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editoriali

23/12/2021

Una ipotesi di lavoro, anzi due

di Mario Ambel

Da tempo riteniamo (e proviamo a dire) che le scelte di politica scolastica che governano la scuola italiana sono sbagliate o quanto meno fortemente contraddittorie e che anche le soluzioni che settori della stessa scuola mettono in campo per produrre "innovazioni" sono spesso controproducenti o peggiorative. [1]

Questa stagione di emergenza, come sappiamo, non ha fatto che peggiorare le cose. Ha fatto esplodere carenze e disuguaglianze; ha mescolato tentativi di sopravvivenza, forse lodevoli sul piano dell'impegno profuso ma anche devastanti su quello dei risultati, con routine che hanno prodottio stanchezza, usura, frustrazione.

Intanto, abbiamo la sensazione che il futuro della scuola sia affidato, da un lato alla progettualità del PNRR, fortemente orientata a una scuola al servizio del sistema economico e a concezioni assai discutibili di progresso e dall'altra a interventi di contrasto alle situazioni di maggior difficoltà, che continuano ad apparire più orientate alla logica dell'assistenzialismo e della riduzione del danno collaterale, che a quella dell'affermazione e salvaguardia dei diritti essenziali: alla salute, all'istruzione, al lavoro.

Anche alcune presunte "innovazioni" in campo didattico ci lasciano fortemente perplessi, poiché spesso sono attente più all'utilizzo delle strumentazioni che alla loro efficacia per i soggetti o sono dedite a capovolgimenti di aspetti superficiali e marginali: molto del lavoro che si compie nella giusta direzione del superamento della scuola trasmissiva ci sembra tradursi nell'esercizio di una scuola adattiva all'esistente, alla presunta "realtà".

Persino una novità attesa da anni, come l'abolizione del voto decimale e il ritorno alla valutazione descrittiva, a causa di contraddizioni intrinseche nella normativa e di resistenze strutturali, rischia di tradursi in una estenuante esaltazione retorica del valore formativo della valutazione, che si accompagna a procedure burocratiche e selettive della sua rendicontazione sociale.

In una simile situazione, è quanto mai arduo individuare le cose da fare e provare a metterle in atto, per praticare - oltre che per delineare teoricamente - una scuola finalizzata all'emancipazione di tutte e tutti e di ciascuna e ciascun allievo.

Oltre a continuare a combattere perché cambino le condizioni strutturali della scuola stessa e dei contesti in cui è immersa, ogni giorno, a scuola, possiamo solo provare a fare quanto è possibile se non altro per non produrre ulteriori guasti o danni.

A partire, forse, da una ferma convinzione, ferma quanto a scuola spesso disattesa, perché difficile da tradurre in scelte coerenti ed efficaci: insegnare significa creare le condizioni affinché gli allievi apprendano, e la scuola con loro. Sembra facile, ma di fatto già esclude la stragrande maggioranza delle pratiche scolastiche quatidiane.

E, a rendere ancora più complesso questo fine, ci sono due corollari non indifferenti: avere un'idea o scegliere una ipotesi su che cosa significa apprendere e soprattutto decidere che cosa e come valga la pena, oggi, di essere appreso. Due questioni, soprattutto la seconda, tutt'altro che facile da affrontare e risolvere. 

Basti pensare, sulla seconda, a quanto sia irrisolta la questione della dialettica tra apprendimenti disciplinari, pluridisciplinari e trasversali, o fra la mappa dei saperi consolidati della scuola e la loro proclamata usura e inefficacia da parte dell'extrascuola.
Per non parlare di quella fra conoscenze e competenze, che ha caratterizzato gran parte del dibattito degli ultimi vent'anni, con esiti di fatto deleteri.

Ebbene, in queste condizioni, abbiamo deciso di porre a noi stessi e ai lettori di "insegnare" due diverse sfide: raccogliere, condividere e discutere due differenti tipi di testimonianze di lavoro e di riflessione professionale:

a. la Sperimentazione di Esperienze Didattiche 

b. il Lavoro di gruppi di ricerca-azione didattica.

Per ciascuno dei due ambiti abbiamo predisposto una scheda per l'esposizione e la documentazione del lavoro svolto:

a.1 Una Traccia per la presentazione di esperienze didattiche  ( scarica allegato )

b.1. Una Traccia per il report di gruppi di ricerca – azione  ( scarica allegato ).

Pubblicheremo via via esiti significativi di entrambi gli ambiti di lavoro: i primi di insegnanti che abbiano agito singolarmente o in gruppo nelle proprie scuole; i secondi di gruppi di ricerca-azione attivi sul territorio nell'ambito di contesti associativi o scolastici.

In ogni caso i materiali pubblicati saranno riservati agli abbonati alla rivista. Chi volesse proporre o concordare modalità di pubblicazione di esperienze può scrivere a 
insegnare.arearicercaeformazione@gmail.com

Si tratta di una iniziativa al contempo ambiziosa (sappiamo quanto sia difficile raccogliere e documentare in modo afficace esperienze didattiche e di ricerca professionale) e parziale (in queste condizioni è assai difficile avere il tempo e la forze di agire su entrambi i fronti), ma che riteniamo indispensabile: ci sembra l'unica cosa che possiamo concretamente fare, pur nella consapevolezza che senza un cambiamento radicale e profondo del modo di essere concepito, finalizzato e agito, ben difficilmente il  sistema scolastico riuscirà a superare i limiti e le contraddizioni che sono ormai evidenti a molti, sena però che le soluzioni proposte riescano davvero ad andare nella direzione di una scuola per la cittadinanza, ovvero di accompagnamento all'emancipazione individuale e collettiva di tutte/i e di ciascuna/o.

 

Sommario delle esperienze pubblicate inf pri scI bie tri
Anna-Chiara Monardo, Leggere per scrivere testi espositivi          
           
           

 

Note

1. Citiamo solo M. Ambel, 'Il "cambio di paradigma", o solo "di passo"?' , "insegnare", 05/05/2021, ma il riferimento vale per molti altri articoli pubblicati negli ultimi anni.

 

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".