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31/01/2022

Riflessioni sulla filosofia nei tecnici

di Annalisa Marcantonio

La riflessione di Stefano Penge "Data scientist e capacità critiche: quale filosofia serve ai cittadini?" ("insegnare", 18/12/2021) in parte dalla dichiarazione del ministro Patrizio Bianchi: “Noi stiamo lavorando con il piano nazionale di rilancio per ridefinire per i ragazzi la capacità di non essere solo data scientist ma anche utilizzatori di data”.
Questa posizione si ritrova anche in altre analisi, come dimostra l’intervento di Francesco Caio al Convegno su Etica e intelligenza artificiale, organizzato dall’associazione Aspen Institute Italia:
“Abbiamo l’opportunità di umanizzare alcuni processi che l’automazione ha reso troppo aridi. In questo senso l’intelligenza artificiale è un’opportunità per liberare le prossime generazioni: facciamo fare alcune cose alle macchine e usiamo al meglio l’intelligenza emotiva per metterla al servizio dei clienti e dei dipendenti”.
Per inciso, qui notiamo come si faccia spesso un facile e generico uso della fascinosa locuzione intelligenza emotiva, in riferimento alle più varie competenze e funzioni.
Commentando l’argomento Stefano Penge, opportunamente, critica l’attribuzione delle qualifica di “data scientists” ai giovani, con la motivazione che essi non usano i dati, ma usano servizi proposti da altri che sfruttano grandi moli di dati, di solito senza che i ragazzi stessi ne siano consapevoli.

Da questa evidente vulnerabilità delle nuove generazioni, poco osservata dal mondo dei cosiddetti adulti, emerge un forte squilibrio. È proprio su tale squilibrio - nota Penge - che potrebbe basarsi la fondatezza della proposta dell’inserimento della materia Filosofia negli istituti tecnici, data l’esigenza di favorire nelle ragazze e nei ragazzi la nascita di uno spirito critico, di una capacità valutativa e decisionale, in direzione del graduale configurarsi di un atteggiamento libero e autonomo.
A questo punto, però, in seno all’articolo emerge una domanda cruciale:  "Come si impara il pensiero critico?".
Nell’articolo si ribadiscono e si suggeriscono alcune strade, tutte generalmente battute dai docenti di filosofia e da ritenere valide in sé, ma da considerare oggi in qualche modo insufficienti e/o “inattuali”.
“Le buone abitudini del pensiero - afferma Penge - devono essere accompagnate da un’analisi del contesto reale, della concreta situazione in cui si troviamo tutti” a partire dalla consapevolezza dell’esistenza di milioni di dispositivi programmati da qualcuno per raccogliere e scambiarsi dati in funzione degli obiettivi di business”.
Insomma, c’è sufficiente attenzione alla manipolazione dell’informazione cui siamo sottoposti? Quanto siamo eterodiretti (e soprattutto le nuove generazioni) nei nostri comportamenti, negli stili di vita, nei consumi? Ricordiamo che eminenti filosofi si sono già misurati nel ‘900 con questi interrogativi e con le possibili conseguenze di tali fenomeni.

Da queste osservazioni ho tratto una conclusione. Sono convinta che in un nuovo approccio didattico, favorito dall’abilità, attualmente sempre più potenziata, nell’uso dei nuovi linguaggi della comunicazione, la filosofia potrebbe contribuire molto ad aprire “squarci critici”, a ridurre l’incertezza diffusa, rispetto alla potente massificazione e omologazione dei comportamenti collettivi.  Occorrerebbe però sfruttare al meglio la sua valenza intrinsecamente euristica e socraticamente liberatoria.
Lavorare in questa direzione, formulare progetti per raggiungere quest’ultimo obiettivo potrebbe giustificare pienamente l’innovazione (a mio avviso sensata e fattibile) consistente nell’inserire questa materia non solo negli Istituti tecnici ma in tutti gli ordini della scuola media, inferiore e superiore.

Rosanna Angelelli, nella parte iniziale del suo articolo "La filosofia nei tecnici" ("insegnare", 22/11/2021), fa riferimento a due discussi interventi pubblici, significativi per annunciare l’intenzione di inserire l’insegnamento della filosofia negli Istituti tecnici, ovvero all’evento veneziano su “Etica ed intelligenza artificiale”, promosso dall’istituzione Aspen, e al dibattito al liceo Malpighi di Bologna. In entrambe le occasioni il ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi era uno di relatori.
Nel corpo dell’articolo Rosanna Angelelli cita poi altre dichiarazioni ufficiali che spiegano gli obiettivi riformatori, nella direzione già detta.
In particolare, si pone attenzione a un’espressione usata dal ministro Bianchi nel corso del suddetto convegno. Ponendosi l’obiettivo di una gestione soddisfacente dei big data egli sostiene: “Non abbiamo abbastanza risorse umane e competenze morali”.
Il senso probabile della frase, come suggerisce l’Autrice dell’articolo, va individuato alla luce dell’intenzione dichiarata dal Ministro, cioè di introdurre la filosofia negli Istituti tecnici, al fine di aiutare i giovani a fare un uso appropriato e socialmente accettabile delle competenze possedute nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche. Altre affermazioni successivamente citate, desunte da interventi pubblici del Ministro, ribadiscono tale proposito ma, a mio avviso, lasciano interdetti per la loro ovvietà e per i limiti dell’approccio usato nel presentare la complessa questione del rapporto tra il mondo giovanile e i cambiamenti epocali del mondo globale, dominato dall’informatica:
“Penso al telefonino, al computer, cioè all’intelligenza artificiale. Ma bisogna farlo con capacità critica. Bisogna saper leggere l’attualità. Quando studi filosofia, devi entrare con capacità critica nel dibattito vax no vax. Ma sei fortunato di poter usare la lettura critica che parte da Kant che non è un libro da mettere nella biblioteca. É lo strumento concettuale con cui puoi affrontare il mondo di oggi”.

