Tracce di un percorso di (auto) formazione
Correvano gli anni Sessanta e si affacciavano nelle università stimoli di non poco conto: dagli studi linguistici - scrive Maria Corti: “la lingua italiana degli anni sessanta era irrequieta” - a quelli antropologici, che offrivano uno sfondo affascinante per l’interpretazione dei diversi fenomeni culturali, fra cui la letteratura (Levy Strauss, Northrop Frye).
Già sui banchi del liceo, letture critiche di tipo formale (Spitzer, Contini) avevano aperto la strada a nuove prospettive linguistiche e stilistiche, a molteplici filoni interpretativi del testo letterario alternativi allo storicismo o alla filologia e avevano preparato un terreno culturale fertile per l’introduzione di nuovi metodi di natura formalistica. Era dunque inevitabile che coloro che iniziavano a insegnare e intraprendevano un personale percorso di formazione, si proiettassero alla ricerca di un approccio didattico in sintonia con il clima di novità che pervadeva il mondo della scuola tra gli anni Settanta e Ottanta.
Il testo è stato trasferito tra le testimonianze che abbiamo raccolto nell'ambito delle iniziative della rivista per ricordare i 40 anni delle Dieci Tesi per l'Educazione linguistica democratica e in particolare tra le autobiografie individuali o di gruppo dell'incontro con i temi, le letture, i maestri che avviarono alcuni di noi alla scoperta di un nuovo modo di guardare e di insegnare la lingua e i testi. (NdR).