Segue la trascrizione dell'intervento introduttivo della giornata dedicata a Lorenzo Milani nel giorno del 50° anniversario della morte, organizzata dall'Assessorato all'istruzione del Comune di Napoli, con Cidi Napoli e le riviste "il tetto" e "insegnare".
In apertura del convegno è stato proiettato questo filmato realizzato per l'occasione dalla redazione di "insegnare" da materiali reperibili in rete.
“È un libro veramente bello, un vento di vitalità. Fa ridere da soli, e immediatamente dopo vengono le lagrime agli occhi… Di questo libro devo dire in generale tutto il bene possibile: non mi è mai capitato di essere entusiasta di qualcosa e di sentirmi obbligato, costretto a dire agli altri: leggetelo! Lettera a una professoressa riguarda sì la scuola come argomento specifico, ma nella realtà riguarda la società italiana, l’attualità di vita italiana.” Dall'intervista di P.P. Pasolini sul "Lettera a una professoressa"
Pasolini dice che il problema della scuola in realtà è quello della società italiana: dal micro al macro.
Per De Mauro, Don Milani insieme a Rodari e Pasolini, sono stati personalità creative di natura particolare. Tutti e tre sono stati trasgressori e critici non a chiacchiere, ma rebus, con e nelle cose, con e nel modo di vivere e lavorare. E non per fare grandi gesta, additando mete straordinarie ma nella cruda e semplice quotidianità del loro agire.
Mi piace sottolineare che questo movimento tra scuola e società sia in realtà un doppio movimento: ogni volta che si mette mano alla scuola, anche con cattive riforme, ciò che si cerca di trasformare è in realtà la società... E ogni società usa sempre la scuola per penetrare con le sue idee e convinzioni nella mente dei giovani.
È per questo che don Milani era un prete scomodo: per lui le menti non andavano penetrate, ma rese consapevoli, critiche, "sovrane"...E non è un caso che negli ultimi tempi alcuni, come una certa accademia, lo abbiano messo sotto attacco, mentre altri, come papa Bergoglio, lo abbiano additato come esempio.
Don Lorenzo Milani, prete “innamorato della Chiesa anche se ferito”, parroco di Barbiana, dove era stato confinato dal suo vescovo, educatore per una scuola che curasse chi ne aveva bisogno ha dato vita ad una esperienza religiosa, educativa, civile e 'politica’ con al centro l’impegno per la giustizia e la valorizzazione degli ultimi, perciò ritenuta da molti pericolosa, inquietante...
Certo ci si inquieta quando qualcuno, che dovrebbe vivere nella regola e indicarla reagisce ad essa nella sua fede di giustizia e afferma che l'obbedienza ad una legge ingiusta non è una virtù...
Uno che sosteneva che:
"Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri."Uno che attacca i propri superiori quando questi censurano la disubbidienza civile degli obiettori di coscienza, e attacca i giudici dicendo loro che, mentre loro difendono le armi di morte, le sue armi, le armi che lui insegna ai poveracci, sono l'espressione del voto e lo sciopero.
Di Don Milani non può andare orgogliosa tutta la scuola, dal momento che la sua esperienza nasce proprio per reagire alla scuola che boccia, a quella sua natura discriminatoria e selettiva che tanti illustri commentatori oggi rimpiangono. Anche alla scuola del suo tempo Don Milani ha disubbidito.
Ma ne vanno orgogliosi milioni di insegnanti che da quel momento grazie al suo esempio hanno voluto cambiare quella scuola lottando per l'inclusione, il tempo pieno ma soprattutto per un "obbligo" che trasformasse un privilegio in diritto.
E ne vanno orgogliosi quanti imitandolo non si piegano all'idea che sia giusto quel che è maggioritario o utile... come sta accadendo nel triste spettacolino prodotto sullo ius soli in Parlamento.
Nel nostro piccolo lo facemmo nel 2012, volle farlo il sindaco assumendo le maestre quando la norma non lo consentiva.
Lo ha fatto il sindaco con il piccolo Ruben che ha diritto di cittadinanza come tutti i bambini della terra*.
Dovremmo farlo tutti, ciascuno nel nostro ruolo sociale quando - per dirla con Don Milani - ci schieriamo, reagiamo all'ingiustizia, pensiamo: "I care, me ne importa, mi sta a cuore, che è il contrario del fascista me ne frego".
Annamaria Palmieri
* Il riferimento è alla vicenda del piccolo figlio di due mamme, nato in Spagna, cui il Comune di Napoli ha voluto concedere la cittadinanza, ottenendone ragione in giudizio; vedi "la repubblica", 06/12/2016.
Di Annamaria Palmieri, leggi anche La pedagogia di Pasolini e Don Milani