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02/11/2017

Letture per il diritto di cittadinanza

a cura di insegnare

Letture collettive per l'accoglienza e la cittadinanza

Il 3 ottobre, "Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione" , è stata scelta dai promotori dell’appello Insegnanti per la cittadinanza, a sostegno di una rapida approvazione della legge che riconosce la cittadinanza a chi vive e lavora nel nostro paese, in primis a chi frequenta la nostra scuola. Sono più di 800000 i bambini e i ragazzi a cui è garantito il diritto all’istruzione nelle scuole italiane.

Proponiamo agli insegnanti di costruire, durante l’anno scolastico, iniziative, che possano garantire il confronto nelle classi sui temi dell’accoglienza, della cittadinanza, dell’uguaglianza, della democrazia.

In particolare proponiamo di avviare queste attività, nella giornata del 3 ottobre, con alcune letture collettive da svolgere in ogni classe e che possano accompagnare la riflessione e la discussione fra i bambini e gli studenti. 
"insegnare" ha raccolto per questo una serie di spunti e di suggerimenti che potranno certamente essere integrati dai colleghi. 

Continuate a proporci e a svolgere attività sui temi dell'inclusione e della cittadinanza. Presto suggeriremo un agile format da utilizzare per raccontare e documentare le esperienze fatte. Potremo così raccoglierle e via via pubblicarle.

 Scrivere a redazione.insegnare@gmail.com 

 

Sommario

Appello di docenti e educatori per i soli e lo ius culturae 

Dalla scuola dell'infanzia al triennio ... una mattina  (redazionale) 

Lo jus soli "pensato" nella scuola primaria (Enrica Ena)

Letture non solo per quel giorno ...   (Pino Assandri) 

Una canzone inedita per tutti  (Spano-Amorello)

 

  Scuola dell'infanzia e prime classi scuola primaria

Leo Leonni, Piccolo blu e piccolo giallo, babalibri, 1999

 da FAVOLE leTTE, pubblicato 8 agosto 2014- Voce Giulia

Un commento postato su Youtube: 

Marcelo Adrianzen
1 anno fa
Benissimo, adesso sto imparando l'italiano perché è una bella lingua ,sono di Perú! Saludi ! :')

“Questo è piccolo blu. Eccolo a casa con mamma blu e papà blu. Piccolo blu ha molti amici ma il su o migliore amico è piccolo giallo che abita nella casa di fronte. Come si divertono giocare a nascondersi e al girotondo! In classe devono stare fermi e composti ma dopo la scuola corrono e saltano.
Un giorno mamma blu disse:” Io devo uscire. Tu aspettami in casa”. Ma piccolo blu voleva giocare con piccolo giallo e andò a cercarlo nella casa di fronte. Purtroppo la casa era vuota. Dove era piccolo giallo? Lo cercò di qua lo cercò di là. Lo cercò dappertutto ... finché improvvisamente girato l’angolo... Eccolo! Felicemente si abbracciarono e si riabbracciarono così forte che divennero verdi.
Poi andarono a giocare nel parco. Scavarono un tunnel. Rincorsero piccolo arancio si arrampicarono su per una montagna. Quando furono stanchi andarono a casa. Ma mamma e papà blu dissero:” Tu non sei il nostro piccolo blu. Tu sei verde”. E papà e mamma giallo dissero :” Tu non sei il nostro piccolo giallo. Tu sei verde”.
Piccolo blu e piccolo giallo erano molto tristi. Versarono grosse lacrime gialle e blu. E piansero e pianser o finché non furono che lacrime. Infine si ricomposero e dissero:” Ci crederanno ora?”. Mamma blu e papà blu furono felici di rivedere il loro piccolo blu. Lo baciarono e lo abbracciarono e abbracciarono anche piccolo giallo. Ma ecco che nell’abbraccio diventarono verdi!
Ora capirono che cosa era successo e corsero alla casa di fronte per portare la buona notizia. Tutti si abbracciarono con gioia e i bambini giocarono fino all’ora di cena.

 

  Classe terza scuola primaria

 

L'amicizia fra la tartaruga e l'aquila. Fiaba africana

La tartaruga e l'aquila non possono incontrarsi spesso: una passa il suo tempo tra le nuvole e l'altra sulla terra. Ma quando l'aquila capì che cara compagna poteva essere la tartaruga, venne a cercarla nella sua tana.

La famiglia della tartaruga fu molto contenta della sua compagna e l'aquila mangiò così bene che tornò varie volte: ogni volta che andava via rideva: - Ah, ah! Posso godermi l'ospitalità della tartaruga sulla terra, ma lei non potrà mai raggiungere il mio nido in cima agli alberi!

