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29/05/2015

La scuola autoritaria come dispositivo educativo

di Igor Piotto

Un passaggio d'epoca
Il Disegno di legge di “Riforma del sistema scolastico” rappresenta un passaggio d'epoca nella configurazione del sistema educativo italiano sia per i fondamenti su cui poggia sia per le finalità intrinseche e latenti che esprime.
Nonostante questo, il dibattito intorno al Ddl 2994 rischia di trovare una rappresentazione distorta nell'immaginario collettivo, ristretta ad un insieme di “tecnicismi” che sposta nel sottosuolo del senso comune la cultura educativa e pedagogica che alimenta quel Disegno di legge. L'accentramento dei poteri nella figura del dirigente scolastico, il progressivo inaridimento degli organi collegiali, architrave dell'impianto democratico della governance scolastica, la compressione della libertà di insegnamento attraverso un sistema valutativo di tipo mercantile, sono alcuni degli elementi di un progetto di destrutturazione del sistema scolastico che troverà nelle leggi delega e nei decreti attuativi un ulteriore passaggio di consolidamento. Questi elementi sembrano lasciare in secondo piano la concezione neoliberista dei processi educativi che presiede il progetto nel suo complesso, solo parzialmente riconducibile alla visione aziendalistico-autoritaria espressa nel disegno di legge stesso.

Uno specifico dispositivo pedagodico
Viene strutturata una concezione dei processi educativi attraverso la proposta di un dispositivo pedagogico con specifici e riconoscibili tratti distintivi.
L'analisi di Foucault (1982, 1993) e successive elaborazioni sono un supporto decisivo in questa incursione teorica nei cunicoli della lettura neoliberista dell'istruzione pubblica.
Il dispositivo costituisce un insieme strutturato di discorsi, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, rituali, metodologie, prescrizioni, proiezioni sociali. Al suo interno ritroviamo un insieme eterogeneo di elementi tenuti insieme da legami funzionali che vanno a strutturare la trama di una rete che legittima e sostiene specifiche pratiche culturali e sociali; come scriveva Deleuze (2007), il dispositivo non è composto solo da enunciati ma anche da coni di luce che fanno convergere la visibilità su alcuni aspetti a discapito di altri. Luce e contenuti. Esso costituisce un' unità strutturale in relazione alla coesione delle sue pratiche interne e in funzione degli obiettivi strategici che si propone di perseguire. Non sempre “enunciati” in modo esplicito, ma visibili attraverso la selezione delle sue pratiche. Obiettivi strategici che non possono essere separati, e qui sta il nucleo dell'analisi foucaultiana, dal campo delle forze sociali e dai rapporti di potere che queste esprimono.

Il dispositivo è sempre inscritto in rapporti di potere, la cui posta in gioco centrale riguarda i processi di soggettivazione, ovvero le modalità attraverso le quali si articolano e prendono forma le strutture di personalità. Sulla linea di questa argomentazione l'educazione quale dispositivo pedagogico si compone di pratiche nelle quali si intrecciano e sovrappongono (come vedremo secondo una specifica logica di disposizione) discorsi e saperi, linguaggi e significati, nelle quali si manipolano oggetti e si strutturano spazi di azione; tutti questi elementi definiscono la grammatica entro la quale vanno a costituirsi le soggettività.
In questa prospettiva analitica, l'educazione come dispositivo pedagogico è il luogo geometrico in cui sapere e potere definiscono la matrice generativa della soggettività; è il contesto nel quale vengono messe in atto procedure e pratiche la cui finalità è quella di strutturare culture e personalità secondo obiettivi che rispondono a priorità definite dai rapporti di potere da cui discende la funzione strategica del dispositivo medesimo. Più specificatamente, ciascuna componente dimensionale del dispositivo non può essere disgiunta dai rispettivi riferimenti culturali, che giustificano e legittimano le finalità educative.

Per questo l'educazione è un dispositivo complesso, comprensivo di diversi ordini (naturale, biologico, psicologico, sociale, culturale, semiotico, storico); una complessità che ha sollecitato una lettura che guardava all'educazione come dispositivo esistenziale (Massa, 1981) decisivo nel condizionare la modalità con cui il soggetto si appropria degli strumenti necessari a instaurare relazioni e a inoltrarsi criticamente nel percorso quotidiano dell'intellegibilità del reale.
Per questo l'educazione è cruciale nella costituzione della soggettività.

La cultura educativa neoliberista
È evidente che la nozione di dispositivo quale strumento analitico può trovare applicazione in un contesto inclusivo e democratico come può fare da supporto ad una analisi della cultura educativa neoliberista. Rispetto a quest'ultima la ricostruzione della proposta pedagogica non parte dalla struttura del dispositivo ma dall'esito dei processi di soggettivazione; non dalle pratiche che vanno a supportare i processi educativi ma dalle finalità degli stessi.

