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15/11/2016

Esercizi di cittadinanza

di M. Gloria Calì

Bla…bla…bla…il suffragio universale…bla.. bla…la democrazia rappresentativa…bla bla bla... i sistemi politici bicamerali…”
"Bravo, Pierino! Vedo che hai studiato la lezione di Cittadinanza! Meriti un bel voto!”

Forse i venticinque lettori di questo breve scorcio di vita scolastica penseranno che si tratti di un invidiabile idillio docente-discente; purtroppo, invece, è uno dei modi più inutili per far studiare storia e “cittadinanza”.
Prima questione: la “cittadinanza” si studia? O si vive? Come si fa a “studiare”, cioè a imparare da un libro ciò che dovrebbe essere la sostanza dei nostri movimenti quotidiani in spazi comunitari?
Allora forse la scuola dovrebbe costruire (questa sì, e senza l’ombra della retorica) una competenza di cittadinanza [1]e la scuola del primo ciclo dovrebbe essere il luogo elettivo di questo percorso. Esiste persino un bando ministeriale per finanziare le scuole o le reti che mettono in campo attività didattiche del genere, bando che rientra in uno dei tanti “Piani nazionali”: questo si completa con le misure “per la cittadinanza attiva e la legalità”.

Tra la quinta primaria e l’ultimo anno della “media”, gli alunni conoscono la democrazia archetipica di Atene e quella mercantilistica del Comune, dittature e rivoluzioni, grandi idee e grandi barricate [2].  A partire dal curricolo di storia, quindi, si può educare uno sguardo che confronta, attraverso una terminologia specifica, che si stratifica e si consolida nella costruzione di un lessico personale, da usare non solo per “ripetere”, ma soprattutto per “definire”, e quindi “differenziare”. Che significa “suffragio”? Che significa “maggioranza”? Che cos’è una “Costituzione”? Tra tutti gli apprendimenti mnemonici, forse il più pernicioso è quello delle parole prive del loro significato. Allora si può costruire un vocabolario dei sistemi politici (su cartellone, su LIM, su classe virtuale…) in cui alle parole corrisponde magari un’icona, un simbolo; ogni parola potrebbe essere presa in carico da un singolo alunno, che ne gestisca l’uso in fase di rielaborazione delle conoscenze, di costruzione di testi o di altro. In questo sistema didattico, ognuno ha un suo peso, una sua responsabilità, ed è questo ciò che rende il sapere significativo, forse anche educativo.

Con questo bagaglio, si può “leggere” la contemporaneità, e forse anche iniziare a districarsi tra figure ingombranti come il “ministro” e il “presidente”; forse le regine usciranno dalle fiabe e forse si comprenderà anche per quali strade le monarchie sono uscite dall’Europa. Non si può insegnare, oggi, la storia del passato senza guardare e decodificare il presente; non si può “seguire il programma” preoccupandosi di essere a pag. 67 anziché 87: bisogna parlare di ciò di cui è necessario, anzi, bisogna parlare il meno possibile e costruire interventi educativi in cui gli alunni esercitino responsabilità individuali, facciano domande di senso e di contenuto, in cui ciascuno capisca che senza di lui una classe non è la stessa cosa, e che il suo valore sta nell’essere parte di una comunità.

Il referendum, in generale, è un esempio molto utilizzabile nei percorsi di “cittadinanza” (se, per capirci, vogliamo continuare a usare questa categoria), si presta facilmente a veicolare classici passaggi formativi della scuola di base: il testo argomentativo, la scrittura documentata, l’intervista, la statistica sulle opinioni pro o contro.
Il referendum imminente, in particolare, dovrebbe determinare l’urgenza di dedicare del tempo a tentare di capire, insieme con gli alunni più grandi della secondaria di I grado, il quesito e le sue parti [3], a tradurlo in un linguaggio più vicino al parlato, a individuare nuclei importanti, a “farsi un’idea” e magari discuterla anche con adulti e coetanei fuori dalla scuola. Del resto, sappiamo bene, noi prof di lettere in particolare, quanto sia importante che gli alunni conoscano e usino strumenti e percorsi per la comprensione di un testo. E non sappiamo anche quanto sia “consigliabile” lavorare per “compiti di realtà”? Cosa c'è di più reale di questo appuntamento nazionale di inizio Dicembre…

Se si organizza una didattica fondata sulla competizione e sul premio, e sulla riuscita individuale, si concorre certamente all’allenamento a una vita fondata sull’interesse personale e con tutte le sue deleterie conseguenze, ed è quella che vediamo dilagare, dal nostro Mediterraneo affollato di disperazione, all’Oceano che bagna Stati sicuramente Uniti ma sempre più imbarbariti. 

Il compito della scuola, ancora oggi e nonostante tutto, non è quello di favorire l’individualismo e la competizione, ma il successo formativo attraverso la collaborazione, il famoso “bene comune”, di cui si trova menzione nella certificazione delle competenze per la primaria e per il primo ciclo. “Comune” diventa il curricolo di cittadinanza sviluppato verticalmente, dalla materna alla fine del ciclo, dalla famiglia alla famiglia-mondo.
Che cos’è “il senso e la necessità della convivenza civile” che si legge nello stesso documento? Anche qua, si può far esercitare e definire a partire dalle prime esperienza di condivisione scolastica fino ai primi spunti di riflessione critica alle soglie della secondaria di II grado.

Tra curricoli di scuola e scelte didattiche (del singolo, dei Dipartimenti, dei Consigli…) si può “fare” la cittadinanza, come chiara percezione del valore individuale nella costruzione di una comunità: ognuno sa che è importante crescere e migliorare, ma che il proprio miglioramento ha senso solo se la collettività cresce e migliora. Proprio come dovrebbe essere quando si va a votare: l’esercizio del mio diritto dev’essere condotto con cura e oculatezza, poiché il risultato lo determino anche io. I numeri contano solo perché alla fine bisogna dichiarare chi vince e chi perde: mentre i seggi sono aperti, sono le comunità di singoli, che fanno la differenza.

 

Note

1. Sul tema generale, si veda l'articolo di Mariella Ficocelli, "Parlare di Democrazia agli studenti", insegnare, 06.2016.
2. Gli esempi di attività didattiche sulla convivenza sono tantissimi; se ne cita uno per tutti:  Caterina Genovese, "Educare alla cittadinanza... il senso dell'esperienza", insegnare, 06.2013.
3. Le risorse disponibili ci sono; ecco solo due esempi: Maurizio Brambatti, "Il referendum costituzionale in 5 punti", post, 06.2016; Claudia Daconto, "Referendum costituzionale: che cos'è e come funziona", Panorama, 10.2026.

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