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una recensioneoltre la lavagna

31/03/2023

Chiara Ingrao, "Il resto è silenzio"

di Annalisa Marcantonio

Storia e identità: un legame inscindibile

Dal 2007, anno in cui esce per dalai Editore la prima edizione del romanzo di Chiara Ingrao, al 2023, anno della sua ripubblicazione con Baldini+Castoldi , il testo mantiene immutata la sua attualità. Difficile individuarne l’argomento principale perché in esso, attraverso una trama complessa, mediante una sintassi veloce, una narrazione pungente e un ritmo a tratti concitato, si svolgono i “fili” di tre storie paradigmatiche. Al centro della storia tre coppie di donne, sorelle (reali o simboliche) e, sullo sfondo, altre forti figure femminili. Si tratta di donne di generazioni ed etnie diverse ma con molti aspetti in comune. Se la prima voce narrante, Sara, sua sorella Roberta e le sue amiche rimandano ad un milieu borghese, colto e benestante, descritto nei suoi riti sociali, non esente da stereotipi, l’altra coppia di protagoniste, le bosniache Musnida e Slavenska, ci portano nel contesto della ex Jugoslavia lacerata dalla guerra etnica. Le pulsioni nazionaliste che caratterizzano quella guerra civile finiscono per distruggere alle radici l’esperimento di convivenza multietnica che la storia del ‘900 sembrava lì aver reso possibile, in qualche modo e momento. Violenze efferate, stupri, famiglie distrutte ne sono stati i terribili effetti.

L’occhio con cui l’Autrice, da pacifista militante, legge la guerra, è puntato proprio sulla distruzione che essa causa alla società civile.
Non si tratta di una lettura sociologica del fenomeno della guerra, comunque non solo, ma di uno sguardo partecipe, autenticamente compassionevole, rivolto alla vita dei soggetti coinvolti nel dramma. Il trauma da loro subito fa sì, ad esempio, che le due sorelle bosniache reagiscano con comportamenti estremi e radicali alla distruzione della loro famiglia. Musnida, accolta in casa da Sara, dopo la fuga dalla ex Jugoslavia, sembra rifiutare più volte i tentativi di aiuto dell’amica, interrompendo spesso la comunicazione emotiva con lei, quasi sfidandola con comportamenti incoerenti e apparentemente indecifrabili nel corso della loro convivenza.

In fondo chi è Musnida, ci si domanda per tutto il corso del romanzo? Rifiutando l’etichetta di profuga con cui la sorella Roberta la definisce, Sara vede nell’amica la Straniera, l’Altro da sé con la quale è spinta ad entrare in relazione, instaurando un rapporto conflittuale ma necessario ad entrambe, come si vedrà alla fine. Una volta partita l’amica, Sara si accorge che sul computer di casa (su cui Musnida scriveva ossessivamente) è visibile l’icona di un file molto intimo e personale. Questo lascito, avverte confusamente, va interpretato come un dono, un risarcimento, il riconoscimento dell’amicizia e della solidarietà ricevuta. Anche se le due donne non si vedranno più, quelle parole scritte sono il segno tangibile della loro relazione, dello scambio avvenuto, del conflitto vitale intercorso tra le due.

Se Musnida è la co-protagonista del romanzo, sua sorella Slavenska appare episodicamente, nel corso della narrazione. La funzione di questo personaggio è però importante, manifestandosi in diversi modi. l’Autrice, nel ritratto che ne fa, mostra come la sofferenza porta le due sorelle, diversissime tra loro, ad “eccedere” dalla normalità quando il loro dramma personale e familiare giunge all’acme. Nella ricostruzione di quanto precede la narrazione principale apprendiamo che Slavenska, descritta nei ricordi di Sara come bella, anarchica e disinibita, arriverà ad immolarsi, nel corso del conflitto bellico, per sottrarre allo scempio il cadavere del fratello morto. Si rinnova così il gesto di Antigone, che sfida la legge della Città per dare degna sepoltura al fratello Polinice. Ma Slavenska, l’Antigone di Sarajevo, rimanderà come in un gioco di specchi alla mitica Antigone di Tebe raccontata da Sofocle. Sarà Ismene, utilizzata come voce narrante in tre capitoli del romanzo, a riferirci le motivazioni della paradigmatica figura di Antigone. In questa suggestiva parte del libro Ismene diviene il personaggio principale che, narrando accoratamente la propria storia familiare, dà vita ad una serrata dialettica con la sorella. Mentre lei difende l’istinto tutto femminile di “sopravvivenza”, Antigone dichiara lucidamente di voler affrontare il rischio, di sentirsi pronta a violare la legge per un appello interiore. Dice così addio alla sorella con queste parole:

"Io ho scelto di morire: tu, Ismene, devi vivere.” Questo ti chiese Antigone, non altro: che tu restassi fra i vivi. fi questo che temi? Non la colpa. Restare. Ricostruire. […] con le mani, raccolse arida polvere sul morto.

