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28/09/2015

Da "La scuola e le mutazioni di fine secolo"

di Pietro Ingrao

dalla relazione al 22° Convegno Nazionale del Cidi, Napoli, marzo 1995, in Alba Sasso, a cura di, La cultura della scuola e la contemporaneità, La Nuova Italia, Firenze, 1996, pp. 151-157.
Una pagina di forte attualità che ci invita a riflettere su quanto nel frattempo la cultura della scuola si sia avvicinata o ancor di più allontanata dalla capacità di rispondere davvero alle sfide della contemporaneità..

2. Le grandi mutazioni di oggi

Oggi si può dire che siamo a un mutamento di orizzonte: a fenomeni impressionanti di globalizzazione dell'economia, e anche di unificazione capitalistica del mondo, sino al sorgere di nuove istituzioni dell'economia (e anche della politica) come per esempio l'impresa  transnazionaleche è qualcosa di diverso dalla stessa impresa multinazionale (quell'impresa che si espande in altri paesi, e tuttavia rimane fortemente radicata nel territorio nazionale). Siamo di fronte a una ristrutturazione mondiale delle grandi corporations industriali e finanziarie. Si aprono in questa situazione contraddizioni nuove, con mutamenti nella organizzazione del lavoro e processi finanziari, che ormai scavalcano le frontiere, uniti a fenomeni giganteschi di dumping sociale, che consentono alla grande impresa industriale di imporre i nuovi moduli - per così dire - postfordisti, dell'impresa-rete flessibile e snella. Nello stesso tempo una precarizzazione violenta della condizione lavorativa apre problemi inediti e ardui di formazione permanente: una formazione che sia capace di misurarsi con le nuove forme di mobilità lavorativa. Tutto il rapporto tra l'atto lavorativo e l'insieme dei saperi è in discussione nell'impresa informatizzata del nostro tempo. 

Insomma sta compiendosi una spettacolare - e dolorosa mutazione del paradigma sociale; ma tutto questo non viene per nulla immesso nel sapere di ogni giorno. Anzi accade che l'apprendimento di questa realtà, quando avviene, avviene in buona parte al di fuori della scuola; perché l'asse di lettura e di cultura che vive ancora oggi nell'istruzione scolastica è al di qua di questi fenomeni ad alta complessità e a forte differenziazione. 

Mi domando che cosa si dice e si sa nella scuola italiana di trasnazionalizzazione e globalizzazione dell'economia e dei mutamenti sconvolgenti che stanno investendo anche il Sud del mondo. 

Chiediamoci che cosa è, per esempio oggi, il mondo della Cina: sono un miliardo di persone e più, stanno mettendo in piedi o hanno messo in piedi una società particolarissima, che è un mix di centralizzazione e di capitalismo selvaggio, con una strana combinazione di innovazione capitalistica e di un regime però a forte controllo burocratico e statale. Oppure pensiamo, per esempio, alla storia attuale del Messico: al crollo della sua moneta, a questo miscuglio curioso di Sud del mondo e di Nord America, di arretratezza e di modernizzazione violenta. 

3. Trasformazioni sociali e immobilismo della scuola 

E ancora: il Novecento è il dispiegarsi aspro e convulso del contrattualismo sociale, in cui la forma del contratto e la soggettività legata a questo momento (capitale, lavoro, padrone, sindacato) hanno avuto. una forte esplosione.

Anche qui, quando vado a leggere gli esiti di questo processo, mi trovo di fronte a delle mutazioni impressionanti; c'è un lunga discussione per valutare in che misura noi stiamo ancora dentro il modello del fordismo o siamo entrati già in una fase nella quale anche alcune coordinate fondamentali del fordismo (che erano  l'insediamento nel territorio, la grande produzione di massa, la catena di montaggio) vengono meno, dando luogo a un'impresa, in cui mutano profondamente non solo i rapporti con il consumo, ma i rapporti tra padrone e lavoratore. Si è aperta una discussione, oggi, tra chi dice che tutto questo sta portando a un'integrazione ulteriore del lavoratore nella sfera di comando del padrone e chi sostiene invece che si stiano schiudendo degli spazi di nuovo intervento del lavoratore salariato. In connessione con questi fenomeni, è aperta oggi nel mondo la grande questione della fine del lavoro a tempo indeterminato. 

Io non sono molto convinto di tutta l'apologetica che si fa su questo tema della fine del lavoro a tempo indeterminato (si dice: è anche un'esigenza umana quella di uscire dalla ripetitività). E tuttavia quando l'atto lavorativo si trasforma, come si sta trasformando oggi in Italia e non solo in Italia, in profondi processi diprecarizzazione, in cui non c'è più la certezza non solo del lavoro di tutta una vita, ma nemmeno del lavoro sans phrase, tutto il tema della formazione (e del rapporto tra formazione e lavoro) prende una centralità nuova, aspra. 

Ci sono oggi centinaia di migliaia di giovani, già ora entrati o prossimi a entrare, in questa mutazione sorprendente. Ma non vi entrano in contatto e non la vivono nella scuola. Noi non prepariamo il giovane, la ragazza, a fare i conti con questi cambiamenti dirompenti che investono la natura, i caratteri, i saperi connessi all'atto lavorativo. 

Ecco allora la prima grande questione, che io sento come necessaria da affrontare, se vogliamo ristabilire un corso felice tra formazione scolastica e maturazione della contemporaneità. 


Nell'immagine a lato, Pietro Ingrao, nel 1995, al tavolo del 22° Convegno Nazionale del Cidi, da 40 anni di Cidi per una scuola migliore, a cura di Emma Colonna e Margerita D'Onofrio, Cidi, 2012.