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09/08/2022

Il docente esperto - un boomerang per la scuola democratica

di Angela Caruso

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Chi dovrebbe essere il "docente esperto"?

Il docente esperto è una nuova figura introdotta dall’art. 39 del c.d. Decreto "Aiuti Bis", approvato al Consiglio dei Ministri del 4 agosto 2022.
Tale qualifica sarà operativa a partire dall’anno scolastico 2032/2033, tra 10 anni da oggi, e vi accederanno i docenti di ruolo che abbiano conseguito una valutazione positiva per aver superato tre percorsi formativi consecutivi e non sovrapponibili. La nuova figura nasce nell’ambito della riforma del reclutamento e formazione dei docenti ultimamente approvata con il Decreto PNRR, per valorizzare la professione.
Come si diventa "docenti esperti"?

I criteri con cui si ottiene la qualifica di docente esperto sono delegati alla contrattazione collettiva, mentre le modalità di valutazione sono quelle precisate nel regolamento previsto dal comma 9, articolo 16 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 59.
Ad oggi il Decreto "Aiuti Bis" definisce che in sede di prima applicazione si utilizzino i seguenti criteri di valutazione e selezione del docente esperto:
 - media del punteggio ottenuto nei 3 cicli formativi consecutivi per i quali si è ricevuta una valutazione positiva;
 - in caso di parità di punteggio diventa prevalente la permanenza come docente di ruolo nell’istituzione scolastica presso la quale si è svolta la valutazione;
 - in subordine, l’esperienza professionale maturata nel corso dell’intera carriera e i titoli di studio posseduti. Se necessario saranno valutati i voti con cui sono stati conseguiti tali titoli.
Quanto guadagna un "docente esperto"?
La figura del docente esperto ha diritto a un assegno annuale di importo pari a 5.650 euro. Un docente esperto guadagnerà quindi il suo stipendio annuo, che va da un minimo di 19.000 euro circa all’inizio della carriera a un massimo di 33.000 euro circa a fine carriera, a cui si aggiunge la quota suddetta.
Quali sono le sue funzioni?
La qualifica di docente esperto non comporta nuove o diverse funzioni oltre a quelle dell’insegnamento.

Esperto, aggettivo carico di complessità. La sua etimologia, dal latino expertus, mette in evidenza l’aver affrontato una ricerca, una sperimentazione; l’aver “provato e riprovato”. Pertanto, l’esperienza non può essere delegata e riconosciuta a un unico docente, come qualifica esclusiva, ma è parte integrante, a più livelli, del fare scuola.

Va ricordato, in primis alla scuola stessa (in tutte le sue posizioni) e poi all’opinione pubblica, che per diventare insegnante è necessario possedere, oltre alle conoscenze contenutistiche, molteplici competenze, che non possono essere legate all’occasionalità e alla predisposizione personale, ma a un percorso formativo intenzionale.

Il docente, di ogni ordine e grado, deve essere un professionista in grado di sviluppare apprendimento, di originare conoscenza partendo dalla riflessione delle pratiche lavorative quotidiane (Fabbri, Striano, Melacame, 2008).
John Dewey (1984) chiede all’insegnante di diventare un investigatore della propria disciplina, attraverso la padronanza di un metodo scientifico; analogo pensiero è in Lawrence Stenhouse (1975) e in Donald Schön (1983), i quali tratteggiano un modello di docente esperto, un ricercatore riflessivo.

Il docente deve essere «capace» di generare motivazione; «abile» a formare intelligenze critiche e creative capaci di leggere la complessità; «competente» nel destreggiarsi tra ricerca, riflessione e valutazione.
Si delinea così una figura professionale complessa, generatrice di pluralità, di dialogo, di crescita, di innovazione, nonché di democrazia. Quella democrazia che si costruisce attraverso la comunità di pratiche tra professionisti riflessivi, in luogo della quale la nuova figura insinua un meccanismo in cui si predilige il merito, il risultato, la produttività, l’impazzante oggettività.
Diventa, ora più che mai, evidente la contraddizione “insanabile” fra la natura intrinseca dell'essere docente - che dovrebbe caratterizzare ciascuna/o di essi - e tali ipotesi normative che tratteggiano invece un paradossale percorso di premialità solo per alcuni di essi. L’idea legislativa, infatti, non riguarda il come migliorare la natura e l'efficacia del fare scuola, ma come creare un’articolazione meritocratica e divisiva nel corpo docente.