Nella prova letteraria di Chiara Ingrao potrebbero rilevarsi aspetti tali da rendere questo romanzo interessante e fruibile, sul piano didattico? Certamente sì. Mentre leggevo e cercavo di comprendere il complesso intreccio proprio del romanzo risuonavano in me echi di letture che mi hanno toccato profondamente. In particolare, una voce antica ma estremamente affascinante, quella di Eraclito, per cui la guerra non rappresenta che una delle infinite forme del divenire che caratterizza ogni forma di esistenza, è intrinseca alla Storia e alla vita stessa della Natura:

Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi. [53 Diels-Kranz] [1]

La forza provocatoria di testi come quelli qui evocati può risultare preziosa, a mio avviso, per indurre gli studenti e le studentesse ad affrontare il lato oscuro che si annida nell’identità di ciascuno di noi. Non è poi da sottovalutare il richiamo al peso attuale delle guerre etniche, capaci di incrinare la tenuta stessa dell’Europa. La bella postfazione del libro da parte di Raffaella Chiodo Karpinsky ci indica proprio questo “filo rosso” rappresentato dalla guerra nella ex Jugoslavia, quella russo-ucraina e israelo-palestinese, a cui si aggiungono altri scontri in atto sul piano globale.

Di fronte all’ “escalation” di conflitti a cui stiamo assistendo sarebbe necessario intensificare la ricerca didattica per costruire percorsi di Storia capaci di aiutare gli studenti e le studentesse a comprendere/interpretare gli eventi attuali.

Ciò si rende necessario anche per scoraggiare la reazione più diffusa alle tragedie oggi ampiamente documentate dai media: mi riferisco al meccanismo di rimozione che scatta di fronte alle implicazioni più terribili e dolorose della guerra. La diffusione generalizzata della fotografia e delle riprese filmate che testimoniano quotidianamente i suoi effetti devastanti tende produrre assuefazione. La fruizione “neutra” e acritica di questi materiali, così come delle ricostruzioni o reportage giornalistici presenti nei media non favorisce di per sé una presa di coscienza delle questioni che caratterizzano la contemporaneità.  Solo l’accompagnare gli studenti e le studentesse, a seconda della loro età e possibilità, a un approccio riflessivo e problematico, produce effetti positivi e alimenta il senso di cittadinanza.
In tale direzione, una forma di narrazione come quella caratterizzante il romanzo qui analizzato può essere d’aiuto, per costruire percorsi efficaci. Abbiamo da tempo messo in dubbio l’esistenza della verità storica oggettiva e constatato la scarsa efficacia del metodo positivistico, così come rilevato la necessità di rivedere dalle fondamenta l’impostazione storicistica nell’insegnamento della Storia e della Filosofia. Consapevoli di questo, è urgente che i docenti sperimentino un approccio didattico che, al fine di privilegiare la capacità di problematizzare, faccia ricorso a strumenti linguistici diversificati, dando spazio anche a quello letterario e iconico-visivo nell’insegnamento della Storia. Integrare didatticamente l’uso la saggistica e le fonti storiche con altri materiali e strumenti sembra una strada da percorrere. Una strada produttiva, innovativa, che è sicuramente già avviata, ma da proseguire con coraggio e fantasia.

 

Note

1. Da  Eraclito, "Frammenti del Περι φυσεως (Sulla natura)", traduzione italiana, Universo filosofico.

Chiara Ingrao,

Il resto è silenzio
 

Baldini+Castoldi, 2023, 
pagg. 192, 18 euro. 

Scrive...

Annalisa Marcantonio Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; fa parte del direttivo del CIDI di Pescara e partecipa alle iniziative di formazione della Società Filosofica Italiana (SFI), sezione di Francavilla al Mare; redattrice di Insegnare.