In altri punti dell’analisi Rosanna Angelelli, in merito alla prospettiva di introdurre negli istituti tecnici, a fini formativi ed educativi, interrogativi e dilemmi di natura etica, esprime una forte perplessità, riportando invece con forza l’attenzione sulla problematica e irrisolta questione dell’incontro virtuoso tra sapere tecnico scientifico e umanistico, nei curricoli dei Tecnici.
Contrapponendosi alla proposta di introdurvi una nuova materia, l’Autrice ribatte che, senza operare uno stravolgimento nell’organizzazione delle discipline, un forte stimolo alla discussione di temi fondamentali, in ambito etico e civico, potrebbe più validamente e linearmente essere esercitato da discipline già presenti nel corso di studio degli Istituti tecnici e non solo, quali la Storia e il Diritto. Così si potrebbe attribuire il ruolo che realmente merita all’Educazione alla cittadinanza.

Proseguendo nell’esposizione del suo pensiero, Angelelli avanza un’altra obiezione che mi sento di condividere: “Se si vuole evidenziare il valore euristico ed epistemologico della filosofia nell’ambito degli studi tecnici - i complessi nodi interpretativi sul senso del mondo e degli esseri che lo vivono mai come oggi sono strettamente collegati alle problematiche scientifiche e a quelle tecniche-, si devono avere ben chiari i pre-requisiti e gli strumenti interpretativi necessari per accedere alla disciplina: la concettualizzazione poggia su un linguaggio formalizzato specialistico tutt’altro che semplice”. 
Pur essendo pienamente consapevole della validità di questo giudizio e degli argomenti su cui è fondato, io tendo però a interrogarmi sulla necessità di riflettere seriamente su una diversa prospettiva. Esiste oggi, a mio avviso, la possibilità di mettere in atto strategie comunicative che, sfruttando le potenzialità della relazione interpersonale che si instaura tra il soggetto - discente e il soggetto - docente, nell’insegnamento della filosofia, permettano lo sviluppo della capacità di consapevolezza personale e l’instaurarsi graduale di fondamentali abilità linguistiche e argomentative con modalità che attualmente non sono pienamente adottate. Se l’insegnante si mette alla prova, rinunciando di impostare la lezione unicamente come un’esibizione del proprio sapere, come un’ancora di salvezza personale che funge da rassicurazione (tutti noi docenti abbiamo vissuto questa situazione psicologica…), potrebbero aprirsi scenari nuovi in ambito didattico. Pur non trascurando infatti la trasmissione dei saperi canonici, si potrebbero individuare in partenza campi d’indagine tali da permettere un reale e fattivo scambio di esperienze nel gruppo - classe.  Ciò significa porre sul tappeto in forma dialogica (rifiuto il riduttivo termine debate) spunti e problemi evidenti nel contesto. Come afferma Stefano Penge nel contributo citato:
"Credo che si possa anche acquisire, con la pratica personale e l’esercizio in classe, un metodo col quale affrontare le discussioni tra pari senza far prevalere il più forte, come credo che si possa imparare a non dare per scontato che tutto quello che dicono gli adulti è vero; o che si possa imparare ad analizzare una sedicente dimostrazione, per esempio all’interno di un discorso politico o pubblicitario, per valutarne la correttezza logica."
Tale “preparazione al metodo democratico” sarebbe propedeutica alla piena fruizione dei testi filosofici, che avverrebbe successivamente con vari gradi si difficoltà, a seconda delle risposte fornite. In tal modo l’approccio con i Classici della filosofia non avverrebbe in modo dogmatico e rigido, ma potrebbe realmente divenire vivo e fecondo.
Mi pongo anche questa domanda: se si proponessero azioni didattiche impostate in questo modo già nella fascia d’età adolescenziale, nella scuola media inferiore, ne potrebbe scaturire qualcosa di positivo?

In conclusione, per i motivi che ho cercato di spiegare, non sono contraria all’introduzione della Filosofia nei Tecnici (in una prospettiva multidisciplinare), ritengo inoltre importante un rinnovamento dell’insegnamento delle Filosofia anche nei Licei e, infine, mi piacerebbe che “semi” filosofici fossero piantati anche alle medie inferiori. Sarebbe una bella sfida da intraprendere!

Scrive...

Annalisa Marcantonio Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; fa parte del direttivo del CIDI di Pescara e partecipa alle iniziative di formazione della Società Filosofica Italiana (SFI), sezione di Francavilla al Mare.