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12/10/2015

Tra sperimentazione e nuovi scenari normativi: Il V seminario nazionale sulle Indicazioni Nazionali

di M. Gloria Calì

Le misure di accompagnamento alle Nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo d’istruzione sono state costellate da appuntamenti vari, in giro per l’Italia, per verificare lo stato dell’arte della sperimentazione didattica e organizzativa che il nuovo documento ministeriale ha prodotto.

Nella sessione introduttiva a questo ultimo seminario nazionale in Calabria, che si è svolto a Vibo Valentia il 29-30 settembre 2015, Italo Fiorin, presidente del Comitato Scientifico Nazionale [1] per le Nuove Indicazioni, ha sottolineato che i seminari nazionali sono occasioni importanti di confronto e condivisione tra tutti i soggetti coinvolti (docenti, dirigenti, funzionari degli UU.SS), veri e propri nodi dell’accompagnamento.
È largamente noto, infatti, che l’introduzione delle Indicazioni  è stata seguita dalla promozione di iniziative, finanziate dal MIUR, finalizzate alla formazione e all’aggiornamento dei docenti, alla sperimentazione in classe di pratiche didattiche per attuare il principio fondamentale delle Indicazioni stesse, il concetto di “competenza”, e per affrontare i cursus scolastici non come una raccolta-punti o una gara a premi ma come percorsi di crescita degli alunni che i docenti devono accompagnare e facilitare.
Una caratteristica importante delle sperimentazioni delle nuove indicazioni, è stata la dimensione di rete, che questi stessi percorsi richiedevano: le scuole di un territorio si sono legate per realizzare obiettivi condivisi di formazione e di riflessione.

È quasi superfluo sottolineare che non sempre queste iniziative di sperimentazione hanno avuto incidenza significativa sulle abitudini professionali e sulla riflessione degli insegnanti; tuttavia si è avviato un percorso che, sia pure con velocità diverse nel firmamento della realtà scolastica italiana, dovrebbe portare a una maggiore attenzione ai processi di sviluppo formativo degli alunni, piuttosto che agli esiti delle loro prestazioni. Nella stessa sessione introduttiva, Carlo Petracca ha evidenziato che l’approccio didattico per competenze non si attua come un adempimento formale, ma nasce da un nuovo bisogno formativo: realizzare il “potenziale conoscitivo” degli alunni, cioè “l’insieme di condotte cognitive e processi che generano conoscenza”, utilizzando didattiche innovative, essenzializzando i “nuclei fondanti” e insistendo sulle “conoscenze procedurali”. La conoscenza autoportante, quella che “si dà” all’alunno, secondo Petracca, in una società che offre conoscenze preconfezionate di facile accesso, è esposta al rischio di “obsolescenza e molteplicità”, con l’effetto negativo di disperdere anche “l’alunno positivo”.

Nel suo intervento Mario Castoldi ha affrontato il problema della competenza scolastica e della sua valutazione in una prospettiva molto ampia, evidenziando alcuni nodi problematici tra cui menzioniamo: la necessità di una maggiore integrazione tra la valutazione degli alunni alla fine di tutto il percorso scolastico e il Quadro Europeo delle Qualifiche; la validazione degli apprendimenti acquisiti dagli alunni in altro contesto formale e non formale; la ricerca di una modalità comunicativa più accessibile; l’anacronismo dell’esame di Stato alla fine del primo ciclo. Per quanto riguarda il modello di certificazione proposto dal Ministero in via sperimentale, lo studioso ha evidenziato come, secondo lui, manchino gli standard comuni per alcune competenze disciplinari.
Castoldi ha poi esposto la sintesi del suo pensiero sulla competenza, le sue dimensioni, la sua valutazione, come già ha discusso nelle sue ben note pubblicazioni.  Anche in questo intervento si è sottolineato come la valutazione non sia una misurazione definitiva, ma la descrizione di un processo a cui si arriva attraverso la rilevazione, cioè una raccolta di dati necessaria a orientare ulteriormente, non a delimitare, la crescita dell’alunno, che diventa essenzialmente “soggetto” della didattica, non “oggetto”. Nell’ultima parte del suo intervento, Castoldi ha presentato gli strumenti essenziali per i processi valutativi per le competenze: la rubrica valutativa, la scheda di osservazione, il documento di riflessione dell’alunno; quest’ultimo elemento è particolarmente importante, perché illumina il docente sull’effettiva appropriazione, che l’alunno ha compiuto, del percorso, dei suoi elementi, delle sue risorse.

