Testa Già insegnante di scuola secondaria di II grado, a lungo dirigente nazionale del Cidi e direttore di "insegnare" (fino al 2006).