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14/08/2015

Un'occasione persa

a cura di insegnare

Che cosa pensiamo della "Buona scuola" l'abbiamo detto e ripetuto e non è certo l'esito della tormentata vicenda della stabilizzazione del precariato che poteva farci cambiare idea. Neppure se fosse andata a buon fine. Ma così non è: neppure per questa vicenda che poteva essere una buona occasione per far bene, certo non facile, ma è stata persa... 

Euforia ferragostana
Nel caos totale generato dalle modalità adottate per la  "soluzione" del problema del precariato ciò che innervosisce di più è proprio il post ferragostano del Presidente del Consiglio:

Che l'ottimismo a tratti trionfalistico, ai limiti della sfrontatezza, sia una delle cifre che caratterizzano questa esperienza di Governo è ormai un fatto assodato, ma talvolta sarebbe forse il caso di astenersi. Se non altro per il rispetto dovuto alle migliaia di precari che hanno deciso di rinunciare ad una "stabilizzazione" che avrebbe implicato un allontanamento da casa certamente non gradito, spesso inattuabile.

La Nuova Sardegna, 14/08/2015

Un banco di prova
Quello del precariato, ormai lo sanno anche i non addetti ai lavori, è un male antico che questo Governo ha ereditato dal passato, con in più il carico pendente di una sentenza dell'Unione Europea che ingiungeva una soluzione a tempi brevi.  E lo sappiamo almeno da novembre del 2014: così il Giornale del 26/11/2014:

Sulle previsioni fatte in quei giorni si veda la nutrita serie di articoli di fonti diverse. La destra ovviamente ne approfittò per gettare benzina sul fuoco e cominciò quell'amaro balletto di numeri che ci ha accompagnato in questi mesi. Di certo si apriva una questione delicata: si trattava di un importante banco di prova per il Governo Renzi: se si fosse concentrato su questo obbiettivo, cercando di risolverlo in accordo e non contro  le parti sociali e nel modo meno indolore possibile, avrebbe fatto una cosa buona e lodevole.
Ma alla rinnovata classe dirigente che pullula nelle pieghe di questa compagine governativa non è parso vero di poter legare questa vicenda ad alcune altre questioni che le stanno a cuore: la lotta ai sindacati e ai "privilegi" del pubblico impiego, il contenimento dei diritti acquisiti nel mondo del lavoro, la valutazione e la meritocrazia, il decisionismo da operetta e la gestione manageriale, il tutto condito dalla demagogia del Governo che "assume" 100.000 precari! Migliaio più, migliaio meno. E così quella che poteva essere un'occasione di Buon governo per affrontare un problema antico e doloroso si è trasformata nella bagarre della "Buona scuola" che tutti conosciamo. E che purtroppo è ben lontana dall'essere conclusa: così la Repubblica del 20 agosto

Ora, purtroppo, poco importa che alcuni ex precari festanti  riempiano di osanna la pagina twitter @PuglisiPD della senatrice Puglisi , che altri chiedano le dimissioni del sottosegretario Faraone ("Faraone non ci rappresenta: si dimetta"),  che i giornali lodino le  70.00o  domande  e accanto raccolgano storie e testimoniane di vita di coloro che hanno scelto di rinunciare per non allontanarsi dalla famiglia o per ribadire la difesa di un loro diritto.
Tra l'altro appare francamente sgradevole che si dia la parola ai docenti adesso, per raccoglierne questa serie di tranch de vie, tanto per fare colore o alimentare vecchi pregiudizi, mentre nei mesi scorsi, quando la scuola cercva di spiegare le sue ragioni contro questi provvedimenti si preferivano le veline di palazzo o il silenzio.

