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20/04/2023

25 aprile 1945 - 25 aprile 2023

di M. Gloria Calì

Che cosa significa oggi, questa data? Che cosa significa per la scuola? Rileviamo subito che per le nostre domande non abbiamo ricevuto nessun aiuto dal ministero, che, in questi mesi, ci ha abituato a lettere su tutto, eventi storici compresi. Chissà come mai, per la Resistenza ancora nessuna esortazione a coltivare la memoria.

È certo che il 25 Aprile 2023 dovrebbe essere una data vissuta dagli insegnanti come un compleanno, perché è lì che siamo nati tutti e tutte noi, che lavoriamo nella scuola. Non esiste la festa nazionale della scuola pubblica in Italia, perché forse si dà per scontato che esista, come in un corpo esiste la muscolatura involontaria, che, però, permette all’organismo di vivere.

Dovremmo invece considerarci noi, docenti, figli e figlie del 25 Aprile, perché ciò che è stato prima di quel giorno, che quel giorno ha prodotto, ha reso reale quella Repubblica per cui adesso noi lavoriamo. La Resistenza, tutti lo sanno, è stato un fenomeno complesso, in cui hanno convissuto visioni diverse di Stato, di società, di economia, di politica; è stata praticata una violenza che è stata raccontata con una certa dose di retorica, giacché è stata “eroica”. La Resistenza è stata tuttavia un fenomeno incredibile, guardato con gli occhi dell’oggi, in cui spesso ci si guarda per schermi e si declinano responsabilità. In quel tempo, recente eppure remoto, gruppi di uomini e donne comuni, come ciascuno di noi è, si sono organizzati e sono riuscite a prendere in mano le sorti di un intero paese, eliminando una gestione politica delittuosa, basata sull’inganno e la violenza. Questo fenomeno, ancora più incredibilmente, ha generato anche un altro miracolo: è stata costruita una Repubblica parlamentare ispirata a principi di equità, di eguaglianza e di diritto, aperta alle relazioni internazionali e fondata sul lavoro. Tutto questo è stato messo per iscritto, ed è la nostra Costituzione.

Noi insegnanti della scuola pubblica democratica dovremmo allora festeggiare il 25 Aprile come la nostra nascita: dalla fine di un’esperienza storica crudele e oscurantista è nato uno Stato moderno, di cui la scuola è sostanza e alimento. Senza la scuola pubblica democratica non c’è lo Stato democratico, e noi insegnanti siamo chiamati ad essere attori di questa idea di scuola con consapevolezza. Non siamo esecutori materiali di un progetto costruito per mantenere le disuguaglianze, siamo cellule vive, attive per tenere in vita la scuola della Costituzione, la democrazia della Costituzione. Non firmiamo ogni mattina per tirare a campare, non facciamo le riunioni per adattarci meglio ad un’idea di istruzione senza nessun merito, in cui si spacciano le ingiustizie e le disuguaglianze per “capolavori”, e si maschera con “contrasto alla dispersione” una segregazione inaccettabile. Sappiamo bene che la categoria docente è variamente composta, ma, sappiamo anche che esistono qua e là maestre, maestri, professori, consigli, dipartimenti, collegi interi, che lavorano come se ogni giorno dovessero rifare l’Italia: hanno attenzione all’equità, alla qualità dell’istruzione, al buon funzionamento del sistema scuola. Non sono tanti, ma sono forti: a loro bisognerebbe sempre chiedere come si fa la scuola pubblica, a loro rivolgersi quando si vuole fare una vera inclusione, una vera istruzione educante per tutti e tutte. A loro bisognerebbe chiedere di che cosa hanno bisogno le classi, in tutte le scuole.

Lo Stato e, a cascata, tutti gli altri enti locali territoriali dovrebbero prendere coscienza di ciò che la cultura filosofica e sociologica teorizza e propugna da tempo: vanno radicalmente modificati i significati che si attribuiscono a termini come “sviluppo”, riconoscendo finalmente che la logica economicistica accorcia la vita degli ambienti e dei sistemi, oltre che quella delle persone, generando conflitti ad ogni livello; coltivare, invece, un’idea di persona libera e solidale, genera coesione e crescita armonica di tutte le componenti di una comunità, ad ogni scala, dal borgo montano alla metropoli. La scuola è il luogo di nascita e di crescita di questa persona libera e solidale di cui parliamo, come la Resistenza, e la successiva esperienza costituente, sono stati il luogo di nascita e di crescita della repubblica parlamentare democratica.

Ma c’è una parte della Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché quando l’articolo vi dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.
(P. Calamandrei, “Discorso agli studenti milanesi”, 1955.)

Scrive...

M. Gloria Calì Insegnante di lettere alla media da oltre 20 anni, si occupa di curricolo, discipline, trasversalità, con particolare attenzione alle questioni della didattica del paesaggio. Direttrice di "insegnare".