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03/12/2016

Report del Gruppo di lavoro sul Sistema 0-6

a cura di Antonella Bruzzo

Pubblichiamo i report dei Gruppi di lavoro del Coordinamento nazionale del 10-11 settembre 2016.

Qui l'elenco completo.

Dal confronto iniziato lo scorso a.s. attorno alla delega sul sistema integrato 0-6 (legge 107, comma 181 e) sono nate varie riflessioni e contributi inseriti nel sito del Cidi (v. ad es. il documento del 16 febbraio: “Delega 0-6, criticità delle proposte in campo” con relativa raccolta di adesioni) e sulla rivista Insegnare che ha dedicato uno spazio di pensiero e idee sulle deleghe ed in particolare su questa che tratta di una materia particolarmente delicata e complessa: "Delega 0-6. Sommario degli articoli pubblicati"
Dai contributi pubblicati emergono considerazioni sull’attuale stato dei servizi e delle scuole dell’infanzia e si evidenziano preoccupazioni, possibili criticità ed aspettative. 

Prima di esaminare nello specifico i diversi aspetti problematici è necessario aggiungere un aspetto non trattato nei contributi citati. Il nostro Paese sta vivendo una fase caratterizzata dalla denatalità (vedi grafico a lato) Dagli ultimi dati ISTAT, infatti, nel quinquennio 2009-2014 sono nati 65.709 bambini in meno. Questo fatto deve far riflettere i decisori politici sull'importanza di questa delega per dare un segnale alla società civile che tale investimento deve partire dai più piccoli attrezzando le scuole, qualificando il personale e sostenendo le famiglie in difficoltà.

Problematicità

In sintesi, rispetto allo stato dell’arte relativo a questa fascia d’età si evidenzia un quadro molto variegato e connotato da diversi aspetti problematici:
- tante e rilevanti sono le disparità rispetto alla distribuzione territoriale, soprattutto per quanto riguarda il segmento 0-3, ma non solo;
- le diverse modalità di gestione (pubblica, privata, paritaria, aziendale ecc.) e le differenti qualità dell’offerta si traducono in realtà a volte qualitativamente connotate, a volte poco rispondenti ai bisogni reali di bambini/e;
- soprattutto per quanto riguarda il segmento 0-3 il fatto che nidi ed altri servizi si riferiscano alle legislazioni regionali apre alla possibilità di istituire servizi con personale senza nessuna preparazione specifica con conseguenze, in alcuni casi, molto preoccupanti che incidono sulla qualità del servizio stesso ma anche sulla percezione sociale che si ha dell’infanzia; 
- non esistono, inoltre, per il segmento 0-3 né linee guida, né Orientamenti che costituiscano un riferimento pedagogico didattico riconosciuto.

In quanto agli aspetti di criticità che potrebbe introdurre la delega si possono riassumere così:
- il timore che sia indebolita l’identità dei due segmenti;
- il timore di un possibile arretramento della scuola dell’infanzia (in particolare di quella statale) all’interno del sistema 0-6 ad una dimensione socio-assistenziale, snaturandone l’identità pedagogica di vera scuola conquistata faticosamente negli ultimi 40 anni e spesso ancora poco riconosciuta;
- il rischio di indebolire o vanificare il bagaglio di esperienze mirate a delineare un percorso educativo dai 3 ai 14 anni all’interno della ricerca permanente sul curricolo verticale.

Non perdiamo le conquiste fatte!

E' un tema particolarmente complesso vista la delicatezza e l’importanza cruciale di questa fascia d’età, in cui diritto di ogni bambino/a è poter accedere a servizi e scuole di qualità per crescere e realizzarsi al meglio, riducendo da subito le ineguaglianze di base. Dopo gli anni in cui la scuola dell’infanzia era considerata “il gioiello di famiglia”, dopo la stagione dei progetti sperimentali Ascanio ed Alice, attualmente si parla poco degli ambienti dedicati a bambini/e di questa fascia d’età e la politica ha uno sguardo disattento e distratto e la delega ha, se non altro, riaperto spazi di dibattito e riflessione al riguardo. Il testo della delega parla tra l’altro di standard strutturali, organizzativi e qualitativi e si spera che siano tradotti in decreti che delineino condizioni importanti, quali ad esempio l’abbassamento del numero di bambini/e per sezione nelle scuole dell’infanzia e maggiori risorse in termini di docenti assegnati alle scuole/organico di potenziamento.  

Poco si sa attualmente dell’iter legislativo e si è in attesa dell’emanazione dei decreti attuativi elaborati dalla commissione preposta.
Riportiamo di seguito alcune riflessioni intorno a temi che riteniamo fondamentali per migliorare e rendere realmente rispondenti ai bisogni educativi e di apprendimento di bambini/e di 0-3 e 3-6 anni gli ambienti a loro dedicati; sono temi che il testo della delega in parte affronta.

