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01/09/2024

La delicatezza dell'educare istruendo: partire da 0 anni

di Antonella Bruzzo
-Sono fatto così, un po’ di tutto. Sono molto alto, ho i capelli marrone scuro e gli occhi marroni. quando si nasce il cervello è piccolo e quando si cresce il cervello diventa grande. Adesso che è passato un po’ di tempo e sono diventato grande, so correre velocissimo! Mi piace che ho tantissimi amici. Quando c’è il sole sono un po’ allegro, quando c’è la pioggia mi sento annoiato, perché non posso andare a giocare!
-Da grande sarò alta come il mio papà. Avrò i capelli lunghi e mori. Andrò a scuola primaria e imparerò a stare seduta e non fare confusione e, poi, imparerò a leggere, a scrivere e a imparare. Di lavoro mi piacerebbe fare la dottoressa di bambini piccoli, bambini grandi e adulti. Si diventa curando i bambini e, se di bambini non se ne ha ancora, si possono usare le bambole come vere.

Inizio con queste parole di bambini e bambine di 5 anni. Le ho ritrovate tra i “frammenti” di documentazione che ho conservato negli anni. Esprimono una grande ricchezza di desideri, idee, aspettative, vissuti, immaginazione, consapevolezza di sé; i/le bambini/e sanno cogliere, percepire, immaginare, creare, esprimere, stupirsi, osservare tante cose, anche piccole, con sguardo curioso e attento. Le parole riportate sono state raccolte nell’ambito di un lavoro sull’ ”autobiografia” che qualcuno/a di loro aveva già iniziato al nido con alcune educatrici professionalmente molto competenti; è continuato durante i 3 anni di scuola dell’infanzia mettendo insieme foto, disegni, oggetti, interviste individuali, conversazioni in gruppo; in qualche caso, questo itinerario è proseguito alla scuola primaria. È un lavoro mirato a favorire consapevolezza di sé e della propria identità, delle relazioni, delle proprie competenze in progressivo sviluppo, del proprio modo di approcciarsi al mondo ed agli altri. Ne sono parte importante i “momenti di parola” in cerchio in cui ci si scambiano vissuti, idee, ipotesi di spiegazione del mondo, ci si ascolta tra diversi, si negoziano significati in quella costruzione condivisa di conoscenze e saperi, così importante nello sviluppo di competenze di cittadinanza. Questi processi delicati e complessi, lo sappiamo, iniziano dalla nascita e possono essere favoriti o resi più complicati, se non ostacolati, dall’ambiente che ognuno incontra nel suo essere al mondo. Sappiamo, anche quanto sia importante vivere una parte della giornata in un ambiente di pari con la regia attenta di un team di adulti (educatori, insegnanti) competenti e partecipi alla complessità, alla delicatezza, ed anche alla bellezza dei processi di crescita e maturazione progressiva. Purtroppo, al di là di quanto acquisito dalla ricerca psico-pedagogica, fatto proprio dai documenti europei e dai documenti di riferimento molto significativi e qualitativamente connotati, quali: le Linee pedagogiche, le Indicazioni nazionali, gli Orientamenti per i servizi educativi 0-3, nella realtà siamo ben lontani dalla tutela dei diritti di bambini/e (si pensi solo al diritto ad accedere ad un nido soprattutto in certi territori). Il riconoscimento di bambini/e come cittadini partecipi e capaci di influenzare i contesti in cui vivono, la consapevolezza della cultura dell’infanzia sono, ahimè, ancora molto deficitari e poco diffusi. In questo momento storico di arretramento politico e culturale di negazione e messa in discussione di molti diritti, tanto più, spesso non sono tutelati quelli dell’infanzia.

In questo anno e mezzo denso di nubi nere e minacciose sulla scuola di tutti e tutte, sulla scuola della Costituzione, mi sembra particolarmente importante partire dallo 0 e da quel che viene dopo. Da lì, infatti, iniziano quei processi che possono promuovere la realizzazione di sé in contesti di relazione con altri diversi da sé, come cittadini attivi, partecipi, solidali, e non come “sudditi” passivi, competitivi, autocentrati ed acritici facilmente coinvolgibili nei vari “..-ismi” quali: sovranismi, ecc. ecc.

Il miglior modo di contrastare le attuali derive, in qualsiasi contesto più o meno complicato ci si trovi ad operare, è praticare quotidianamente, sperimentare, documentare quel modo di fare scuola, di stare dentro e partecipare ai delicati e complessi processi di insegnamento/apprendimento come professionisti riflessivi ed attenti, co-costruendo ambienti di apprendimento in cui  bambini/e, ragazzi/e sono al centro dell’azione educativa, protagonisti attivi e partecipi nel progressivo sviluppo di competenze e costruzione collettiva di saperi e conoscenze. Spesso parte della scuola è lontana da questa prospettiva, sappiamo, ad esempio, che le Indicazioni nazionali per il curricolo per il primo ciclo non sono purtroppo né conosciute né praticate da una parte di insegnanti. Ecco, a questo proposito, le Indicazioni, andrebbero “rilanciate” favorendone la conoscenza, l’approfondimento e la pratica quotidiana nella scuola reale; più che riviste secondo un’ottica non ancora nota (non fanno ben sperare i provvedimenti ministeriali da ultima la rivisitazione delle Linee guida per l’educazione civica), andrebbero se mai rivisitate nella prospettiva della scuola come "ballata popolare", secondo la celebre, felice, espressione di Giancarlo Cerini. Ce ne sarebbe un gran bisogno: sappiamo infatti che accanto a realtà eccellenti sono ancora abbastanza diffuse modalità didattiche trasmissive ed addestrative e questo fin dalla scuola dell’infanzia se pensiamo alla didattica per schede o dei lavoretti ancora praticate, o alla scuola primaria, secondaria di 1°, ecc. delle lezioni prevalentemente frontali, del programma da realizzare senza tener minimamente conto del gruppo classe, del non lasciare indietro nessuno, ecc..