Il significato della cultura educativa neoliberista emerge con chiarezza dalle elaborazioni di Abravanel, a partire dalla sua ultima pubblicazione (2015): il processo educativo deve essere sottosposto ad una “valutazione oggettiva” attraverso il continuo ricorso a forme di monitoraggio tramite test e tale valutazione costituisce la premessa per la misurabilità degli apprendimenti e allo stesso tempo l'immagine, ovvero la rappresentazione della capacità di insegnamento. La misurabilità della prestazione lavorativa secondo parametri definiti oggettivi diventa in questo frangente una forma di assoggettamento che procede attraverso la sottrazione degli spazi di collegialità in una sorta di condizionamento dispotico della prassi educativa che non risponde più a finalità formative ma trova legittimazione nella subordinazione al principio di prestazione competitiva.

Il dirigente, in questa visione dispotico-autoritaria, assume un ruolo selettivo secondo modalità suscettibili alla logica dello scambio. L'insegnamento diventa una merce che si separa dal soggetto che eroga la proposta educativa secondo un processo di progressiva e crescente de-soggettivazione: occorre neutralizzare l'irriducibilità dell'insegnante come soggetto costituente, il freno alla mercificazione del lavoro educativo. La mercificazione del lavoro avviene attraverso la strutturazione di prodotti formativi formalizzati e standardizzati: sono moduli, alla stregua di pacchetti di conoscenze, gerarchicamente strutturati secondo una consequenzialità che accompagna lo sviluppo evolutivo degli allievi e configura un ruolo “esecutivo” dell'insegnante sempre più ampio. Il concatenamento concettuale si conclude con la visione dell'offerta formativa secondo il principio del “quasi mercato”: sono i clienti (alunni e famiglie) a scrivere la mappa del mercato scolastico (le preferenze che orientano l'attenzione sulle scuole migliori alla stregua di una procedura di customer satisfaction), determinando in tal modo una stratificazione dell'offerta formativa. Sulla base delle indicazioni ministeriali il dirigente assume così il ruolo di agente di mercato che sceglie, orienta, dispone e organizza il lavoro in base agli indici di soddisfazione del mercato; sostituisce il contratto quale autorità salariale.

La mutazione della prestazione lavorativa
Un impianto di questa natura configura un dispositivo pedagogico che ha come asse distintivo la mutazione della prestazione lavorativa: la soggettività dell'insegnante viene privata degli spazi di libertà, sottoposta a misurazione e formalizzata nei suoi passaggi esecutivi. Da qui discende, per riprendere un'espressione di Marx nei Grundrisse (1969), una sorta di duplicazione esistenziale della merce-insegnamento: da un lato si consuma la rottura tra soggetto e prestazione, dall'altro la soggettività deprivata di un riconoscimento è cruciale nella gestione dei processi educativi.

La soggettività non scompare, diventa solo funzionale alla produzione del valore di scambio della merce insegnamento. Mercificazione e de-soggettivazione del lavoro educativo sono le coordinate del dispositivo pedagogico neoliberista. L'elemento unificante del dispositivo pedagogico di matrice neoliberista tende a determinare una sovrapposizione tra coloro che svolgono attività di insegnamento e coloro a cui questo è indirizzato: una logica competitiva di normalizzazione soggettiva.
Sul versante dell'insegnamento la trasformazione dell'istituzione in impresa è incardinata sull'interiorizzazione della logica aziendale nelle prassi di lavoro: il soggetto che si misura con l'insegnamento è chiamato a sottoporre il proprio agire a condotte disciplinari interamente regolate dal binomio incentivi/sanzioni in base alle indicazioni del mercato dell'istruzione.

Il soggetto competitivo è parte di una trama di processi disciplinari concatenati volti a normalizzare l'azione individuale in base al criterio dell'efficienza economica, alla competizione generalizzata con i colleghi (da cui deriva il depotenziamento delle pratiche cooperative e collegiali, già ampiamente indebolite negli anni), veicolata dalla tecnologia valutativa che assume chiaramente il profilo di una modalità di controllo e regolazione. La centralità del mercato nella costituzione dell'offerta formativa agisce come leva per una oggettivazione costrittiva. Le preferenze del mercato presentate come naturali ed oggettive, apparentemente sganciate da ogni sistema valoriale, forniscono la base di legittimazione per un nuovo assetto di potere privo di reali controbilanciamenti.
L'individualizzazione della prestazione è funzionale ad una sorta di economia psichica dell'internalizzazione della logica aziendale; qui l'ideologia del merito costituisce l'espressione egemonica di una catena di significati che sorreggono in modo latente la semiotica del potere nei processi educativi. L'incorporazione della logica aziendale rende superflua, nella narrazione neoliberista, lo strumento del contratto di lavoro che si rivela residuale rispetto alla concorrenza dell'insegnante quale microimpresa individuale.
L'approvazione del disegno di legge, si dice nel testo, determinerá la disapplicazione delle prerogative contrattuali.
Nelle schegge di questo progetto si riconoscono le tracce di una nuova morfologia del dominio che si sviluppa attraverso la conoscenza e le modalità di accesso ad essa. Un dominio che si annida nel senso comune, ovvero nei cunicoli di senso che forniscono legittimazione ad un principio di efficienza costruito intorno a competizione e merito, oscurando il significato di liberazione sotteso ai processi educativi.

