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03/04/2019

Un futuro per la scuola pubblica- Una scuola che serve al paese

a cura di insegnare
Si è svolto il 4 marzo a Roma nella sede nazionale del Cidi il Seminario "La scuola che serve al Paese".
L'atmosfera è stata cordiale e produttiva, i temi sollevati sono certamente complessi, sui quali le rispettive posizioni dei relatori presentano significativi punti di divergenza, ma anche il desiderio di rimarcare prospettive condivise.
Certo, divide il giudizio sugli esiti della politica scolastica degli ultimi anni, ma non mancano aspetti problematici, anche in prospettiva.
In particolare sembra anche rilevante verificare se esistano presupposti comuni e quali.
Riproduciamo gli interventi dell'intero seminario, annotando, accanto a ciascuno, qualche spunto di rifessione, non come swintesi, ma come invito all'ascolto ...
   
Quante volte ci siamo rifatti questa domanda negli anni. E le risposte sono state spesso eguali a se stesse. E non realizzate.
A partire dall'art. 3 della Costituzione e dalla ncessità di riequilibrare, in termini nuovi, la formazione della persona, del cittadino, del lavoratore.

 

   
Formare in maniera prioritaria soggetti umani in grado di discernere il vero dal falso: una missione che la scuola non riesce ad assolvere.
L'elenco delle problematiche irrisolte è pressoché infinito, dalla carenza di finanziamenti alle difficoltà della didattica. Per lo studente, travolto dalle esigenze quotidiane, diventa difficile acquisire una visione critica della realtà che vive.
   
Il manifesto di "Condorcet" per un rilancio del dibattito sulla scuola propone "quattro grandi incompiute"(il riordino dei cicli, il rapporto fra scuola e società con attenzione al lavoro, le carriere dei docenti, e l'autonomia scolastica) su cui riprendere il confronto e l'elaborazione dentro la sinistra.
Anche per capire se alcuni grandi presupposti sono ancora condivisi.
   
Dobbiamo tornare ai temi storici e costituzionali della funzione della scuola come strumento di lotta alle disuaglianze e di formazione di persone, cittadini e lavoratori capaci di partecipare attivamente alla vita del paese. 
Per farlo dobbiamo guardare anche agli errori commessi in questi ultimi anni, sulla pressione di ideologie estranee alla cultura politica della sinistra.
   
La soluzione di problemi gravi come la dispersione scolastica passa attraverso il rinnovamento profondo dei contenuti e del modo di insegnare, cui il docente giunge solo se salda la quotidianità concreta del lavoro docente con gli orizzonti strategici più ampi di cambiamento del sistema scolastico. Per questo dobbiamo confrontarci sulla scuola che serve al paese: non per dividerci o per trovare sintesi improvvisate.
   

Abbiamo proposto di rinunciare alle grandi riforme dall'alto, per costruire una base di consenso su temi importanti e riflessioni di alto profilo.
Per esempio interrogandoci sul fatto che la scuola di massa è stata raggiunta formalmente ma non nei fatti oppure sul senso delle bocciature, di cui si dichiara da più punti di vista l'inefficacia, oltre al costo eccessivo.

 

   
Federico Allegretti, secondo intervento
   
Marco Campione, secondo intervento
   
Francesco Sinopoli, secondo intervento
   
Giuseppe Bagni, secondo intervento
   

Mario Ambel, Conclusioni
Anche a scuola, facciamo fatica a riconosce la parità dei diritti delle persone, non che sono diverse, ma perché sono diverse.
Il tema della crescita delle disuguaglianze, più volte posto nel dibattito, è un punto di partenza ineludibile, soprattutto per la cultura progressista e "di sinistra", e in particolare per gli interventi sulla fascia d'età 15-18.

 

Vorremmo aprire un confronto a più voci sulla... scuola che serve al Paese, vista da sinistra. A partire da tre premesse essenziali, che abbiamo sintetizzato nell'ultimo editoriale.

Queste pagine offriranno spunti diversi di riflessione e di elaborazione, attraverso i quali approfondire e articolare le dimensioni politiche, sociali e professionali di uno stato di crisi e di stallo, che ci preoccupa fortemente. Lo scopo è quello di rinforzare l'elaborazione della cultura progressista e di sinistra della e sulla scuola, che ci appare in questo momento divisa, talvolta anche conflittuale e quindi sostanzialmente debole o autoreferenziale e perdente.

Anche per questo vorremmo che la discussione fosse libera da pregidizi, ma sapesse guardare al futuro: agli obiettivi su cui convergere, seppure a partire dall'analisi, ferma ma costruttiva, di ciò che ci ha diviso o ancora attualmente ci divide.