Viviamo immersi in un contesto che il sociologo Zygmunt Bauman ha definito "società liquida", caratterizzata da cambiamenti rapidi, incertezza e relazioni fluide. In questo scenario instabile, la scuola, per fornire gli strumenti culturali adeguati per una cittadinanza consapevole, non può restare ancorata a modelli rigidi del passato, ma deve evolversi, accogliendo le opportunità offerte dal presente e rendendole oggetto di insegnamento/apprendimento. Come ha osservato Bolter «Nella nuova ecologia digitale, la pluralità delle voci e dei media ha dissolto l’egemonia delle culture di élite, aprendo spazi inediti di espressione, apprendimento e produzione del sapere»[1]. Questo mutamento richiede una didattica più dinamica, interattiva e orientata alla costruzione condivisa dei saperi.
In questo contesto, l’uso dell’intelligenza artificiale (IA) – e in particolare di strumenti come ChatGPT – si sta rivelando un significativo supporto nella quotidianità didattica. Lungi dall'essere sostitutivo della funzione progettuale del docente, l’IA si configura come una risorsa che, sotto la supervisione e la regia esperta dell’insegnante, può favorire lo sviluppo di competenze critiche, collaborative e metacognitive. L'adulto, infatti, è e resta la guida del percorso educativo: è lui a definire gli obiettivi, a guidare gli studenti nell’uso consapevole degli strumenti e a garantire che la tecnologia diventi alleata del pensiero, non scorciatoia per evitarlo.
Un esempio concreto di questo approccio è stato sperimentato nella classe IE della scuola secondaria di primo grado "Tinozzi" dell’Istituto Comprensivo Pescara 8. Con gli alunni, lavorando a coppie e in piccoli gruppi, è stato avviato un progetto di lettura guidata del libro "Il viaggio di Ulisse" di Tommaso Monicelli (2005). La classe, composta da 19 studenti, è stata suddivisa in coppie e terne: ciascun gruppo ha letto un capitolo del testo e, con l’ausilio di ChatGPT, ha elaborato una sintesi puntuale rispondendo a domande guida predisposte dal docente. Lo strumento è stato usato per affinare la comprensione, ampliare il lessico e confrontare stili di scrittura. L'attività ha favorito il lavoro cooperativo, l'autonomia e la capacità di valutare criticamente le risposte offerte dall'IA, seguendo linee guida definite: chiarezza, coerenza, aderenza al contenuto, uso consapevole delle fonti.
Questa esperienza evidenzia l'importanza di sviluppare negli studenti una cultura dell'IA, che comprenda la diffusione del lessico specifico, la comprensione delle logiche sottese e la capacità di superare le semplificazioni spesso fuorvianti dei media[2]. Promuovere tale cultura significa fornire agli studenti gli strumenti per comprendere e interagire criticamente con le tecnologie emergenti, preparando cittadini consapevoli e responsabili nell'era digitale.
L’intelligenza artificiale, tuttavia, non si limita al supporto testuale. Oggi esistono numerose applicazioni che permettono la creazione rapida e guidata di contenuti multimediali, facilitando l’organizzazione e l’esposizione dei materiali. Tra queste si segnalano:
Questi strumenti non sostituiscono il pensiero critico né la progettazione didattica, ma, se inseriti in un percorso intenzionale e supervisionato, offrono nuove opportunità di apprendimento attivo e creativo, stimolando la partecipazione e la riflessione anche in attività complesse.
In conclusione, l'uso consapevole dell'IA in classe non è solo una questione tecnologica, ma un atto pedagogico. Richiede visione, progettazione e accompagnamento. Come affermava Maria Montessori, «Aiutami a fare da solo»[3], sottolineando l'importanza del ruolo dell'insegnante nell'accompagnare lo studente all'autonomia.
[1] Bolter, D.J., "Plenitudine digitale. Il declino delle culture di élite e l’ascesa dei media digitali"; tr. it. Minimum Fax, Roma 2020.
[2]Panciroli, C., Rivoltella, P.C.. "Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’intelligenza artificiale"; Scholé, 2023.
[3]Montessori, M. "Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile nelle case dei bambini"; Città di Castello, 1909.