Un conformismo competitivo
L'habitus, almeno secondo la ricerca di Bourdieu (2001), è al centro dei processi educativi: è strutturato perché configura categorie e percezioni incorporate dai soggetti che rendono possibile l'appropriazione del significato di ciò che ci circonda, ma allo stesso tempo è strutturante perché da queste categorie e percezioni discendono scelte e azioni. Il dispositivo pedagogico neoliberista asseconda gli habitus, li consolida, ne fa derivare profonde disparità sociali che riproducono le disguaglianze sociali originarie; è un dispositivo educativo, in quanto socialmente selettivo. Esclude a priori l'appropriazione consapevole di strumenti critici, congela i flussi della conoscenza quando questi si misurano con la trasversalità dei saperi e dei linguaggi, nella loro intermedialità, quali elementi che possono scongiurare non solo la manipolazione ma anche il cedimento verso forme di conformismo mimetico.

I piani del sapere, proprio perché formalizzati (precondizione della loro misurabilità) non possono cedere a slittamenti e intersezioni. Un rischio che chiama in causa le contraddizioni della teoria dei ruoli in ambito educativo; ovvero il rischio che l'educazione non sia sufficientemente critica nei confronti di tutto ciò che propone, in modo coestensivo, la sovrapposizione e la coerenza tra i ruoli sociali e gli orientamenti di valore dei soggetti, con l'interiorizzazione della norma sociale senza strumenti critici di distanziamento dalla stessa. A questo riguardo gli interventi in materia di diversabilità e difficoltà nell'apprendimento riaffermano in una chiave regressiva antiche tentazioni, mai sopite, di medicalizzazione dei soggetti che presentano specifiche criticità.
Integrazione, identità e conformità, senza controbilanciamenti sono i rischi contenuti nella narrazione autoritaria del discorso pedagogico neoliberista.

Si tratta di una narrazione che propone quella che efficacemente Gramsci chiamava la rivoluzione molecolare; un processo che interviene nel nesso tra corpo e mente, interviene in quel centro di “annodamento” che è il soggetto, mutando la rete dei rapporti la sua percezione delle relazioni ed impedendo il passaggio dall'oggettivo al soggettivo, ovvero l'appropriazione di strumenti critici di direzione consapevole di se stessi. La dimensione molecolare è parte di una rivoluzione passiva che ha coinvolto anche la scuola pubblica italiana.
Restituire soggettività all'insegnamento non comporta unicamente un atto di resistenza rispetto ad un progetto autoritario. Significa riprendere il filo di un dibattito pedagogico, spesso lasciato in sospeso o dato per scontato, poiché epistemologicamente presupposto nelle pratiche della quotidianità.
Il conflitto che si è aperto ha come posta in gioco non solo le singole misure contenute nel disegno di legge: ha come posta in gioco la strategia pedagogica della scuola italiana.
La difesa della scuola della Costituzione è l'affermazione del processo educativo come sovversione cognitivo-culturale, quella catarsi che ci consente di scuotere il nostro presente con lo sguardo dell'analisi. L'egemonia è sempre un conflitto di ideologie e di culture. 
Per questo la nostra mobilitazione continua.

 

Riferimenti bibliografici (in ordine di rifementi interni al testo)


Abravanel R., D'agnese L., La ricreazione è finita, Milano, Rizzoli, 2015.
Massa R., Educare o istruire, Milano, Unicopli, 1981.
Foucault M., "The Subject and Power", Critical Inquiry, vol.8, n.4, 1982.
Foucault M., Sorvegliare e punire, Torino, Einaudi, 1993.
Deleuze G., Che cos'è un dispositivo, Cronopio, 2007.
Marx K., Grundrisse, Lineamenti fondamentali di critica dell 'economia politica, Firenze, La Nuova Italia, 1969.
Bourdieu P., La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 2001.
Gramsci A., Quaderni dal carcere, Torino, Einaudi, 2007.

 

Immagine a lato


A. Canova, Insegnare agli ignoranti, Museo Correr, Venezia.

 

Segnaliamo ai nostri lettori l'ampio contributo La dialettica e il dispositivo  con cui  Franco De Anna, sul sito di Pavone Risorse, risponde alle tesi qui sostenute da Igor Piotto. [n.d.r.]

 

Scrive...

Igor Piotto Dottore di ricerca in sociologia, Segretario generale Flc-Cgil di Torino