Formazione

Uno degli aspetti fondamentali e necessari per una riqualificazione generalizzata di servizi e scuole dell’infanzia riguarda la formazione iniziale ed in servizio.
Nel testo della delega si parla di “qualificazione universitaria”, termine che non chiarisce bene se si intenda una laurea, un percorso breve o altro: lo chiariranno i decreti. Quello che ci preme sottolineare è che rispetto alla formazione iniziale fondamentale sarebbe una buona formazione universitaria anche per le educatrici di nido. Pensiamo che l’optimum potrebbe essere rappresentato, un po’ come avviene attualmente per le insegnanti di scuola dell’infanzia e della scuola primaria, da un percorso di studi presso la facoltà di  Scienze della formazione con una parte comune e percorsi  più specifici per i due livelli di scuola per una formazione di docenti ed educatori del futuro. Riprendiamo più avanti alcune considerazioni riguardanti modalità e contenuti e l’attuale impostazione dei percorsi formativi universitari. 

Parlando di formazione è necessario riferirsi ad un profilo insegnante attentamente riformulato su criteri innovativi: il partecipare quotidianamente al processo di insegnamento apprendimento, l’essere registi e co-costruttori di contesti ed ambienti d’apprendimento inclusivi e rispondenti ai bisogni di ognuno implica non solo competenze: pedagogiche, didattiche, metodologiche, disciplinari, ma anche socio-emotive, relazionali, comunicative, riflessive e di autopercezione ed autovalutazione. Uno dei tratti che connotano la professionalità insegnante, in qualsiasi segmento scolastico è l’essere continuamente immersi nella relazionalità: con bambini/e, ragazzi/e, colleghi, genitori ed extrascuola. 

La relazione

Quando ci si rapporta con bambine/i piccole/i è particolarmente importante l’attenzione alla relazione: la ricerca ha sottolineato quanto siano significative le figure di riferimento nel percorso di crescita del bambino molto piccolo: è attraverso le interazioni con chi gli presta cure ed attenzione che il neonato struttura il senso di Sé, principio organizzatore del suo sviluppo mentale, che filtra e dà significato alle esperienze.
Assume importanza, dunque, da parte di insegnanti (in qualsiasi segmento scolastico si trovino ad operare) ed educatori  praticare nel quotidiano fare scuola modalità fondamentali quali: l’ ascolto empatico, l’ osservazione partecipata, il riconoscimento e la valorizzazione delle diverse identità, sostenendo ognuno nel suo percorso di crescita e progressivo sviluppo di competenze. Altro aspetto a questi intrecciato è la capacità di osservazione delle dinamiche relazionali, delle situazioni conflittuali che possono diventare occasioni interessanti per favorire educazione emotiva e competenze relazionali in bambini/e.

Una ulteriore dimensione fondamentale della relazionalità, per cui sono importanti competenze di ascolto, comunicazione ed interazione, sono i rapporti con l’extrascuola, con famiglie e genitori. I contesti famigliari e di vita di bambini/e sono oggi caratterizzati da una grande eterogeneità; a volte, non sono contesti facili e non sempre i genitori hanno consapevolezza dell’importanza del loro ruolo. Servizi per la prima infanzia e scuole dell’infanzia possono costituire uno spazio ed un’occasione molto significativa per favorire assunzione di genitorialità più consapevole, confronto ed incontro tra diversità. Per questo è importante da parte di insegnanti ed educatori la “sospensione del giudizio”: giudizi e pregiudizi nei confronti di famiglie e genitori (e non solo), creano barriere e chiudono più che aprire all’incontro ed al dialogo. Importante è invece porsi in una dimensione di ascolto e reciprocità pur consapevoli del proprio ruolo insegnante; una parola-chiave che descrive bene la prospettiva che sarebbe importante assumere è: coevoluzione scuola-territorio.