Le ragioni di chi non ha fatto domanda

Così scrive Marcella Raiola a la Repubblica del 18 agosto: " 'Deportare' è una parola forte, è vero, ma è affiorata spontaneamente alle labbra di lavoratori precari da dieci o addirittura venti anni, con alle spalle peregrinazioni in varie regioni e grandi sacrifici, sia per l'aggiornamento (a carico nostro) che per la maturazione di un punteggio che ora viene azzerato e vanificato. A quelli che puntano il dito contro di noi, in questi giorni, denigrandoci e accusandoci di "sputare in faccia al posto" per difendere il privilegio di lavorare "sotto casa", voglio spiegare le mie ragioni e perché ci viene chiesto un vero e proprio salto nel buio. Quale lavoratore, dopo 15/20 anni di precariato, accetterebbe che un computer stabilisse dove deve andare a sopravvivere con mille euro al mese, andando a svolgere, per di più, mansioni ad oggi non definite e sicuramente diverse da quelle per cui ha studiato e lavorato? " 
E così Marco Lodoli, dopo averci spiegato nelle settimane scorse perché ha creduto e collaborato alla "Buona scuola", ci ricorda e spiega ora, sulla Repubblica del 19 agosto, che "la vita con la valigia è un sogno solo per i giovani" e che a 40 anni si ha altro a cui pensare che andare a cercar fortuna lontano da casa... Sentivamo il bisogno di questa spiegazione, anche se la gestione del sistema scolastico andrebbe affidata a coerenti strategie di politica scolastica più che a disquisizioni sul rapporto fra anagrafe e mobilità.
Intanto Enrico Mentana si lancia  - sulla sua pagina facebook - in una reprimenda liunguistico-storica contro gli insegnanti che facendo uso del termine "deportazione" si dimostrerebbero indegni del ruolo che avrebbero da poco conquistato! Può avere qualche ragione a rilevare un uso certamente inadeguato (e ripreso da una miriade di quotidiani del resto abbastanza avvezzi  ad usi enfatici del lessico), ma a leggere le sue parole è inevitabile che venga in mente quella faccenda del dito e della luna...

Esodo Deportazione Caos Bufera...
La soluzione del precariato, certamente non facile da attuare, sfocia così nel grande Barnum mediatico con cui il paese ormai è abituato a reagire, su ogni problema serio, fra enfasi e negazione, fra demagogia e incompetenza ...
In questi giorni si sono sprecate,  come sempre, parole ad effetto, seppure in articoli di solito abbastanza defilati. La "Buona Scuola" fa meno notizia, soprattutto adesso che si comincia a verificare nei fatti  che tanto buona non è, neppure nell'unico provvedimento che sarebbe stato il caso di affrontare e risolvere con minor vanagloria e maggiore buon senso.
Al Sud il disagio è più grave perché maggiori sono le probabilità di doversi allontanare da casa, ma il pasticcio è generale. Così la Repubblica, edizione di Napoli del 29 luglio

 ma anche l'edizione milanese di Repubblica del 4 agosto usa toni analoghi:

e ancora, sempre Repubblica, nell'edizione di Napoli del 6 agosto titolava:

e l'edizione di Genova del 19 agosto:

Nord/Sud: divisi nel caos o uniti nella lotta (alla dispersione)?
Intendiamoci, non è la prima volta che assistiamo ad esodi forzati di docenti da Sud a Nord. Anzi, costituiscono più la regola che l'eccezione. Ma raramente erano stati annuciati come la più grande e risolutiva soluzione del problema del precariato nella storia della scuola repubblicana!
E poi, al Nord, c'è sempre chi è pronto a rinverdire vecchie polemiche,   la repubblica, edizione di Torino dell'8 agosto:


E a proposito di stereotipi Nord/Sud, sul Corriere della Sera del 2 agosto il campione della meritocrazia nazionale, Roger Abravanel, tuona contro la facilità con cui al Sud si regalano voti alti alla maturità, proponendo come soluzione di affidare all'Invalsi l'intera prova facendone non l'Istituto nazionale di valutazione del funzionamento del sistema, ma il garante dell'autenticità e della legalità del Titolo di studio! 

E questo tanto per ricordarci che a settembre, sempre che, nonostante questo caos generalizzato, abbia senso e si possa ricominciare a fare scuola, dovremo anche ricominciare a difendere la nostra scuola pubblica o quel che ne resta dai veri ispiratori della "Buona scuola", quelli che hanno fatto ribadire al Ministro, nel suo intervento alla Camera in chiusura del dibattito sulla legge n. 107/2015, che "Peggio della valutazione c'è la non valutazione" (da orizzontescuola.it del 14/o5/2015).
E sappiamo quanto il Ministro e i suoi collaboratori facciano conto sulla valutazione per risolvere i problemi della scuola. Tanto più che il Ministro Giannini è convinta che "La mobilità degli insegnanti è un fenomeno ineliminabile  finchè ci saranno molte cattedre al Nord e molti insegnanti al Sud".
Ma forse, sulle differenze fra  Nord e Sud, ci sarebbe anche altro di cui occuparsi.

