Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.
(Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 3 dicembre 1938)
Nell’insegnamento letterario alcune figure, in particolare quelle femminili, rimangono in ombra, anche per lo spazio ridotto che viene loro riservato nei manuali scolastici. Pur non mancando il riferimento alla loro presenza nel panorama storico-letterario, come nel caso di Elsa Morante, i testi proposti nella sezione antologica dei manuali di letteratura sono spesso di numero limitato e tratti soltanto dai romanzi più noti.
La Morante autrice di racconti, che rappresentano una parte cospicua della sua produzione, rischia di essere in tal modo dimenticata. Per questo sembra opportuno a chi scrive soffermare l’attenzione su un racconto della scrittrice, Lo scialle andaluso (1951) che dà il titolo alla raccolta omonima edita nel 1963 [1].
Il racconto[2] è incentrato sul rapporto tra Andrea e sua madre Giuditta verso cui il bambino prima e il ragazzo poi nutre l’aspirazione a un legame esclusivo in una oscillazione continua tra adorazione e rifiuto, tra attrazione e repulsione. Le illusioni e le disillusioni si scontrano in entrambi con la realtà portandoli a vivere esperienze esistenziali dolorose, profondamente diverse da quelle immaginate. Quello narrato dalla Morante, in uno stile denso e serrato, è un percorso di crescita che delinea una figura maschile di adulto irrisolto, propria della narrativa del ‘900, e una figura femminile altrettanto irrisolta, in un conflitto perenne tra desideri e realizzazione mancata.
La lettura che viene qui proposta del racconto si articola in tre parti: un’analisi testuale condotta attraverso la rilevazione del lessico delle emozioni e dei sentimenti; una sintesi interpretativa; una proposta di riflessione sui temi di fondo che, per dirla con le parole di Pavese “ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.
Il lessico dei sentimenti e delle emozioni
Da una lettura attenta del testo e dalla rilevazione delle parole che rimandano alle sfere semantiche che esprimono modi e gradi delle emozioni primarie [3] risultano dominanti nel racconto l’ira, la tristezza e l’infelicità. L’ira viene espressa attraverso l’uso insistito di parole quali ira, collera, violenza, sdegno, rivolta, ferocia e dei relativi corradicali (rabbioso, feroce, disdegnoso, aggressivo ecc.). La tristezza è espressa attraverso il pianto le lacrime, i singhiozzi, il dolore, il silenzio, la solitudine (carcere/incarcerato). Nel testo sono rintracciabili anche elementi linguistici che esprimono uno stato di infelicità, attraverso parole ripetute quali amarezza, nostalgia, malinconia, angoscia.
Qualche esempio dal testo:
Analogamente, mediante la rilevazione delle parole chiave che rimandano alla sfera semantica dei sentimenti risulta centrale nel racconto il contrasto amore- odio: le parole odio e amore con i relativi corradicali (odiose, odiato; amatore, amato ecc), ripetute nel testo, sono presenti in passaggi significativi della narrazione.
Il sentimento più intenso è la passione di Giuditta per il teatro, in particolare per il Teatro dell’Opera di cui è parte del Corpo di Ballo: la parola Teatro/teatri compare ben 45 volte nel testo amato appassionatamente dalla madre. La Morante reinterpreta infatti il rapporto edipico sostituendo la figura del padre, che fa morire all’inizio del racconto, con il Teatro. In assenza di una figura paterna con cui scontrarsi e confrontarsi, l’antagonista di Andrea diviene il mondo del teatro.
Qualche esempio dal testo:
L'asse oppositivo dentro-fuori
Il racconto è percorso da una antitesi spaziale dentro-fuori legata ai comportamenti del protagonista: il dentro (la casa, lo sgabuzzino polveroso, il carcere forzato, la solitudine) in cui Andrea si isola e il fuori (le prove, l’Opera, i teatri ecc.), la “gentaccia” che gli porta via la madre e che lui odia e vede come eterni rivali. Le immagini di chiusura e di oppressione sono associate allo stato di disperazione di Andrea, gli ambienti angusti e oppressivi rappresentano il senso di esclusione e di isolamento in cui si ostina a vivere.
Lo scialle andaluso è un racconto lungo centrato su un complesso rapporto madre-figlio. La protagonista Giuditta, una giovane vedova con due gemelli, è animata da una grande passione per la danza, contrastata dalla famiglia d’origine e dal figlio Andrea, fin dall’infanzia. L’altra figlia è una figura poco centrale in una storia popolata da numerosi personaggi minori appartenenti ai diversi ambienti che fanno da sfondo alle vicende.