Condividere il percorso

Un'altra dimensione della relazionalità è quella che riguarda la condivisione con colleghe/i del progetto educativo; diventano necessari in questa prospettiva la corresponsabilità e la cooperazione nel tradurlo nelle pratiche quotidiane. Sembra che la parola collegialità sia un po’ passata di moda, compare poco, ad es. nel testo delle Indicazioni per il curricolo 2012, mentre è fondamentale nella costruzione di contesti d’apprendimento inclusivi e qualitativamente connotati. A volte, non è facile: le posizioni, le idee, i valori, le esperienze ed i percorsi di cui ognuno è portatore possono essere molto diversi, ma è fondamentale trovare le mediazioni che vadano nel senso della condivisione ed il progetto educativo costituisce il mediatore forte.
Lo scambio dei diversi punti di vista osservativi, l’autovalutazione e la riflessione sulle pratiche per monitorare continuamente e progettare e riprogettare il proprio intervento ed i percorsi intrapresi, la dimensione del team in ricerca permanente sono molto importanti e strettamente intrecciati alla formazione in servizio. Sarebbe importante che anche a livello contrattuale fosse riconosciuto un momento ricorrente per la progettazione ed il confronto in team (attualmente le ore di programmazione sono previste solo nel contratto degli insegnanti di scuola primaria).

Se torniamo al tema della formazione iniziale viene da chiedersi se, così come attualmente impostate, le università possono favorire lo sviluppo delle competenze plurime e complesse di cui abbiamo scritto. Spesso le modalità di insegnamento ed i contenuti sono, anche a Scienze della formazione, sganciate dalla realtà, astratte e poco pertinenti; sarebbe dunque molto importante intrecciarle molto di più ai contesti reali e prevedere che un tempo significativo sia dedicato alla riflessione ed al confronto sulle pratiche ed i percorsi in atto. Un’occasione significativa e particolarmente formativa può essere, come abbiamo visto in questi anni, il tirocinio, se avviene davvero in contesti in cui gli/le studenti/esse possono sperimentare questo continuo rimando tra realtà e significati impliciti nelle scelte didattiche, metodologiche, organizzative, ecc., se possono sperimentare la dimensione di “professionisti riflessivi”.    

Il coordinamento pedagogico

Nel testo della delega si parla di coordinamento pedagogico; questo fa pensare ad un accompagnamento nella formazione in servizio, nella ricerca delle pratiche migliori per favorire le finalità quali autonomia, identità, competenze, cittadinanza, temi trasversali ad entrambi i segmenti. Ad es. se si condivide l’idea di autonomia come capacità di partecipazione attiva in contesti normativi diversi, molto passa anche attraverso i gesti di cura legati alle routines quotidiane: il cambio di pannolino in un nido può avvenire secondo pratiche che tendono a velocizzare l’operazione considerando il bambino come completamente passivo oppure può costituire un momento educativo importante, di accordo ed incontro dei gesti, sapendo aspettare l’iniziativa del bambino sostenendola.  Il coordinamento pedagogico potrebbe costituire una buona occasione per sostenere percorsi in continuità tra i 2 segmenti pur con le necessarie discontinuità. Potrebbe sostenere il processo ricorsivo e dinamico costituito da progettazione/osservazione/valutazione/documentazione. Potrebbe sostenere la ricerca partecipata nell’ambito del curricolo verticale negli Istituti Comprensivi.

L’ambiente di apprendimento

Un altro tema importante ed intrecciato a quanto finora scritto riguarda l’ambiente d’apprendimento qualitativamente connotato ed inclusivo. Con ambiente inclusivo intendiamo un ambiente che accoglie e riconosce ogni bambino/a con la sua storia, il suo modo di essere, la sua identità, le competenze di cui è portatore, un ambiente in cui la diversità di ognuno è valorizzata come risorsa per il gruppo. Spesso si abusa della parola inclusione e parlare di BES rischia a volte di creare confusione o “separatezza”, se non esclusione. L’assunzione della prospettiva in cui tutti/e siamo Bes, in quanto tutti/e siamo portatori di bisogni educativi speciali può aiutare ed essere importante nel predisporre un ambiente in cui tutti/e possano crescere, sviluppare competenze, conoscere, apprendere, comunicare, ecc.

Il ruolo dell’insegnante diventa quello di regista che predispone situazioni e percorsi e co-costruisce il contesto avvalendosi di alcuni importanti mediatori del progetto educativo costituiti dagli spazi, i tempi, i materiali, le attività, le routines, l’articolazione della vita di relazione, ecc. 

Il Rapporto di Auto Valutazione

Fondamentale è l’interrogarsi ed autovalutarsi continuamente ed il RAV della scuola dell’infanzia, su cui si è aperta una consultazione attraverso la compilazione di un questionario,  può favorire la focalizzazione dell’attenzione su indicatori significativi e costituire uno strumento utile per le scuole, non in sostituzione del RAV d’istituto per le scuole dell’infanzia statali, ma facendo confluire in quello quanto emerso, dando così più voce alla scuola dell’infanzia. E’ uno strumento che si basa su indicatori legati ai contesti reali e che può favorire confronto e scambio e contribuire alla ricerca permanente sulla congruenza tra dichiarato ed agito e sul miglioramento dei contesti.