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22/06/2023

Un commento alle tracce della prima prova di maturità dal punto di vista degli istituti professionali

di Ruggero Policastro

Quando nel 1959 fu assegnato il Nobel a Salvatore Quasimodo, il suo collega Eugenio Montale commentò, forse mosso dall’invidia: “C’è modo e ‘quasimodo’ di fare la poesia!”. Considerando che qualcuno dei nostri ragazzi degli istituti professionali quella maiuscola la dimenticherà di certo, possiamo forse permetterci di dire, senza arrivare alla cattiveria di Montale, che la poesia proposta per la prima prova dell’Esame di Stato 2023 non è certamente fra le migliori di Quasimodo. Mi viene il dubbio che sia stata scelta solo per la parola conclusiva, di lievissimo riferimento religioso. Per gli studenti degli istituti professionali, come al solito, questa traccia risulta molto difficile, non tanto per la parte di comprensione e analisi, che è sempre molto guidata, quanto per la parte di interpretazione, per affrontare la quale c’è bisogno di riferimenti culturali ricchi e precisi.

La seconda proposta della tipologia A, invece, mi ha stupito, visto che Moravia muove una critica alla famiglia e rappresenta in maniera impietosa il pensiero borghese. L’ho trovata molto interessante, ma anche per questa vale lo stesso discorso di prima: molto complicato, per gli studenti degli istituti professionali, “mettere questo testo in relazione” con altri scritti di Moravia, che difficilmente avranno letto, o con altri testi della tradizione europea. La tipologia A – si sa – non è quella più adatta agli studenti iscritti a un istituto professionale e infatti, nelle due sezioni che sono chiamato a esaminare, solo due coraggiosi l’hanno scelta.

Il testo argomentativo di Chabod, proposto dalla traccia B1, tratta temi di grande rilievo e attualità, ma rischia di farci leggere – a noi che correggeremo – elaborati intrisi, talvolta involontariamente, della retorica che va tanto di moda in questi anni, e sinceramente ce lo saremmo risparmiati. Chissà se al ministero hanno mai letto quello che scrisse Oriana Fallaci, protagonista della traccia B3, al proprio esame di maturità: "Patria, che vuol dire patria? La patria di chi? […] È da quando ho imparato a leggere che mi si parla di patria: amor patrio, orgoglio patrio, patria bandiera. E ancora non ho capito cosa vuol dire. Anche Mussolini parlava di patria, anche i repubblichini che nel marzo del '44 arrestarono mio padre e fracassandolo di botte gli gridavano se-non-confessi-domattina-ti-fuciliamo-al-Parterre. Anche Hitler. Anche Vittorio Emanuele III e Badoglio. Era patria la loro o la mia? E per i francesi la patria qual è? Quella di De Gaulle o quella di Pétain? E per i russi del '17 qual era? Quella di Lenin o quella dello zar? Io ne ho abbastanza di questa parola in nome della quale si scanna e si muore. La mia patria è il mondo e non mi riconosco nei costumi e nella lingua e nei confini dentro cui il caso mi ha fatto nascere. Confini che cambiano a seconda di chi vince o chi perde come in Istria dove fino a ieri la patria si chiamava Italia sicché bisognava uccidere ed essere uccisi per l'Italia ma ora si chiama Iugoslavia sicché bisogna uccidere ed essere uccisi per la Iugoslavia. Invece di darci il tema sul concetto di questa patria che cambia come le stagioni, perché non ci date un tema sul concetto di libertà?". Sarebbe stato un ottimo svolgimento della traccia B1, peccato che la Fallaci lo scrisse nel 1947.

Nel testo della proposta B3, invece, la giornalista riflette intorno alla Storia, forse mossa dai “grandi uomini”, forse mossa dalle masse. Questa proposta ha riscosso successo, perché la guerra in Ucraina ha posto i nostri giovani di fronte a interrogativi come questi, suggerendo la stessa risposta verso cui tende la Fallaci.

L’omaggio a Piero Angela, nella traccia B2, si inserisce fra queste due riflessioni sulla Storia e parla direttamente ai nostri ragazzi dei professionali, che più degli altri sono chiamati a interrogarsi sul ruolo cha avranno il lavoro e la manodopera nel futuro.

Ho trovato poco elegante la traccia C1, che parte dalla lettera inviata all’ex ministro Bianchi. Non si parla mai di un predecessore. Questo vale in amore e soprattutto a scuola, dove mi guardo bene dall’istituire confronti con i miei colleghi degli anni precedenti. La questione prova-scritta-sì/prova-scritta-no, poi, interessa più gli insegnanti e, più in generale, gli addetti ai lavori che i ragazzi del professionale, che stanno salutando la scuola e difficilmente torneranno a farne parte, se non come genitori spesso poco interessati.

Per fortuna degli studenti, c’era una traccia molto più vicina al loro mondo, quella sul valore dell’attesa ai tempi di Whatsapp. In massa l’hanno scelta, nonostante il rischio (in realtà sempre presente) di cascare sul banale e finire per raccontare come il proprio cellulare renda più tollerabile aspettare l’autobus.

Aspettando di poter leggere cosa hanno scritto le ragazze e i ragazzi, che sempre riescono a stupirci e quindi smentiranno le mie parole, non resta che farci distrarre dal cellulare. Al ministero, invece, hanno un anno intero per fare meglio, magari pensando, quando verranno selezionate le tracce per il 2024, che la platea a cui si rivolgono è molto ampia e non comprende solo gli studenti liceali.

Parole chiave: esami, esami 2023

Scrive...

Ruggero Policastro Insegnante in un istituto tecnico e professionale di Firenze

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