Home - matematica, scuola e dintorni - Una scuola per tutti : atto di ribellione o di giustizia?

di Paola Lattaromatematica, scuola e dintorni

11/09/2023

Una scuola per tutti : atto di ribellione o di giustizia?

Nel suo ultimo libro, Educare controvento [1], Franco Lorenzoni racconta maestre e maestri legati da vite ribelli, spese per rendere la scuola italiana più equa, più giusta, più attenta, più rispondente a quell’art. 3 della Costituzione, che dovrebbe guidare le scelte, le azioni, le prassi alla base del nostro sistema d’istruzione.
Si alternano, nelle pagine del libro, le figure di Piero Calamandrei e Don Lorenzo Milani, Nora Giacobini e Alessandra Ginzburg, Mario Lodi, Alexander Langer e poi Emma Castelnuovo, che di Lorenzoni è stata l’insegnante di matematica alle scuole medie.
Fino ad arrivare a due giovanissime donne, una svedese e l’altra afgana, Greta Thunberg e Malala Yousafzai, che da studentesse si sono ribellate nei loro paesi allo stato delle cose, ponendo questioni universali e urgentissime, con una forza commovente e disarmante, capace di valicare i confini delle nazioni in cui sono nate e d’imporsi all’attenzione del mondo intero.
I capitoli dedicati alla narrazione di queste vite straordinarie si alternano alla descrizione delle esperienze vissute da Lorenzoni con i suoi piccoli allievi, dalle quali emerge come il fondatore della Casa-laboratorio di Cenci, in Umbria, abbia tratto linfa e pensieri da quelle storie capaci di illuminare le scelte di chi insegna
[2].
In questa sequenza di figure potenti e appassionate, ci sarebbe stato benissimo un altro eccellente maestro ribelle, quel Pier Paolo Pasolini recentemente celebrato nel centesimo anniversario della sua nascita.  Non a caso, nelle pagine del volume Per una pedagogia emancipante. Pasolini con rustic amour [3], 
emerge con chiarezza, dai contributi dei diversi autori, che per il Pasolini maestro l’educazione è una questione politica e la scuola un luogo che deve agire per l’emancipazione delle giovani menti dei suoi studenti, altrimenti non ha senso.

Si tratta di convinzioni evidentemente comuni all’agire delle maestre e dei maestri ribelli del libro di Lorenzoni. Senza scendere nello specifico delle battaglie condotte da ciascuna e ciascuno di loro, il testo promuove, quindi, da una parte l’immagine di una scuola che possa essere davvero per tutti, a prescindere dal vissuto privato, dal contesto culturale, sociale ed economico di provenienza, a prescindere da eventuali disabilità: una scuola, cioè, che sappia sul serio garantire pari dignità, rimozione degli ostacoli e pieno sviluppo della persona umana e quindi, come si legge nel libro, “all’altezza della sua Costituzione”.
Ma, d’altra parte, il volume promuove anche l’idea di una scuola in grado di formare cittadini liberi e pensanti, e quindi incapaci di adattarsi passivamente a una realtà piena di storture, bensì propensi e pronti a far esplodere, attraverso quegli strumenti culturali che dovrebbero essere il risultato del tempo in aula, le contraddizioni in cui viviamo immersi.
I due aspetti sono senz’altro strettamente legati tra loro.

Sono convinta che questa visione di scuola sia alimentata in tante classi del nostro territorio, non senza fatica, da maestre e maestri a loro modo “ribelli”, che quotidianamente si scontrano con un sistema che, invece, nonostante  le Indicazioni nazionali o le chiacchiere vuote relative ai famigerati percorsi di educazione civica, procede compatto verso un’altra direzione, quella di una scuola troppe volte escludente e mortificante, il cui fine ultimo sembrano essere i voti in pagella, le carte a posto e un’apparente serenità che non crei problemi a nessuno.
Se pesco dal mio vissuto, alla ricerca di esempi significativi, in maniera particolare rispetto all’insegnamento di una materia, la matematica, che spesso viene purtroppo proposta con modalità che escludono e allontanano gli studenti, creando dei veri e propri corto circuiti emozionali negativi,  penso alla scuola inclusiva che è emersa dalle parole di Maria Mellone, presidente della Ciim, nel bel convegno “Ricerca in pratica: la ricerca in didattica della matematica per la scuola” (maggio 2023) [4], che ha raccontato come, a partire dal progetto Proud of you, la matematica possa essere strumento per creare coesione sociale.

O, ancora, penso ai “Percorsi di educazione libertaria e condivisa”, portati avanti da Giulia Cardone, da anni docente di matematica e fisica in diverse scuole di Palermo e per un periodo anche di Napoli [5].

