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di Annamaria Palmierila scuola "scomoda"

25/05/2019

Impariamo dagli studenti della prof di Palermo

La vicenda della professoressa Dell'Aria ha già suscitato moltissimi commenti editoriali e tante vibranti reazioni nel mondo della scuola e nel Paese, prevalentemente incentrate sull' arbitrarietà di una punizione che appare non solo discutibile nelle forme che l'hanno determinata, ma ingiusta e illegittima nel merito,  perché lesiva della libertà di insegnamento, che è tutelata costituzionalmente e ispira l'esistenza stessa della scuola pubblica.
Non molto si è detto dei contenuti del lavoro “incriminato”, ad eccezione delle spiegazioni dignitose e parche fornite della docente stessa. Anzi, nella prima ora, molti si sono anche affrettati a smarcarsi da quello che veniva raccontato come un "paragone" azzardato, dovuto alla giovane età: Salvini e il Reich, Salvini e la persecuzione ebraica. “No, per carità -  si è detto -  i giovani nella crescita sono così eccessivi...”.
Ebbene, la fretta non è buona maestra e il video prodotto dagli allievi va osservato con attenzione [1]; e se ci si sofferma a guardarlo nel merito, quel lavoro, e a confrontarlo con i compiti che istituzionalmente attengono ad un insegnante di storia, si resta sorpresi.

Dalle Linee guida degli istituti tecnici (DPR n.88/2010), esplicative del Profilo culturale dello studente di questo indirizzo di studi leggiamo, riguardo ai compiti che devono essere svolti dallo studente e/o i prodotti che questi deve realizzare:

“Essi devono esigere la messa in moto non solo delle conoscenze delle abilità possedute, ma anche una loro valorizzazione in contesti e ambiti di riferimento diversi da quelli ormai già resi famigliari dalla pratica didattica. Occorre che lo studente evidenzi la capacità di sapersi muovere in maniera sufficientemente agevole e valida al di fuori dei confini della ripetizione e della familiarità, individuando in primo luogo proprio le esigenze di adattamento e di flessibilità che la situazione proposta implica...”.

Il lavoro dei ragazzi di Palermo costituisce una felice realizzazione di questo obiettivo. Senza mai indulgere in semplificazioni o eccessivi commenti, esso utilizza uno schema binario (ieri-oggi) che non necessariamente comporta  una sovrapposizione,  ma appare piuttosto una strada per la “contestualizzazione attualizzante” del rapporto tra "l'io e l'altro" nella storia europea.  Ripercorre così la vicenda della persecuzione ebraica, dal momento in cui si scrivono le leggi razziali  al momento in cui esse si traducono in disperate migrazioni attraverso il mare e attraverso la richiesta di asilo ai paesi non-nazisti e di certo non coraggiosi dell'Europa che precede il conflitto mondiale. 
E vi affianca il tema dello straniero (nel senso di “estraneo” e “migrante”) com'è vissuto oggi, cosa quanto mai coerente e adeguata. Centrale nelle slide a sinistra il racconto della conferenza di Evian in cui falliscono (che ci ricorda?) i tentativi di un accordo sulla spartizione dei profughi, come essenziale il racconto della nave Saint Luis che nel maggio 1939 parte carica di profughi  ebrei alla ricerca di un porto che non riuscì a trovare .... Il confronto con la Sea Watch non è solo intuitivo, ma obbligato!

Diciamo,  allora, che se non fossimo amministrati sulla base dei  tweet e  delle pregiudiziali ideologiche di persone incompetenti,  piu realiste del re, sarebbe stato utile ai censori soffermarsi non tanto sul faccione soddisfatto di Salvini con il suo bel decreto, ma sull'assoluta pertinenza dell'intero percorso di riflessione che denuncia l'inettitudine odierna delle politiche europee nei confronti dell'accoglienza, di cui l'estremismo salviniano è una espressione massima, esemplare. Una riflessione che dovrebbe spingerci tutti a dire "Basta, signori, fermiamoci e riappropriamoci della realtà prima che sia troppo tardi". Ciò che l'Europa degli anni Trenta non fece, uscendone travolta. Ciò che l'Europa per cui stiamo votando deve imparare a fare. Ciò a cui ci invita il lavoro degli studenti della professoressa Dell'Aria. Bravi gli studenti, dunque, e brava la prof.!

Concludo dicendo che non possiamo che augurarci , da genitori, di incontrare una docente così per i nostri figli, e da persone di scuola o amministratori, inorgoglirci sperando che, anche attraverso il ruolo che  tanti docenti svolgono con i loro ragazzi, nonostante il delirio obnubilante dei social, un'altra Europa si possa davvero fondare.

Note

1. Vedi anche R. Angelelli, "Il re è nudo", insegnare, 21.05.2019.



 

Di che cosa parliamo

La scuola, se è vera scuola, scomoda le coscienze e le scuote dall'indifferenza poiché è luogo e pratica di democrazia, di inclusione, di tolleranza, di convivenza solidale.
La scuola, se è vera scuola, è contraria al pensiero unico, al conformismo, alle mode, al quieto vivere perché è luogo e pratica di riflessione critica, di sguardo problematico, di pensiero divergente.
E per questo la scuola è scomoda.
È  scomoda perché pratica e rispetta le diversità e i disagi, ma spesso vi si lascia travolgere e inibire e allora diviene scomoda a se stessa.
E deve essere scomoda anche per tutti coloro che la vorrebbero luogo di competizione, di gara, di apprendistato all'arrivismo e alla prevaricazione.
In tal senso  la rubrica raccoglie e racconta momenti e situazioni di scuola "scomoda", talvolta anche per se stessa e spesso per i territori in cui come Istituzione vive e agisce.

L'autrice

Insegnante di liceo, collabora a contratto con la cattedra di letteratura italiana dell'Università Orientale di Napoli; è stata per due mandati Assessore all'Istruzione del Comune di Napoli al servizio della scuola della sua città, intesa e praticata come diritto inalienabile e bene comune. Attualmente è dirigente scolastica a Torino. 


 

maestri copertina

Annamaria Palmieri, Maestri di scuola, maestri di pensiero, Aracne, Ariccia, 2015, pp. 246, 14 euro in volume, 8,4 euro in PDF

Nella storia dell’Italia post-unitaria la scrittura letteraria dei maestri-scrittori ha assunto un’importanza straordinaria, perché proprio la scuola ha dovuto affrontare i problemi fondamentali, e tuttora in parte irrisolti, di formazione dell’unità culturale, umana e linguistica della nazione. L’autrice affronta il nodo interpretativo di questa narrazione compiendo una scelta esemplare: tre ‘maestri’, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia e Lucio Mastronardi, che sono stati scrittori e intellettuali e che hanno vissuto in un’aula scolastica un momento determinante della loro esperienza esistenziale. Per tutti e tre, la scuola fu il luogo di una delusione ma anche della denuncia, humus originario del loro impegno civile, contro la degenerazione del capitalismo e le storture di una società iniqua che vanificava l’utopia democratica ed egualitaria su cui la scuola di massa era nata o stava nascendo: eroi moderni del racconto di un’umile Italia che vive un’ultima stagione di ‘resistenza’ contro la trasformazione in una nazione senz’anima e senza cuore.               

Leggi la recensione su insegnare di Rosanna Angelelli

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