La storia è raccontata da un narratore di tipo ottocentesco, onnisciente e presente nella narrazione con due significative intrusioni: la prima, un’anticipazione della scrittrice circa le riflessioni del protagonista su parole malevole ascoltate per caso sulla madre Giuditta artista: “sulle quali – come sui commenti maligni uditi prima nel corridoio - la mente di Andrea doveva ritornare più tardi”. La seconda, un commento sul perdono incerto di Andrea: “egli ebbe pietà di lei, e le perdonò. Ma il perdono che nasce dalla compassione è un parente povero del perdono che nasce dall’amore”.
La storia, ambientata tra Roma e in una cittadina dell’Italia centrale, si svolge con una progressione lineare e cronologica degli eventi in una dimensione che sfuma in una realtà esistenziale senza tempo e senza luogo. Cinque le sequenze narrative: gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Andrea Campese; l’esperienza religiosa a dieci anni: la “santa estate” e l’avvio al sacerdozio in seminario; le visite di Giuditta al figlio in seminario; l’emozione forte della scoperta del manifesto teatrale con Giuditta danzatrice; il ritorno a casa: la rinuncia e la delusione.
Il titolo è emblematico: lo scialle è una sorta di veste protettiva con cui la madre avvolge Andrea la notte dell’abbandono della tonaca prima di fargli indossare un nuovo “abito da uomo”, da capofamiglia. Ma lo scialle andaluso è anche un abito di scena della madre e rappresenta la fantasia in cui Giuditta è avvolta fin dall’adolescenza. Indossarlo per il giovane è accettare in un qualche modo quel mondo tanto osteggiato e realizzare una momentanea simbiosi con la figura materna, un’illusione a cui farà seguito un ancora più sofferto disvelamento della realtà.
Nelle parole finali del racconto il destino del protagonista viene fissato nell’immagine di un triste e al contempo protervo eroe avvolto in uno scialle andaluso:
"Andrea spesso s’immagina il futuro quale una specie di grande Teatro d’Opera, dietro le cui porte s’aggira una folla sconosciuta, misteriosa. Ma il personaggio fra tutti misterioso, ancora sconosciuto a lui stesso, è uno: Andrea Campese! Come sarà? Egli vorrebbe immaginare il futuro se stesso, e si compiace di prestare a questo Ignoto aspetti vittoriosi, abbaglianti, trionfi e disinvolture! Ma, per quanto la scacci, ritrova sempre là, come una statua, un’immagine, sempre la stessa, importuna: un triste, protervo Eroe/ avvolto in uno scialle andaluso."
Raccontare la realtà e la verità della vita, delle sensazioni e dei sentimenti più profondi, è una ricerca che percorre tutta l’opera letteraria morantiana e, per questo le sue pagine, come sostiene Dacia Maraini[4], fanno parte delle grandi opere letterarie in grado di allargare i confini della consapevolezza umana. E, in questa ottica, scrive Nadia Setti [5], “Quando leggo Morante non posso mettermi dietro uno schermo e stare a guardare, proprio perché i corpi/il corpo sono in permanenza materia della lingua, attengono al sistema empatico e lo smuovono, fino allo strazio, alla compassione profonda”.
Il racconto Lo scialle andaluso, attraverso il linguaggio delle emozioni e dei sentimenti profondi e contrastanti, affronta una varietà di temi e sottotemi che possono fornire spunti significativi di riflessione per capire meglio sentimenti ed emozioni proprie e altrui e per acquisire consapevolezza di sé. Alcune questioni su cui discutere sulla base del racconto della Morante possono essere:
Per concludere, rileggere oggi Elsa Morante, anche nella produzione narrativa meno nota, apre non solo nuove prospettive interpretative sulla scrittrice ma fornisce occasione di riflessione su temi della società contemporanea attraversata da analoghe e complesse problematiche.
[1] Nuovi testi morantiani vengono resi oggi disponibili: i racconti giovanili (storie, novelle e aneddoti infantili apparsi in giornali e riviste) non compresi nella raccolta Lo scialle andaluso sono stati pubblicati in un volume dal titolo Racconti dimenticati, Einaudi, 2022.
[2] Il testo in ebook è disponibile a questo URL.
[3] Secondo la teoria di Darwin formulata in The expression of the emotions in man and animals e ripresa oggi dal neuroscienziato G. Rizzolatti, le emozioni primarie sono sei: ira, paura, sorpresa; disgusto, felicità, tristezza.
[4] Cfr. G. Misserville, in Morante la luminosa, a cura di L. Fortini - G.Misserville - N.Setti; Iacobelli editore, 2015, pp.12-13
[5] Cfr. N. Setti, op.cit. p.21