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16/07/2014

A proposito di esami nel primo ciclo…

di Maria Gloria Calì

Già... i ragazzi di terza media non studiano di notte, solo raramente di sera: loro sono ancora piccoli, e studiano di pomeriggio.
Anche quando devono sostenere gli esami finali.
L'esame di terza media è uno dei più difficili nella carriera scolastica di un italiano. É il primo esame vero; bisogna sostenere cinque esami scritti, tra cui il "famigerato" test Invalsi; l'orale, multidisciplinare, è limitato a un tempo ridottissimo, in cui bisogna sfoderare la propria competenza.

Molte debolezze minano questo decisivo momento del percorso formativo, debolezze che emergono alla coscienza dell’insegnante attivo, dopo che, passati i primi anni di insegnamento, smetti di essere angosciato dalle firme, dai bolli, e dalle validazioni legali, e ti concentri sul senso di ciò che accade agli alunni a partire dalla metà di Giugno.

Il problema vero è che gli insegnanti spesso non accompagnano adeguatamente i ragazzi all'esame. Le interrogazioni e le verifiche concentrate negli ultimi quindici giorni come salvagenti per chi non riesce a stare a galla; le sintesi estreme degli argomenti; le malefiche tesine scaricate da internet da imbellettare, hanno tutte questo obbiettivo: far risplendere i bravi e aiutare gli scarsi. In realtà per l’esame ci si dovrebbe preparare in tre anni, o almeno in uno.

Getto solo un rapido e pietoso sguardo di oblio ai misteri che accadono in fase di correzione delle prove scritte: degni di una trasmissione sul... paranormale, da mandare in seconda serata per non turbare i sonni dei più piccoli.

Allora forse siamo noi insegnanti che dobbiamo rivedere il nostro approccio all'esame, e predisporci a sostenerli un po' anche noi, accanto agli alunni. 
Per esempio, potremmo provare ad abituarli durante tutto l'anno scolastico a studiare con atteggiamento multidisciplinare, organizzando attività in collaborazione con i colleghi (se riusciremo a trovarne almeno uno, in un consiglio di classe, che sia sulla stessa lunghezza d’onda didattica con noi!). Si potrebbero concordare percorsi congiunti, e relative verifiche; mi viene in mente un tema di storia che correggano entrambi gli insegnanti di storia e di italiano, o un percorso di arte con i riferimenti alla biografia degli autori, o, ancora un percorso sensoriale tra scienze motorie e musica. 

Potremmo - come per altro si dovrebbe! - anche presentare i programmi all'inizio dell'anno, non alla fine, per avere una road map di ciò che vogliamo fare con i ragazzi durante le nostre ore a scuola; in chiusura, si potrebbe fare un rapido confronto collettivo e vedere che cosa siamo riusciti a raggiungere, che cosa è rimasto inespresso e che cosa abbiamo dovuto inventare di nuovo. Senza preoccupazioni di cattive figure, per carità. 

Non sto qua ad affrontare la questione della tipologia delle prove e del peso che hanno nel calcolo matematico della media: mi limito solo a rilevare che mi sembra un tantino schizofrenico che le due prove Invalsi abbiano alla fine voto unico, mentre forse sarebbe più razionale accorpare la prova nazionale d’italiano con il tema, e quella di matematica con il compito interno.

Un fattore chiave nella gestione dell'esame orale è la commissione, composta dai docenti dello stesso consiglio di classe dell’alunno; solo occasionalmente la commissione è onorata dalla presenza del Presidente, alieno atterrato da altra scuola. I professori della classe sono indulgenti, generosi, spesso addirittura silenziosi, al momento dell’orale; il che non sarebbe in sé un male se non finisse per penalizzare quelli che veramente sono stati “bravi”, cioè attivi e creativi nella costruzione della loro formazione. La commissione, almeno in minima parte, dovrebbe essere composta da insegnanti esterni: perché, infatti, non si prevede un mix di commissari come avviene per l’esame della secondaria di secondo grado? Non farebbe bene agli alunni, che dovrebbero confrontarsi con una piccola ma autentica prova di competenza davanti a chi non li conosce? Soprattutto, farebbe bene a noi docenti interni, che avremmo lo stimolo per scortare seriamente i ragazzi verso l’esame, oltre che per conoscere realtà scolastiche parallele alla nostra ma diverse.

Ultimo, ma non ultimo, il tradizionale “in bocca al lupo”. Solo sull’origine e sull’evoluzione di quest’espressione apotropaica ci sarebbe da parlare per un’intera sessione d’esame, i cui candidati dovrebbero essere insegnanti, ovviamente, e un unico esaminatore: il lupo. 

 

Immagine

Gli esami di terza media degli studenti di Crevalcore nella bocciofila,  da Corriere di Bologna.fotogallery

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