Ma, più in generale, senza andare nello specifico di una singola disciplina o attività, penso alle esperienze di insegnamento all’aperto in risposta alla chiusura prolungata delle scuole durante la pandemia, che si sono realizzate in varie regioni italiane, e in particolare in Campania, dove la chiusura è stata protratta per un periodo infinito.
Penso a quelle scuole virtuose della periferia della mia città, dove, facendo sforzi straordinari, dirigenti illuminati e docenti appassionati riescono ogni giorno a compiere piccoli miracoli e a opporsi alla barbarie di un tempo in cui il Ministro dell’istruzione dichiara che umiliare gli studenti può essere cosa giusta e lo Stato pretende le bandiere a mezz’asta per la morte di un ex Presidente del consiglio che incarna tutto quello che la scuola mai dovrebbe essere.

O penso anche semplicemente a tutti quei docenti e quelle docenti che sanno cosa sono la cura e l’attenzione per i discenti e fanno una scuola che è sostanza e non forma, mettendosi spessissimo contro colleghi e dirigenti.
Queste esperienze coraggiose, però, e le tante altre che non ho nominato o che non conosco, restano comunque isolati momenti di bellezza e di senso in un panorama generale desolante.

Sorge allora legittima, necessaria e urgente una domanda: ma una scuola per tutti, ovvero una scuola capace di assolvere al suo compito (cioè formare e accendere e non ammaestrare e spegnere) dovrà continuare ad essere un atto di ribellione o potrà diventare un giorno un atto di giustizia?
Perché questo giorno arrivi, la scuola deve smettere di essere lo specchio di un paese classista e assuefatto al peggio, un luogo che invece di essere “possibilità”, troppo spesso è uno strumento per selezionare e alla base di tale selezione c’è quasi sempre il “merito” di nascere nel posto giusto (eppure, come si legge all’inizio di Educare controvento, “Nessuno sceglie dove nascere”).
E quella scuola dovrebbe far sì che le maestre e i maestri ribelli, quelli di Lorenzoni e quelli che, quasi sempre da soli e in territori difficili, riescono a realizzare esperienze sensate e preziose, smettano di essere bellissime e luminose eccezioni, e divengano modelli da seguire, a partire dai quali costruire un’altra idea di scuola. E di società.

Note

1. Si veda, su insegnare, la recensione di Maurizio Muraglia .
2. Anche insegnare ha deciso di dedicare alcune schede e riflessioni a “Maestre e maestri per chi insegna”.
3. Si veda, su insegnare, la
recensione di Annalisa Marcantonio .
4. Si vedano qui alcune informazioni sul convegno.
5. Qui alcune informazioni sul lavoro di Giulia Cardone.



 

Di che cosa parliamo


La scuola è un luogo politico, è il luogo dove formiamo i cittadini, e la matematica è uno degli strumenti più potenti a nostra disposizione per assolvere a questo compito. Tuttavia molto spesso questa disciplina, invece di aiutarci a coltivare l’intelligenza, la capacità di ragionare e il pensiero critico delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, viene insegnata in modo tale da ottenere l’effetto contrario. Chiedere di applicare formule calate dall’alto e di reiterare meccanicismi, di cui in classe spesso non si riesce neanche a cogliere il senso, per risolvere batterie di esercizi tutti uguali, infatti, più che a formare menti libere porta ad ammaestrare i pensieri e ad abituarli a non uscire da schemi predefiniti. Questa rubrica vuole provare a raccontare delle occasioni mancate, e di quelle in cui, invece, l’insegnamento della matematica, magari intrecciato ad altre discipline, è stato davvero una possibilità per andare verso una scuola più sensata e capace di assolvere al suo compito. Contro la narrazione e la costruzione della matematica come materia per pochi eletti, con un occhio sempre oltre i confini dell’edificio scuola e partendo dal presupposto che la matematica, al pari delle altre discipline, è un prodotto culturale e come tale deve essere guardata.

L’autrice


Insegnante di matematica, attualmente  presso l’Istituto tecnico Industriale Statale Leonardo da Vinci di  Napoli e socia fondatrice dell’associazione "Matematici per la città", che da anni si occupa di promuovere progetti contro la dispersione scolastica, con un approccio non tradizionale all’insegnamento della matematica.  Insegnante per il laboratorio “Passeggiate matematiche: guardare la città con occhi nuovi” e cultrice della materia e tutor per il corso di “Fondamenti di matematica di base 2” per il corso di laurea in Scienze della formazione primaria presso l’Università suor Orsola Benincasa a Napoli.


Maria Mellone, Annunziata Di Maria, Paola Lattaro,  Elena Della Ventura

La tombola infernale, un progetto
di informal mathematics education
al tempo della pandemia

da e per gentile concessione di "Matematica, Cultura e Società – Rivista dell’Unione Matematica Italiana", Serie 1. Vol 7, n. 3. dicembre 2022,  289 -305.

Si può leggere qui.