Nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Napoli tramite una lettera indirizzata dal Sindaco al Presidente dell'ANCI ha espresso forti perplessità nei confronti dell' emendamento che stanzia qualche milione di euro per installare sistemi di videosorveglianza in tutte le aule di nidi e scuole dell'infanzia d'Italia. Non diversamente hanno espresso contrarietà altri Comuni, l'ANDIS, le sigle sindacali, molti pedagogisti, e non perché qualcuno ritenga trascurabile il tema della sicurezza dei minori, o non abbia a cuore le sorti di un bimbo maltrattato, ovviamente, ma per l' evidente ipocrisia di una misura che - parlando in modo demagogico alla “pancia” del Paese - costruisce una “narrazione” che finirà per nuocere alle stesse famiglie che si dice di voler proteggere.
In quella comunicazione è stato ribadito tra l’altro che dopo anni di disinvestimento sulla cultura e l'istruzione - anni in cui è stata volutamente trascurata l'importanza di spendere in formazione e investire in personale sempre più qualificato e meglio retribuito - la classe politica sceglie una strada fuorviante e demagogica, da cui neanche le famiglie che si finge di voler proteggere possono sentirsi rassicurate. È evidente che nessuna telecamera possa produrre “in sé” qualità educativa: i bambini sono sicurissimi se hanno un nido e una buona scuola, se hanno educatori preparati e selezionati bene, se vivono relazioni felici in ambienti di apprendimento accoglienti e attrezzati, con piani didattici aggiornati, non se sono video-controllati.
Il disagio culturale, oltre che politico, cresce ancor di più se si guarda alle reazioni: trovo sorprendente che la Gelmini, passata alla storia come il ministro dell'istruzione che ha tagliato di più, eliminato le compresenze e innalzato il numero degli alunni per classe, oggi approvi l'idea di dar sicurezza ai piccoli con le telecamere.
Ha infatti dichiarato, in una intervista rilasciata al “Corriere del Mezzogiorno” il 7 giugno 2019: “La videosorveglianza nelle aule degli asili nido, nelle scuole dell’infanzia e nelle strutture socio-assistenziali, non dimostra né la visione repressiva e coercitiva dello Stato né la sfiducia nei confronti del personale, impegnato in questi settori”. A dire dell’ex Ministro “si tratta di assicurare la tutela di quei soggetti che, per età o per condizioni fisiche, non possono difendersi da soli”. Dello stesso tenore le reazioni di Mara Carfagna, vicepresidente della Camera.
A dimostrazione, per altro, che si tratta dell’ennesima ma pericolosa boutade propagandistica, sarebbe fin troppo semplice mostrare, conti alla mano, che la copertura finanziaria prevista è irrisoria per le centinaia di migliaia di spazi che si vorrebbe sorvegliare: ma per noi il punto non è questo.
"Il mezzo è il messaggio", diceva Mc Luhan. E se un luogo pubblico va video-sorvegliato, significa che è un luogo pericoloso, dove può succedere qualcosa di brutto. Vogliamo veicolare il messaggio che la scuola d'infanzia, a cui ogni mattina milioni di famiglie consegnano spontaneamente i propri figli, è diventato un luogo genericamente pericoloso, di cui non fidarsi?
Peraltro, per rispetto della privacy dei minori, nessun uso delle immagini può essere consentito senza un'indagine: che è quel che accade già oggi, senza bisogno di una legge da cui il patto di fiducia fondativo che lega famiglia e scuola, già malconcio, esce definitivamente incrinato.
Sappiamo fin troppo bene che solo investendo in qualità educativa è possibile contrastare i terribili fatti consegnatici dalla cronaca. Ma l'investimento in qualità e formazione, in personale altamente specializzato (e meglio retribuito) è proprio quello che questo Paese non fa. Metteremo telecamere nelle case di tutti gli italiani per porre fine alle violenze familiari? O negli oratori per contrastare la pedofilia? Il provvedimento è offensivo non solo verso le scuole, ma verso le intelligenze.
E non un caso che nessun paese del mondo, specie se si guarda a quelli con i sistemi scolastici più evoluti, abbia mai pensato ad una siffatta politica educativa. Se non siamo i più furbi di tutti, forse converrà riflettere prima di apparire i più miopi.
Ed è importante che l’opposizione a questo regime di sorveglianza coatta si estenda all’intero paese e che la scuola si faccia carico di una questione che ne investe natura e credibilità ai livelli più essenziali e costitutivi. Nei mesi scorsi si fece un gran parlare di proposte di investimento sullo 0-6, ma intendevamo investimento in crescita degli strumenti culturali e di benessere.
Parte di queste considerazione sono state inviate in una lettera all’ANCI e al "Corriere del Mezzogiorno", che l’ha pubblicata il 14.06.2019.