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22/05/2024

Franco Frabboni: una pedagogia per la scuola

di Simonetta Fasoli

La scomparsa di Franco Frabboni, il 17 maggio scorso, ha suscitato una comprensibile reazione di rammarico e rimpianto, soprattutto tra chi ha avuto l’opportunità di incontrarlo nei contesti di ricerca, impegno e formazione: in particolare, chi si è occupato della scuola dei bambini e delle bambine, della scuola dei più piccoli, ha riconosciuto in lui un punto di riferimento imprescindibile.
Arduo ricostruire in questa sede in modo esaustivo il suo profilo intellettuale, in un percorso che ha attraversato diverse stagioni politico-culturali e vissuto in vari ambienti di ricerca militante. Altri lo stanno facendo egregiamente in queste ore di ricordi e testimonianze commosse. Per parte mia, preferisco illuminare alcuni tratti che, da donna di scuola e delle istituzioni, mi hanno particolarmente interpellata nei lunghi anni in cui ho seguito il suo percorso: esperienze che hanno contribuito ad edificare la mia visione di scuola e di educazione.

Se un fil rouge si può rintracciare in tanta ricchezza, credo sia nella capacità di Frabboni di declinare una salda padronanza di riferimenti teorici con l’acuta consapevolezza della storicità dei fenomeni dell’educazione. Così la sua assunzione dell’approccio problematicista, fino alla sintesi più matura del suo pensiero[1] ha segnato una concezione della pedagogia mai risolta nel tono vanamente retorico e autoreferenziale. Per questo, nel titolo dato a questo mio contributo, ho sottolineato come la sua sia stata una pedagogia per la scuola, non sulla scuola, come discorso dogmatico ed autoritario.
Non a caso, ha profuso intelligenza e analisi rigorosa rivolta anzitutto alla scuola dell’Infanzia, delineata nella legge istitutiva della Scuola dell’Infanzia statale, e nel modello pedagogico infine dispiegato negli “Orientamenti” del 1991: un antecedente fondamentale, e per certi versi insuperato, del processo che approderà sul piano istituzionale al sistema integrato 0-6 (decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017) [2]. Analogamente, si è dipanata la sua lunga attività di ricerca e di impegno  negli anni decisivi in cui la Scuola elementare, portando a sistema esperienze “dal basso” di didattica attiva e di nuove elaborazioni culturali, si emancipava dalla visione di un bambino tutto fantasia e sentimento (largamente presente nei Programmi Ermini del 1955) per un nuovo costrutto culturale: quello che viene definito “il bambino della ragione” [3]Una tappa fondamentale verso l’esito istituzionale dei Programmi del 1985.

La pedagogia per la scuola di Franco Frabboni comporta un’attenzione specifica per la dimensione laboratoriale, che nel suo impianto di riferimento non è mai una versione banalizzante dell’operatività senza problematizzazione, o di una meccanica trasposizione della teoria nella pratica. Piuttosto, il laboratorio è la chiave di volta dell’approccio metodologico, è un tempo-spazio educativo e, insomma, il superamento definitivo di quella che Célestin Freinet definiva “la scuola della saliva”. I suoi scritti sul tema sono una pietra miliare e un punto di riferimento per le/gli insegnanti di diverse generazioni [4].

Un’idea “larga” dell’essere/fare scuola che dilata gli spazi educativi, senza alterare la dinamica culturale e istituzionale del “dentro/fuori la scuola”, che si rende praticabile nella distinzione proprio perché è questa distinzione che permette e valorizza l’interdipendenza e la correlazione tra il “dentro” e il “fuori”. Una visione realistica e utopica al tempo stesso, quell’utopia concreta che permette a Frabboni di parlare delle attività sviluppate all’esterno come “aula didattica decentrata”.

Franco Frabboni ha portato  la sua indagine sul terreno della didattica, con studi di grande spessore, che hanno messo capo a importanti opere di sintesi [5].

La didattica, con la sua ricerca, si connette all’elaborazione pedagogica, mantenendo la propria specificità ed evitando così, a mio avviso, la deriva del didatticismo da un lato e, dall’altro, di un pensiero sull’educazione esposto alle manipolazioni pseudo valoriali. Una grande ed attualissima “lezione” per chi pensi di rifugiarsi nella finta neutralità dei tecnicismi o nella vuota fumosità del pedagogese.

Scompare con Frabboni un uomo delle istituzioni, certamente: così è stato nella sua lunga attività accademica, in particolare nell’Alma Mater di Bologna; negli anni Novanta del secolo scorso, tra l’altro come presidente dell’Irrsae dell’Emilia Romagna. In quella veste, peraltro, ho avuto modo di partecipare ad iniziative da lui promosse, sul finire degli anni Novanta: occasioni in cui emergeva il suo particolare stile intellettuale, e il suo modo di intendere il ruolo cui era assegnato. Incontri di lavoro segnati da un confronto serrato tra istituzioni e mondo della scuola, tra ricerca e associazionismo professionale. Si capiva che era sottesa a quei contesti l’idea di un confronto vero, non ritualistico o formale: Franco Frabboni credeva nel dialogo tra diversi, nella possibilità di pervenire ad una sintesi politico-culturale utile come fermento di crescita nei territori e nelle distinte appartenenze.

Appassionato e rigoroso, equilibrato ma mai equidistante per opportunismo o convenienza. Lo guidava, io credo, un’idea “alta” di educazione e di scuola che affonda le radici in una tradizione nobile, quella che risuona nel diritto alla ricerca della felicità solennemente affermato nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio 1776). Diritto, si badi bene, non alla felicità tout court, come intende un edonismo da consumatori compulsivi: diritto alla sua ricerca, dunque  inteso come un processo soggetto alle peripezie dello stare al mondo. Come tutti i diritti fondamentali, mai una volta per tutte conquistato, mai per sempre e irrimediabilmente perduto. Chi insegna non può rinunciare a questa “idea regolativa”, se non vuole ridursi ad essere “un impiegato della conoscenza”[6].

Ci mancherai, Franco Frabboni, più che mai in questo tempo di passioni tristi e di imbonitori se-dicenti “maestri”. Ma non è la nostalgia sterile e, al fondo, conservatrice quello che ci consegni: è piuttosto l’impegno a farci “esploratori del possibile”, a cercare anche tra le nuove generazioni quelle risorse sommerse che aspettano solo di essere riconosciute.

Note

[1] Il Problematicismo in pedagogia e didattica, F. Frabboni, Trento, Erickson 2012
[2] La scuola dell’infanzia, F.Frabboni - F. Pinto Minerva, GLF Laterza, 1974 e  2008
[3]  
Il bambino della ragione. Strutture, contenuti e didattica dei nuovi programmi della scuola elementare, F. Frabboni, R. Maragliano, B. Vertecchi (a/c di) La Nuova Italia, Firenze, 1990
[4] 
Il Laboratorio, F. Frabboni, Ed. Laterza 2004
[5] 
La sfida della didattica, F. Frabboni, Palermo, Sellerio, 2011
[6] 
Felicità e scuola, F. Frabboni, Roma, Anicia 2014

Parole chiave: Franco Frabboni