L’intervento successivo, di Daniele Barca ha affrontato altri due grandi temi del seminario: l’inclusione e gli ambienti di apprendimento. In questo ambito, Barca ha sottolineato come gli apprendimenti degli alunni devono essere gestiti in modo da avere strumenti e spazi aggiuntivi che possano essere a disposizione di tutti gli studenti, giacché, si è dimostrato, lo strumento puramente assistenziale per l’alunno con DSA o disabilità lo isola dalla dimensione relazionale, vitale per la sua crescita personale, ed effetti ancora più negativi sono comportati dal fargli usare spazi e tempi diversi da quelli della classe. L’ambiente di apprendimento che il docente crea, ma di cui il disabile è parte integrante, deve poter attivare le risorse disponibili per tutti gli alunni, non solo per quelli “speciali”. 
Barca ha presentato alcuni esempi di realizzazione effettiva di questi principi, caratterizzati tutti dalla flessibilità nell’uso degli spazi, sia di classe, che “di corridoio”, come lui stesso suggerisce provocatoriamente; dispositivi e risorse mobili; aule multifunzione in cui si alternano alunni e docenti.   Una struttura scolastica così flessibile comporta necessariamente un ripensamento della didattica da parte di tutti i docenti.

Umberto Margiotta ha di seguito presentato l’ultimo intervento sul concetto di competenza, il cui intervento ha evidenziato tra gli altri, il tema del rapporto docente-alunni come base per l’attivazione delle competenze, la diversificazione delle proposte didattiche da parte degli insegnanti, che sollecita soluzioni diversificate da parte degli alunni. Uno spunto di riflessione e discussione offre la sua personale definizione di “apprendimento significativo”, che è quello in cui “l’apprendente prova soddisfazione nell’acquisirne la padronanza”.

L’intervento di Marco Rossi Doria, fisicamente assente, è stato letto dal D.S. Maria Salvia; esso ha affrontato il tema della dispersione, partendo dal lessico con cui i documenti ufficiali e la comunicazione in generale lo affrontano, trasformandolo in una sorta di figlio degenere del sistema educativo. La dispersione, secondo l’assessore all’Istruzione del comune di Roma, è un fatto umano, e va, anzitutto, osservato attraverso le cifre delle rilevazioni, poi valutato attraverso le dinamiche locali. Le azioni di educazione, formazione e supporto per l’azzeramento della dispersione scolastica devono essere progettate a partire dai contesti reali in cui i fenomeni sono riscontrati.

L’ultimo intervento della sessione plenaria è stato quello di Angela Costabile, che ha evidenziato come anche gli indirizzi di ricerca scientifica più attuali sull’apprendimento sono caratterizzati da approcci trasversali: l’interazione tra temperamento e fattori ambientali e sociali; la centralità dell’apprendente; la costruzione del sé, fin dai primissimi anni di vita, e l’agency, cioè la capacità di trovare soluzioni ai problemi in cui si è coinvolti.

La professoressa ha poi introdotto i successivi temi dei workshop, coordinati da specifici conduttori, dove i rappresentanti di molte scuole italiane hanno presentato le loro esperienze, in seguito dibattute.

 Il Seminario nazionale ha un valore in quanto consente alla scuola italiana di ritrovarsi e mettere a confronto le proprie prassi: lì ci si rende conto che le esperienze migliori, di scuola, di classe, di organizzazione o di metodo sono quelle che singoli soggetti o gruppi portano avanti, mentre la “scuola italiana” ha tratti generali piuttosto difficili da delineare. Il nuovo assetto normativo della legge 107 dovrebbe ammortizzare queste differenze, secondo quanto ha detto in un passaggio anche Umberto Margiotta, creando una cornice operativa comune anche attraverso il documento per la certificazione delle competenze. Al netto di una tendenza diffusa a rendersi consapevoli della necessità di ripensare la didattica e il rapporto docente-alunni nella dinamica dell’apprendimento, resta vivo il dubbio che, nello stesso scenario normativo, potrebbero innescarsi processi negativi riguardanti il rapporto tra il docente e la sua professionalità, il che non gioverebbe né alla didattica né alla scuola in generale in quanto sistema educativo ad altissima accessibilità.

Note

[1]  Informazioni sulla costituzione e le attività del Comitato Scientifico Nazionale sono reperibili sul sito dedicato dal Ministero alle inizuiative a supporto delle Indicazioni.