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09/09/2017

Quel che ci unisce

di Magda Ferraris

Se il fine che riguarda e preoccupa noi insegnanti è tenere tutti gli studenti a scuola, facendo in modo che diventino cittadini capaci di rivendicare i loro diritti e riconoscendo i loro doveri, allora si ha la sensazione che da tanti anni nessun governo, nessun ministro, nessun ispettore, pochi presidi e qualche insegnante stiano lavorando in questa direzione. Non sono serviti libri, iniziative, documenti, riviste, discorsi, invettive, cortei, scioperi. Né audizioni, stati generali, forum.

Però io ho la fortuna di stare ancora dentro questa nostra scuola. Ho la fortuna di vedere in faccia ogni giorno i ragazzi che proseguiranno sicuri perché hanno avuto in sorte una famiglia capace di sorreggerli e quelli che perderemo perché maschi, ripetenti, stranieri, figli di famiglie sfortunate. E, nonostante tutto, sento la responsabilità come cittadina adulta di occuparmi di ognuno di loro, di contestare l'impostazione aziendalista che la scuola sta assumendo, di svelare l'inganno dell'ASL, ma soprattutto di fare in modo che i ragazzi delle classi dove insegno abbiano gli strumenti per capire almeno un po' della realtà che li circonda.

Questa è retorica? No: è bisogno esistenziale e senso di responsabilità.  
Ho anche la fortuna di confrontarmi ogni giorno con i colleghi del Cidi che con fatica, disillusioni, grande competenza e infinita pazienza (chi più, chi meno) leggono, smontano, rilanciano, parlano, ascoltano, contestano, protestano, costruiscono e mantengono alta la speranza che se la scuola funziona almeno in qualche luogo (un tempo quel luogo si chiamava Vho e manco sapevamo dove fosse) … allora, forse, c'è ancora spazio per il cambiamento.

Nel Cidi ho anche un'altra responsabilità: quella nei confronti degli insegnanti che vedono nella nostra associazione un luogo dove è ancora presente, attivo, vivo e vivace il terzo articolo della Costituzione, dove non si confonde istruzione del bambino e dell'adolescente con lavoro retribuito dell'adulto. Dove non si confonde l'istituzione scolastica con l'azienda/impresa. Dove non si confonde il preside con il manager. Dove tutti i giorni ci si confronta, si studia, si impara, ci si infiamma, ci si indigna. Dove si può dire ad alta voce che l'ASL non migliora di un decimale le cifre sulla disoccupazione giovanile. Che togliere un anno di scuola non avvicina ad un posto di lavoro ma toglie opportunità culturali e sociali. Che togliere un anno di scuola può far felici solo quei ragazzi che possono trovare alternative di formazione altrove perché appartengono a quel pochi fortunati che possono scegliere. Lorenzo Milani, che lavorava con gli ultimi,dava loro tutto il tempo possibile, tutti i giorni.

Anche nel Cidi la dialettica è talvolta faticosa ma, con tutti i nostri difetti, i grandi principi non mi pare vengano traditi. Abbiamo perso molte battaglie (quella del voto soprattutto), ne perderemo altre (forse sarà difficile contrastare i quattro anni delle superiori) ma continueremo a operare perché siamo un'associazione seria, onesta culturalmente ed eticamente, con una storia gloriosa da rivendicare e da riprogettare. 

Nei prossimi mesi sarà interessante capire che cosa pensano e provano davvero gli insegnanti. Per capire dove stiamo andando.

Scrive...

Magda (Nuccia) Ferraris Insegnante di italiano e storia della scuola secondaria di II°; Presidente del Cidi Torino