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una recensioneoltre la lavagna

13/11/2018

Pier Franco Quaglieni, "Grand'Italia"

di Maurizio Ceccon

Questo volume è la prosecuzione annunciata di Figure dell’Italia civile, già recensito a suo tempo su questa rivista. Si tratta quindi di una nuova galleria di ritratti, in cui si mescolano “memoria storica e ricordi personali” (p. 9). Degna di menzione è la dedica dell’Autore. ai giovani, chiamati a “riappropriarsi di una memoria storica troppo presto dimenticata” (ib.). Vengono così rievocati, come già era successo in Figure dell’Italia civile, personaggi ingiustamente dimenticati o dimenticati troppo in fretta, come Gian Carlo Wick, il fisico torinese che negli anni ’80 non temette di dichiarare la sua solidarietà a Sacharov, il grande dissidente sovietico, o come Enrico Martini Mauri, il comandante del I Gruppo Divisioni Alpine, il cui contributo alla Resistenza viene meritoriamente rivalutato.

Rispetto al precedente volume, la “rosa” dei personaggi risulta più ricca e diversificata: oltre ad intellettuali e uomini politici come Francesco Ruffini, Benedetto Croce, Antonio Gramsci, Rita Levi Montalcini, Giuseppe Saragat, Valerio Zanone, include anche artisti, precisamente un pittore, Enrico Paulucci, e un attore, Giorgio Albertazzi. Troviamo anche un’interessante monografia su Umberto II di Savoia, a proposito del quale l’Autore, cogliendo il suo modo di porsi come “re costituzionale e democratico”, perviene ad affermare: “Forse sarebbe stato un ottimo Presidente della Repubblica”, (p. 86), nel contempo sottolineando acutamente che proprio per questo motivo egli “forse privò la Monarchia di una sua precisa ragion d’essere” (ib.). 
Insomma, come l’Autore stesso si premura di avvertire nell’Introduzione, in Grand’Italia si incontrano “figure tra loro profondamente diverse, in alcuni casi opposte, persino inconciliabili” (p. 9). Si trovano così affiancati Benedetto Croce e Antonio Gramsci, i due grandi antagonisti della cultura italiana del Primo Novecento, accomunati dall’opposizione al fascismo e trattati con pari rispetto e considerazione, coerentemente con l’intento dichiarato di non voler essere “pregiudizialmente di parte” (p. 9): certo, l’Autore non fa mistero della sua predilezione per Benedetto Croce, la cui figura e il cui insegnamento vengono costantemente richiamati nelle pagine di Grand’Italia, ma questo non gli impedisce di onorare “l’altissimo magistero morale” di Gramsci, da lui definito “il pensatore più originale del marxismo italiano”, il cui pensiero “non si lasciò imprigionare” (p. 45).
L’intento di mantenersi imparziale emerge anche da altre monografie dedicate a personaggi distanti dall’Autore, o ideologicamente, o caratterialmente: è il caso di Oriana Fallaci, di cui l’Autore non condivide appieno certe prese di posizione sul mondo islamico, dettate a suo parere soprattutto dalle “forti emozioni suscitate dall’11 settembre” (p. 164), o di Stefano Rodotà, definito “laicista” più che “laico”, e criticato per certe prese di posizione che, a detta dell’Autore, rivelarono in lui “un giacobino a volte poco mite” (p.175); sulla Fallaci, però, l’Autore sospende il giudizio, sostenendo che “mancano le distanze storiche per darne un giudizio distaccato” (p. 161), mentre a Rodotà riconosce indubbie doti di cultura, di passione civile e di onestà intellettuale (p. 173).

Nei profili dei vari personaggi, troviamo anche rimandi a opere scritte da loro, oppure segnalazioni di studi scritti su di loro da altri autori. Per esempio, parlando di Benedetto Croce, oltre a riportare integralmente il discorso da lui tenuto all’Assemblea Costituente contro la ratifica del Trattato di Pace del 1947, l’Autore cita il Manifesto degli intellettuali antifascisti, la Storia d’Italia e i saggi La storia come pensiero ed azione e Perché non possiamo non dirci “cristiani”, mentre, a proposito di Gramsci, richiama l’attenzione sulle Lettere dal carcere più che sui Quaderni, che, a suo parere, “rivelano le “rughe” del tempo” (p. 49). Non si tratta di sfoggio di erudizione: il vero intento è quello di offrire ai lettori gli strumenti critici utili ad approfondire la conoscenza dei personaggi presentati, innanzitutto attraverso la lettura diretta delle loro opere. Va da sé, poi, che, dovendo indicarne alcune, l’Autore rinvia a quelle che più hanno inciso sulla sua formazione intellettuale, culturale e umana: è così che l’incitamento ad approfondire il discorso si fa anche invito a raccogliere un’eredità culturale.

