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dopo scuola

05/05/2025

Un ricordo di Maurizio Tiriticco

di Maurizio Muraglia

Per alcuni anni le mie strade si sono incrociate con quelle di Maurizio Tiriticco. Alla fine degli anni Novanta era l’autore di libri per la preparazione ai concorsi a cattedra. Non sapevo chi fosse costui, ma le sue pubblicazioni erano preziose per chiarezza e competenza, e le suggerivo a chi si preparava. Poi cominciai a leggere i suoi articoli sulla politica scolastica, che confermavano una grande padronanza della didattica soggiacente ai vari dispositivi normativi, che egli spesso tacciava di dilettantismo e di confusione concettuale. Finché lo conobbi, all’inizio degli anni Dieci. E conobbi un vero gentiluomo.

Quel che mi impressionò fu la semplicità del tratto, la giovialità del suo eloquio, insomma una sorta di eterna fanciullezza che contraddistingueva il suo modo di fare: “caro mio omonimo”, soleva dirmi, ed io che lo consideravo un maestro mi vedevo confermato in quel che dicevo o scrivevo. Da un gigante come lui.

Si muoveva con leggerezza e ironia tra le pieghe delle norme. Ricordo alcune sue fiammate polemiche, da cui stralcio questa stilettata del 15 maggio 2004, ai tempi della riforma Moratti che avversò fieramente: “Ma possibile che gli anonimi estensori perseverino nella produzione di questi pezzi di reale imbecillità quando tutta la scuola e la stessa ricerca educativa insiste nel rimandarli al mittente? Ma le manifestazioni di strada, gli appelli sempre più numerosi di scienziati, ricercatori, addetti ai lavori non servono a nulla? O la scuola che ci viene proposta ed imposta deve assolutamente essere una scuola di regime? E dov’è l’autonomia? Ma, soprattutto, dov’è l’intelligenza?”.  

Non fu mai catastrofista. Entrava nelle questioni con vis polemica ma senza abdicare mai al suo compito di servitore della pedagogia e della didattica. Proprio come il suo amico Giancarlo Cerini. Parlava di pessimismo della ragione e di ottimismo della volontà, come in questa riflessione del 13 settembre 2012, quando era ministro Profumo al tempo del governo Monti: “Per quanto riguarda il nostro “Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione”, so benissimo che le risorse e una politica avveduta sono indispensabili, cose che, purtroppo, sono carenti! E questo riguarda il pessimismo della ragione. Ma c’è sempre l’ottimismo della volontà. Non occorrono fior di quattrini perché un insegnante passi dalla lezione cattedratica a una didattica laboratoriale la quale, come sai, nulla o poco ha a che vedere con un laboratorio tout court. Non ci vuole chissà quale finanziamento perché un insegnante scenda dalla cattedra e “giri” tra i banchi”, magari messi a ferro di cavallo! Purché, ovviamente la classe non sia di trenta alunni e passa!”.

Insomma, il mio è il ricordo di una figura che ha fatto della leggerezza e dell’ironia un modo inimitabile di porre nel dibattito pubblico la sua sapienza pedagogica.
È stato un amico del CIDI. Ricordo quando il CIDI di Palermo lo invitò all’inizio del 2009 a ragionare di valutazione davanti ad una platea affollatissima. A ottantanni suonati produsse un vero show. E ancora nel 2012, a Castro dei Volsci, a ragionare insieme di didattica orientativa, riuscì a incantare tutti. Una perdita, professionale e affettiva.

Scrive...

Maurizio Muraglia Docente di Lettere nei licei, formatore, già Presidente del Cidi Palermo