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06/02/2017

Note sui decreti attuativi delle Deleghe

di Caterina Gammaldi

Ripartiamo dalla delega e dai decreti legislativi all'esame delle Commissioni parlamentari.

Una questione preliminare
 Il tempo per l'esame dei decreti legislativi, le audizioni e l'espressione del parere, si osserva da più parti, sarebbe scaduto (cfr. intervento di Bruno Moretto su "Tecnica della scuola"). La rilettura dei commi 180, 182, 185 della legge 107/2015, infatti, dà per adottati i decreti al termine dei 18 mesi. A riguardo si osserva che per adottato si intende approvato, ovvero in grado di produrre effetti. Così non è. Come è a tutti noto l'assegnazione alle Commissioni  parlamentari è avvenuta a conclusione dei 18 mesi previsti dalla legge e non durante, con un evidente possibile  vizio di legittimità. Se questa interpretazione fosse corretta,  sarebbe stata necessaria una nuova delega, non potendo prorogarsi  il tempo necessario per l'esame e il parere oltre il tempo previsto dalla legge. 

In attesa di eventuali osservazioni, suggerimenti e proposte  in merito, ricordiamo che il percorso avviato dopo l'approvazione in prima lettura dal CdM il 14 gennaio, si dovrebbe concludere con il parere definitivo il 17 marzo, cui seguirebbe l' adozione. In tale situazione non ci resta che leggere con attenzione i resoconti stenografici delle riunioni delle Commissioni e, se previsto, della Conferenza unificata Stato - Regioni, per capire i  reali margini di cambiamento dei testi legislativi su materie importanti che incideranno profondamente sul sistema scolastico italiano nei prossimi anni.

Dovrebbe aprirsi, dunque, il tempo dell'ascolto  e del confronto, anche se è lecito dubitarne, visto quanto è stato praticato finora. E soprattutto dubitiamo della direzione e del senso di questo confronto. Alcuni ritengono che la nuova stagione di vita del Governo che ha emanato la L. 107/2015  porterà con sé una maggiore apertura di dialogo con la scuola e il miglioramento della reciproca stima e fiducia. Si tratta di intenzioni assai lodevoli, ma il problema non è questo.  La "Buona scuola" è una legge sbagliata e perniciosa nei principi che l'hanno ispirata ed è assai difficile che lo siano meno gli atti legislativi chiamati ad attuarla.   Non saranno sufficienti né il miglioramento delle relazioni sindacali né qualche correttivo attuato al fine di diminuire la contrarietà di  alcuni settori della scuola. Quello che servirebbe è una presa d'atto degli errori (di fondo e non di comunicazione) e una netta inversione di tendenza. Ma cominciamo a entrare nel merito di alcuni dei provvedimenti in discussione (e non adottati).

Valutazione  e certificazione delle competenze al termine del primo ciclo  -  esami di Stato
 Riguardo alla valutazione degli apprendimenti al termine del primo e secondo ciclo molto è stato detto e scritto in questi mesi. Le bozze circolate lasciavano intendere scelte più radicali e coraggiose sia in materia di voti che di certificazione delle competenze. Invece i voti restano, anche nella primaria, in palese contrasto con la certificazione delle competenze. La valutazione del profitto rimanda a un approccio valutativo centrato sulle conoscenze. Di quale coerenza si tratta se nella stessa scuola, dagli stessi insegnanti è praticata la valutazione numerica su base decimale e una certificazione delle competenze che descrive livelli?  Legittimo attendersi un corto circuito, peraltro già segnalato, che coinvolgerà la scuola fin dalla progettazione dei percorsi curricolari.
Si conferma l'ambiguità (a tratti la doppiezza) che regola tutta la normativa degli ultimi anni in tema di valutazione. Mentre l'art.1 del decreto in esame parla di valutazione formativa (come del resto tutta la documentazione di supporto alla certificazione delle competenze), rimane di fatto inalterato  l'impianto politico - culturale della L. 169/08, che ha reintrodotto dopo 40 anni la valutazione decimale nella scuola di base, e in realtà si sceglie ancora una volta un'idea di valutazione che seleziona, come dimostra il chiaro riferimento ai voti e alle possibili bocciature durante tutto il percorso, anche nella primaria. Anche la dichiarata volontà di semplificare, infine,  gli esami di Stato a conclusione del primo e secondo ciclo, sia pure interessante nelle intenzioni, introduce scorciatoie, di segno contraddittorio, ivi compreso il ruolo delle prove INVALSI.

