Il ministero - che un tempo era della istruzione “pubblica”, che da anni fraintende “autonomia” con “privatizzazione” e che ora si è diviso in MI e MUR – ha pubblicato (nel senso di rese pubbliche) “due call per sostenere la didattica a distanza”. Questa emergenza ci ha abituato ai provvedimenti un po’ eccessivamente - come dire – incerti e creativi, dovuti alla difficoltà del momento.
Ma questa della “didattica a distanza” è una cosa più delicata delle modalità di accesso ai fasti pubblici in tempi nefasti. Le oggettive difficoltà dovute alla sospensione dell’attività didattica non autorizzano a promuovere (più di quanto già non si faccia… persino a “Presa Diretta”) la diffusione di metodologie didattiche che andrebbero attentamente vagliate nella loro effettiva sostanza, praticabilità ed efficacia.
Non è sufficiente che nella sua nota il Ministero (il MI o il MUR?) rassicuri che i materiali che potranno essere messi a disposizione e utilizzati saranno “gratuiti”: Timeo Danaos et dona ferentes! [citazione volutamente aulica per consentire agli “innovatori” di accusare questa riflessione di passatismo classicista, NdR]. Non ci rassicura affatto. Anzi, ci preoccupa maggiormente, leggere che “Ciascuno strumento offerto [da tutti i produttori di software], senza costi per questa Amministrazione e per le Istituzioni scolastiche, rimarrà gratuitamente nella disponibilità delle Istituzioni scolastiche beneficiarie.”. Nella pagina appositamente segnalata dal MI-MUR si possono leggere i primi protocolli di intesa tra MIUR e Casio, Samsung, Barilla Center for Food&Nutrition e altri.
Rileggiamo il comma 5 dell’art.4 (“Autonomia didattica”) della L. 59/97: “La scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano dell'offerta formativa di cui all'articolo 3 e sono attuate con criteri di trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie innovative.”
Eccolo, il Cavillo di Troia: “favoriscono l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie innovative”, che andrebbero però rese funzionali e strumentali alle scelte educative e didattiche. E non viceversa, come abbiamo la sensazione che stia sempre più spesso accadendo. Anche in molte delle esperienze glorificate da “Presa Diretta”. E ora il virus dà un ulteriore slancio alla “innovazione”, triste mantra dell’ultimo ventennio.
La scuola deve e dovrà decidere (anche per il dopo virus): se è questo il modello di cultura e di società cui vuole addestrare gli allievi ad adattarsi oppure se intende far acquisire strumenti di comprensione, analisi e riuso attento, critico e consapevole delle strumentazioni e delle realtà che il mondo ci offre.
Non siamo contrari a modalità e strumenti di una didattica che utilizzi supporti digitali o trasformi alcune prassi non più funzionali all'apprendimento. Men che meno in questo momento. Siamo a contrari a modalità di usare gli strumenti (qualsiasi strumento, anche la parola e i libri) che rendano fruitori passivi e non soggetti liberi di sapere, agire e pensare.