Ecco se partiamo dallo zero, non possiamo non focalizzare lo sguardo sulla delicatezza dell’educare e, dunque, sulla professionalità e sulla formazione iniziale ed “in itinere” di educatori ed insegnanti. C’è un capitolo delle Linee pedagogiche che mi sembra particolarmente pertinente: riguarda le Coordinate di professionalità, significative non solo per lo 0-3 ed il 3-6, ma per tutti i segmenti scolastici. Eccole di seguito.

-Il gruppo di lavoro e la continuità. Fondamentale dovrebbe essere: la condivisone, la corresponsabilità, la modularità degli interventi sia nel collettivo di un nido, che nei team di sezione e plesso, che nei consigli di classe. Sappiamo quanto sia faticoso confrontarsi, condividere, progettare insieme, collaborare soprattutto in questi tempi di individualismo esasperato, ma è fondamentale tendere a costruire e consolidare la dimensione collegiale che già nei percorsi formativi iniziali, dovrebbe essere sperimentata.

Osservare e documentare insieme a progettare e valutare fanno parte di quel processo ricorsivo che caratterizza la nostra professionalità.
L’osservare in modo competente, attento ed aperto, è fondamentale per comprendere quali sono i processi evolutivi di ognuno e del gruppo, per orientare il proprio intervento e le proprie proposte didattico-educative. È, in quanto professionisti riflessivi, “una postura, un atteggiamento che rende possibile il distanziamento equilibrato e la riflessione”. Rimanda all’importanza della dimensione collegiale come scambio, confronto, messa insieme dei diversi punti di vista osservativi. Allenare lo sguardo osservante è in qualche modo allenarsi all’ascolto attivo [1].

Documentare è fondamentale sia per bambini/e, ragazzi/e che elaborando materiali documentativi hanno modo di rivedere, rileggere, mantenere memoria di percorsi ed esperienze, sia per il team insegnante per analizzare, ripercorrere, valutare, riprogettare, offrire la possibilità di mettere in circolo spunti e sollecitazioni. Implica un’attenzione ed impegno particolari nel raccogliere, scegliere, rielaborare materiali grezzi dando conto del significato dei percorsi e dei processi messi in atto.

La valutazione formativa e di contesto. Le linee pedagogiche sottolineano l’importanza di “un approccio contestuale, narrativo e descrittivo dei progressi e delle conquiste del singolo e del gruppo, escludendo qualsiasi forma di classificazione e di etichettamento rispetto a standard definiti a priori”. L’obiettivo dovrebbe essere l’individuazione dell’area potenziale di ognuno e del gruppo per progettare e riorientare le pratiche educative avvalendosi di una molteplicità di punti di vista all’interno del team. Questa valutazione dovrebbe accompagnare i processi di insegnamento/apprendimento sostenendo ognuno e promuovendo possibilità piuttosto che spegnerle e “segnare” negativamente (v. logica dei voti). Implica da parte di educatori ed insegnanti le capacità di sapersi auto-percepire ed auto-interrogare che andrebbero praticate a partire dalla formazione iniziale.

Le dimensioni della professionalità Un adulto accogliente, incoraggiante, “regista”, responsabile, partecipe. Queste aggettivazioni dicono molto e sono legate a quelle competenze fondamentali per un educatore ed un insegnante che andrebbero sviluppate nella formazione iniziale e continuamente manutenzionate nella formazione in “itinere”, tra queste le competenze relazionali. Scriveva Marina Boscaino nel dossier di Insegnare “Per una relazione educativa contro la dispersione” del 2007: “Sarebbe bello pensare a una formazione iniziale che individui nelle competenze relazionali uno degli elementi fondanti dell’essere maestro.”

Rispetto all’essere “regista”, aspetto così importante nella pratica di una didattica attiva e laboratoriale, riporto le parole di Franco Lorenzoni da “Educare controvento” (Sellerio, 2023): “Ciò che più conta nel processo educativo sta nella lunga manovra di avvicinamento che con pazienza, preparazione e convinzione noi docenti dobbiamo predisporre e proporre per permettere a tutte e tutti di cercare la loro parte di verità nelle conoscenze che proponiamo di incontrare”.

Ecco mi sembra importante avere chiare queste coordinate ed in questo cielo di nuvole nere partire da bambini e bambine, da ragazzi e ragazze rinnovando quotidianamente un impegno appassionato e competente, coltivando la capacità di ascolto, di cura educativa, di didattica attiva ed inclusiva, di creare intrecci e relazioni, consapevoli che i tempi non sono facili e che “sortirne insieme è la politica”, come scriveva Don Milani. 

 

Note

[1] Marianella Sclavi, "L'arte di ascoltare e mondi possibili", B. Mondadori 2003. 

 

Nota redazionale

Altre testimonianze autobiografiche di bambine e bambini della scuola dell'infanzia di Gemona del Friuli si trovano nel file allegato. Da leggere, con il piacere e la necessità della riflessione. 

Allegati

Scrive...

Antonella Bruzzo Docente di scuola dell'infanzia, Presidente del Cidi della Carnia.