Le perplessità che emergono pongono interrogativi insistenti:

  • L'insegnante è davvero un professionista aziendale?
  • L’insegnante può essere un esperto una tantum e in assoluto?
  • Si è esperti per sempre o passato un qualche tempo dopo l'imprimatur ottenuto ci si può/deve aggiornare nuovamente?
  • Esperto, inoltre, su che cosa? Saperi, didattica, promozione di apprendimenti?
  • Su cosa può essere risolutivo un esperto in permanenza, se i saperi sono in continuo movimento e se la didattica è situata in una sua specificità d'aula e di Consiglio?
  • Infine, da quale criterio viene il suo numero ridotto? Competizione e discriminazione meritocratica di origine aziendalistica su cui si vorrebbe fissare la professione docente.

Tutto questo - approssimazione, incertezza, ambigua direzionalità - diventa un pericoloso boomerang che colpisce la scuola democratica nella sua parte tenera: il fare scuola quotidiano. Questo accade a più livelli, nella didattica, nel corpo insegnante, nella parte amministrativa. Le parole ricorrenti ormai sono: prestazione, efficacia, management; così dimenticando quel prezioso lessico scolastico che i grandi maestri ci hanno tramandato. La snaturizzazione della scuola è ormai evidente.

Se abbiamo bisogno di docenti esperti per risollevare le sorti di questa struttura costituzionale vuol dire che la qualità dell’insegnamento è bassa e deludente. Un circolo vizioso, pericoloso, lontano dalla pedagogia e dalla stessa funzione essenziale della scuola che ci deve porre degli interrogativi.
Vanno poste invece riflessioni fondamentali sulla formazione, sulla selezione del personale, sui tempi didattici, sulle scelte delle recenti Direttive Ministeriali, sulla professionalità docente, sul conflitto fra natura individuale o collegiale della funzione docente e la tenuta oggi dell'impianto disciplinare.
Il concetto dell’insegnamento legato all’esperienza è importantissimo, ma l’esperienza si costruisce attraverso la pratica, la ricerca, la formazione (in tutte le sue forme), la condivisione e la riflessione con la comunità educante.


Va rimarcato che l’esperienza non può essere un’esclusiva, non può essere delegata a un’élite, non può essere incentivata con un compenso economico (solitario e discriminante).
Molti sono i buchi e le perplessità che attanagliano la figura del "docente esperto": la modalità e la scelta dei percorsi formativi, il metodo di selezione, la valutazione, il ruolo effettivo da svolgere per e con la scuola. Elementi pericolosi che andrebbero a danneggiare l’Istituzione scolastica nel suo mandato costituzionale.

Piero Calamandrei affermava, a gran voce, che “Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte costituzionale”.
Peccato non aver continuato le rotte tracciate dai grandi Maestri.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

DEWEY J., Le fonti di una scienza dell’educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1984 (ed. or. The Sources of a Science of Education, New York, Livering Publishing Corporation,1929).

FABBRI L., STRIANO M., MELACARNE C., L'insegnante riflessivo. Coltivazione e trasformazione delle pratiche professionali, Milano, Franco Angeli, 2008.

SCHÖN D. A., Il professionista riflessivo. Verso un’epistemologia della pratica, Bari, Dedalo, 1993 (ed. or. 1983).

SCHÖN D. A., Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della formazione e dell'apprendimento nelle professioni, Milano, Franco Angeli, 2006.

STENHOUSE L., An Introduction to Curriculum Research and Development, London, Heinemann, 1975.

 

Scrive...

Angela Caruso Docente nella scuola secondaria di primo grado e dottore di ricerca in "Studi Umanistici" presso l'Università degli Studi "G. d'Annunzio". Membro direttivo del CIDI di Pescara

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