Inclusione degli alunni con disabilità
Osserviamo che il decreto in modo riduttivo si occupa esclusivamente  del sostegno didattico nel caso di disabilità certificate (norme e reclutamento dell'insegnante di sostegno).   Se si escludono i riferimenti di cui all'art. 1 (DSA e BES)  appare del tutto evidente un approccio riduttivo al tema dell'inclusione scolastica, dopo mesi dedicati alla discussione e al confronto su possibili scelte in grado di ridisegnare  il sistema dell'inclusione scolastica, a 40 anni dalla riforma Falcucci. Si tratta di un approccio repressivo finalizzato a ridurre le ore di sostegno, a garantire una formazione iniziale poco significativa, a privare di fatto gli studenti della tanto declamata continuità che non si risolve con la permanenza per 10 anni nel sostegno.


Revisione dei percorsi di istruzione professionale - raccordo istruzione - formazione professionale
A riguardo segnaliamo che le scelte adottate contrastano con il dichiarato al comma 2 dell'articolato,  ove gli istituti professionali sono presentati come "scuole  territoriali dell'innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione e innovazione". Rimane in piedi la questione non risolta dell'equivalenza effettiva dei percorsi quinquennali, posta già con l'emanazione dei decreti che nel 2010 portarono a distinguere sin dalle finalità l'istruzione liceale, tecnica e professionale. Inopportune  in un decreto legislativo  le scelte di piegare l'istruzione professionale ad arti mestieri e professioni del Made in Italy, di optare per un profilo di uscita  orientato a questa dimensione (allegato A), di indicare  un modello didattico unico nel segno della  personalizzazione, delle  metodologie di apprendimento di tipo induttivo e delle  unità di apprendimento,  tutte prerogative delle scelte culturali, metodologico - didattiche in capo agli insegnanti e alle scuole. Sul raccordo fra i sistemi dell'istruzione e della formazione professionale restano inalterate le questioni che non hanno trovato soluzione nel rapporto Stato - Regioni.  Davvero chi sceglie questi percorsi e figlio di un dio minore?

Formazione iniziale secondaria e reclutamento degli insegnanti
Qui concludiamo con un accenno alla "semplificazione" dei percorsi di formazione iniziale per l'accesso alla secondaria sollevando due questioni. 1) Siamo davvero convinti che non si possa fare di più per tenere insieme dalla scuola dell'infanzia alla scuola superiore  il profilo culturale e professionale del docente, riprendendo il dibattito sulla unicità della funzione? 2) Siamo davvero convinti che la scelta di un percorso triennale di formazione - lavoro dopo il concorso successivo alla laurea, garantirà una stabilità a quanti legittimamente intendono lavorare nella scuola? Noi riteniamopossano accadere nuove forme di precariato, che non rafforzeranno l'identità nel corpo professionale ma creeranno nuove gerarchie nei posti di lavoro e incertezza nella vita delle persone, a scapito degli studenti e del valore della scuola - istituzione.

Per queste ragioni è in gioco la natura complessiva dell'istituzione scolastica e non solo alcuni suoi nodi problematici. La deleghe, proprio nel loro occuparsi settorialmente di singoli aspetti senza un alto profilo di intervento coerente sul sistema, confermano che il vero fil rouge che le attraversa e le accomuna è quella visione asfittica del sistema scolastico al servizio di una realtà esterna quanto mai contraddittoria e inane (basti pensare alle piccole miserie innescate dalla "alternanza scuola-lavoro" come conclamata modalità di affrontare il problema della disoccupazione giovanile nel Paese) che sostiene la "Buona scuola" e con un rilevante battage mediatico.

Segue, anche in altre parti della rivista, il confronto di opinioni sulle singole deleghe. 


 

 

Scrive...

Caterina Gammaldi A lungo docente di scuola media; già componente del CNPI