MCE ha lanciato la Campagna per l’abrogazione del voto decimale dal titolo "Voti a perdere", raccolta da molte associazioni professionali – tra cui anche il Cidi e “insegnare” (vedi la dichiarazione di adesione della redazione di "insegnare").
Si può aderire firmando qui e invitiamo calorosamente i nostri lettori a farlo.
Nel materiale di presentazione della campagna, l’MCE argomenta con ampiezza a favore di una valutazione, ma ancor più di una scuola, che non si limiti a perpetuare e registrare le disuguaglianze sociali, ma si adoperi per superarle, nella consapevolezza che
operare per la rimozione degli ostacoli richiede una prassi della valutazione, pensata non come momento esclusivamente finale del processo di insegnamento-apprendimento, ma come una pratica di controllo, riflessione, ridefinizione costante dei processi, individuali e di gruppo, per poterne orientare lo sviluppo successivo in modo consapevole sia per l’insegnante che per l’alunna/alunno. Invece troppo spesso la valutazione si limita a registrare le differenze iniziali tra alunni, a confermarle in itinere e a usarle per orientare in uscita.
Il documento fa anche ricorso a citazioni d’autore per dimostrare quanto il voto sia iniquo e deleterio; ne riportiamo una sola dal documento: il voto
“...non è solo un’assurdità docimologica ...è anche una rinuncia all’educazione, una testimonianza negativa dell’adulto, il segno dell’abbandono del principale imperativo dell’educazione: l’esigenza di un lavoro riflessivo che duri nel tempo, l’esigenza di un’attesa che permetta al soggetto di esaminare ciò che ha fatto migliorandolo, progredendo e superandosi” (Philippe Meirieu) .
E una dalla pagina fb di Enrica Ena:
La scuola e l’azione pedagogica devono rappresentare lo spazio del possibile, anzi lo spazio del rendere possibile quello che sembra impossibile, il luogo dell’utopia concreta […] Fare della scuola il luogo dell’utopia pedagogica dove è possibile vivere e sperimentare quello che la società sembra non offrire e non permettere. (Alain Goussot)
Altre citazioni interessanti saranno raccolte nella silloge "Voti a schiovere".
La posizione di “insegnare”
Da anni sosteniamo la necessità di contestare l’uso della valutazione decimale e di chiederne l’abrogazione, anche come condizione per rinforzare e legittimare pratiche didattiche alternative e coerenti. Appare ormai persino umiliante dover continuare a ricordarne le ragioni, citare i maestri della pedagogia e della docimologia, verificare quotidianamente i guasti del “voto”. Purtroppo la maggior parte della scuola, sorretta da un’opinione pubblica (non a caso ampiamente rappresentata da molti genitori) che si fonda su una sorta di pedagogia semplicistica e regressiva, preferisce continuare a trincerarsi dietro una pratica priva di senso e di giustificazione scientifica, in nome di una legittimazione normativa, anzi di un obbligo normativo, cui alcuni sono ben felici di ubbidire, estendendone persino l’applicazione, altri non hanno il coraggio o le condizioni di opporsi.
Noi continueremo a sostenere questa battaglia, come facemmo all’indomani della legge Berlusconi-Tremonti-Gelmini che reintrodusse i voti, proponendo ai docenti, che non ne condividevano i presupposti politici e le implicazioni pedagogiche, di fare una dichiarazione di “obbedienza coatta” e di pretendere l’ordine di servizio per compiere un atto contrario alla propria etica professionale.
Non è una battaglia facile, ma dopo anni di buio, ci sono nelle scuole segni di risveglio che vanno incoraggiati e salvaguardati. Il convegno milanese "Non sono un voto" ne è stata la conferma. I guasti prodotti dal ritorno dei voti decimali nella scuola di base stanno ormai risvegliando molte attenzioni e coscienze ed è quindi necessario e giusto riproporre la questione. Vero, come afferma il documento MCE: dobbiamo liberare la scuola dalla "epidemia misurativa" e dalle patologie valutative, ridare centralità e coerenza al rapporto fra insegnamento e apprendimento.
Credo come molti, che non sia più sufficiente, anzi assai pericoloso, affiancare la valutazione formativa a quella diseducativa dei voti, le certificazioni descrittive delle competenze ai voti sommativi delle discipline, l'accostamento iniquo e inopportuno fra profluvio di descrittori sempre più vaniloquenti e apparente icasticità dei numeri...
Se non chiediamo e otteniamo l'abolizione della legge del ripristino dei voti nella scuola di base, continuando nel frattempo a esemplificare e diffondere forme alternative e costruttive di osservazione valutativa, e non apriamo una riflessione seria sulla loro nocività anche nella scuola secondaria di II grado, rischiamo solo di accrescere il grado di confusione e inconcludenza che sta opprimendo e affaticando la scuola.
E sia chiaro: non basta abolire il voto solo nella scuola di base. È l’intero rapporto fra valutazione sommativa decimale e scuola trasmissiva e selettiva, ancor più dominante nella secondaria di II grado, dove sono più alti i tassi di dispersione e selezione, che va messo in crisi e superato.