Un salto di qualità
Forse varrebbe la pena di fare un salto di qualità nell'analisi e nella scelta dei criteri e nelle scelte di politica scolastica. Non sono mancate in questi anni le analisi sulle caratteristiche strutturali del nostro sistema scolastico e sulle differenze storiche fra Nord e Sud. 

Le differenze territoriali in termini di istruzione e formazione (quote di diplomati e laureati) restano sostanzialmente invariate nel tempo, mentre aumenta il divario tra il Nord e il Mezzogiorno rispetto al tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione che, dal 2011 al 2013, diminuisce di circa 2 punti percentuali sia nel Nord sia nel Centro, mantenendosi stabile nel Mezzogiorno, con un valori particolarmente alti in Sicilia (25,8%), Sardegna (24,7%) e Campania (22,2%).
Nel 2013, le persone residenti nel Mezzogiorno con almeno un diploma di scuola media superiore sono pari al 50,7%, contro il 61,3% del Nord e il 63,7% del Centro. Un debole segnale positivo si registra in Campania dove, pur partendo da livelli bassi, la quota di diplomati registra un incremento superiore alla media nazionale (dal 47,3% del 2011 al 50,9% del 2013). Complessivamente, però, il divario del Mezzogiorno con il Nord e il Centro rimane profondo: in Puglia, Sicilia e Sardegna la quota di diplomati non raggiunge il 50%, a fronte del 67% del Lazio e della provincia autonoma di Trento: quasi 20 punti percentuali di differenza.
Analogamente, la quota di persone di 30-34 anni con un titolo universitario è pari a circa il 24% nel Nord e nel Centro e solo al 18,2% nel Mezzogiorno; valori ancora più bassi, intorno al 17%, si osservano in Campania, Sicilia, Sardegna, contro incidenze superiori al 27% della Liguria e dell’Emilia-Romagna. 
Il dato più preoccupante è però quello che riguarda la differenza, peraltro inalterata tra il 2012 e il 2013, che si registra nella quota di Neet: nel 2013, sono il 19% nel Nord e quasi il doppio nel Mezzogiorno (35,4%). Il problema dei ragazzi che non studiano, non sono inseriti in alcun programma di formazione e non lavorano continua a caratterizzare fortemente il Mezzogiorno e, in particolare, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia dove il fenomeno riguarda più del 35% dei giovani di 15-29 anni.
Nel Nord e nel Centro la componente di disoccupati tra i Neet supera il 45% del totale, con un incremento di 6 punti percentuali rispetto al 2011. Nel Mezzogiorno, invece, pur aumentando notevolmente la percentuale di disoccupati (38,5% nel 2013 rispetto al 30,1% del 2011), resta molto più elevata che altrove la quota dei disponibili ma sfiduciati (39,1%).” Da Cnel -Istat, Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), 2014, cap. 02. Istruzione formazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E allora, a meno che non ci si illuda di affrontare questi problemi con l'esodo dei docenti del Sud oppure con la paghetta annuale per andare al cinema oppure con la chiamata diretta dei dirigenti scolastici o ancora sostituendo l'Esame di Stato con le prove Invalsi, sarebbe forse il caso di pensare a soluzioni di più ampio respiro. Per esempio a un vero piano nazionale di lotta alla dispersione che non si limiti alla distribuzione dei fondi europei a progetti ed enti più o meno attendibili e qualificati oppure a un intervento capillare e strategico di formazione degli insegnanti alle nuove esigenze sociali ed educative o ancora a una ridefinizione culturale e valoriale delle finalità formative che abbia un po' più di lungimiranza della idea balzana di combattere la disoccupazione con gli stage ...

Forse bisognerebbe riuscire a governare un sistema così complesso  decidendo di cambiare orizzonte valoriale e quadro di alleanze sociali. Invece, purtroppo, da troppi anni i Governi che si susseguono hanno sulla scuola lo stesso mix di elevata arroganza e discreta incompetenza.  Spesso il Governo Renzi si fa merito di aver cambiato rotta, ricominciando a investire sulla scuola. Se è vero, continuiamo ad aspettare che lo faccia facendo le scelte veramente utili a cambiare e migliorare la scuola davvero e non solo a renderla più caotica, incerta e litigiosa.
E ora anche e di nuovo ... (e)migrante.