In quanto prosecuzione di Figure dell’Italia civile, Grand’Italia ripropone, completa e approfondisce la riflessione sui temi-chiave che già caratterizzavano il precedente volume, ossia quelli del rapporto tra laicità e laicismo, dell’autonomia di pensiero dell’intellettuale e dell’individuazione dei valori autentici del liberalismo. Ritornando, per esempio, sul tema della “laicità”, l’Autore affronta il problema della libertà religiosa, in chiave non solo politica, ma anche culturale: non è, insomma, semplicemente questione di “libera Chiesa in libero Stato” o di “religioni libere in Stato sovrano”, secondo le formulazioni di Cavour e di Luigi Luzzatti, ma di rapporto tra l’intellettuale “laico” e la dimensione religiosa. La riflessione sul tema attraversa il volume da cima a fondo: inaugurata dalla monografia dedicata a Francesco Ruffini, che pose al centro del suo pensiero filosofico e giuridico il problema della libertà religiosa, prosegue in quella dedicata ad Alessandro Passerin d’Entrèves, che distingue nettamente tra “laicità” e “miscredenza”, sottolineando che il “laico” non è assolutamente “l’avversario di una visione religiosa della vita” (p. 81), e si conclude nell’ultima monografia, dedicata a Valerio Zanone, in cui, sulla scia di Norberto Bobbio, già presentato in Figure dell’Italia civile, si perviene a definire la laicità come “antidoto al fanatismo politico-ideologico” (p. 186). Questa definizione permette non solo di superare i limiti della definizione tradizionale, “che riduce il discorso al rapporto tra Stato e Chiesa e ai rapporti tra coscienza individuale e religioni” (ib.), ma anche di unificare i tre temi-guida del libro, in quanto garantisce l’autonomia dell’intellettuale rispetto a qualunque ideologia, e diviene d’altra parte il valore fondante del vero liberalismo: è una prospettiva che comporta la presa di distanze dalle ideologie liberticide di quello che si usa ormai denominare “il secolo breve”, ossia il fascismo e il comunismo. Da queste ideologie la dissociazione dell’Autore è nettissima, così come nettissima è la presa di distanze dalla stagione del ’68, in cui egli ravvisa l’origine di un processo di deriva culturale che ha coinvolto in primo luogo l’istruzione scolastica.  

Costante nel volume, se non addirittura predominante, è proprio il richiamo ai valori dell’antifascismo. Non a caso, il primo personaggio che ci viene presentato è Francesco Ruffini, uno dei dodici professori universitari che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista, giocandosi di conseguenza la cattedra all’Università: si presenta per primo un uomo che non ha avuto paura di pagare di persona pur di non recedere dai suoi princìpi etici e politici. Sono esempi che è assolutamente necessario additare ai giovani, che di un “tuffo nella memoria” hanno bisogno sul piano etico prima ancora che culturale. A questo proposito, ho io da raccontare un episodio assai poco confortante. Poco più di un anno fa, durante una lezione di Storia in una V Ginnasio, mi venne da ricordare proprio i fatti del 1931, quando i docenti universitari italiani si piegarono pressoché all’unanimità all’imposizione di giurare fedeltà al regime fascista: un mio allievo intervenne e li giustificò, perché, a suo dire, se non lo avessero fatto, Mussolini avrebbe mandato loro contro gli squadristi. Risposi a quell’allievo con indignazione, e mi rincuorò vedere che quasi tutti i suoi compagni di classe erano indignati dal suo intervento almeno quanto me. Nondimeno, questo episodio rivela che, a dispetto delle apparenze, in questi nostri tempi la minaccia del conformismo incombe pesantemente sulle giovani generazioni, per cui non si può né si deve assolutamente credere di poter dare per scontati certi discorsi. È un motivo in più per dare il benvenuto a questo volume.

Pier Franco Quaglieni, Grand’Italia,
Editore Golem, Torino 2018,
ISBN 978 88 85785 076, € 16,50.