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  Classi quarta e quinta scuola primaria

I ciechi e l'elefante

Un tempo antico, in un paese dell'Arabia regnava il califfo Omar, ricco e benvoluto perché era saggio. Era di larghe vedute e non si arrestava all'apparenza delle cose. Prima di esprimere dei giudizi si sforzava sempre di comprendere le relazioni e i legami che ci sono tra i fatti, anche se a prima vista potevano apparire isolati e diversi.
Egli era perciò rattristato per la grettezza di spirito dei suoi ministri, che non vedevano più in là del loro naso.
"Va in giro per il mio regno" disse un giorno il califfo a un servo fidato "e trova, se ti riesce, tutti gli uomini sfortunati dalla nascita che non hanno mai potuto vedere e che non hanno mai sentito parlare degli elefanti". 


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  Classe quinta primaria e prima secondaria di I grado
 

Umberto Eco, I tre cosmonauti

C'era una volta la Terra. E c'era una volta Marte. Stavano molto distanti l'uno dall'altra, in mezzo al cielo e intorno c'erano milioni di pianeti e di galassie.
Gli uomini che stavano sulla Terra volevano raggiungere Marte e gli altri pianeti: ma erano così lontani!
Comunque ci si misero d'impegno.
Prima lanciarono dei satelliti che giravano intorno alla terra per due giorni e poi tornavano già.
Poi lanciavano dei razzi che facevano alcuni giri intorno alla Terra, ma invece di tornare giù alla fine sfuggivano all'attrazione terrestre e partivano per lo spazio infinito.
Dapprima nei razzi misero dei cani: ma i cani non sapevano parlare, e attraverso la radio trasmettevano solo “bau bau”.
E gli uomini non capivano cosa avessero visto e dove fossero arrivati.
 

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  Classi seconda  secondaria di I grado
 

Bertolt Brecht, L'esame per ottenere la cittadinanza (o Il giudice democratico)

A Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro
che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti
venne anche un oste italiano. Si era preparato seriamente
ma a disagio per la sua ignoranza della nuova lingua
durante l’esame alla domanda:
che cosa dice l’ottavo emendamento? rispose esitando:
1492.
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale,
fu respinto. Ritornato
dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi
ma ancora a disagio per l’ignoranza della nuova lingua,
gli posero la domanda: chi fu
il generale che vinse la guerra civile? La sua risposta
fu: 1492 (con voce alta e cordiale). Mandato via
di nuovo e ritornato una terza volta,
alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente?
rispose di nuovo: 1492. Orbene
il giudice, che aveva simpatia per l’uomo, capì che non poteva
imparare la nuova lingua, si informò sul modo
come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora
alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda:
quando
fu scoperta l’America? e in base alla risposta esatta,
1492, l’uomo ottenne la cittadinanza

in B. Brecht, Poesie (1934-56), Einaudi

  Classe terza scuola secondaria di I grado
 

Bertolt Brecht, Sulla denominazione emigrante

Falso quel nome assegnatoci sempre trovai:
emigrante.
Significa esule, si sa. Ma noi
esuli non eravamo per libera scelta,
scegliendo altro paese. E non andavamo
in altra terra per restarvi possibilmente per sempre.
Noi fuggivamo scacciati, banditi.
Né è una nuova patria, esilio è la terra
che ci accoglie.
Sostiamo inquieti, possibilmente presso il confine,
qui, in attesa del giorno del rientro,
qui, spiando al di là del confine ogni più piccolo
mutamento, ponendo accese domande ad ognuno
di là venuto, nulla dimenticato, nulla
tralasciando, e anche nulla che sia accaduto
perdonando, nulla perdonando.
Ahi, la quiete dell’ora non ci illude! Sentiamo
dai loro Lager le grida fino a qui.

Noi stessi quasi siamo d’un qualche crimine sospetti,
noi che potevamo passare le frontiere. Ognuno
di noi, che tra la folla va con scarpe sdrucite,
attesta il disonore che nostra terra macchia.
No, nessuno di noi vuol restare.
Non è ancora detta la parola ultima.

Poesie inedite sull’amore. Poesie politiche e varie (Garzanti, 1986), trad. it. G. Mucchi.

  Biennio della scuola secondaria di II grado

 

 

 

Marco Aime, Clandestino!

Ecco il nuovo marchio dell’infamia, Dragan. La nuova lettera scarlatta, cucita sulla vita di chi è colpevole non solo di non essere nato qui,ma di non avere il timbro dell’autorità. Una colpa che diventa sempre più grave, via via che ci rinchiudiamo nei nostri recenti. Essere investiti da un rumeno fa più male che esserlo da un italiano. Il reato diventa più grave, se a commetterlo è uno straniero: l’autoctonia diventa un’attenuante, la clandestinità una cola, fino a trasformarsi in un reato essa stessa.

Porto il nome di tutti i battesimi, ogni nome il sigillo di un lasciapassare, per un guado una terra una nuvola un canto, un diamante nascosto nel pane per un solo dolcissimo umore del sangue, per la stessa ragione del viaggio,viaggiare.

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  Triennio scuola secondaria di II grado

 

Proponiamo questa poesia perché ci sembra contenere un bilancio piuttosto amaro dell’inserimento nella cultura italiana, sia pure avvenuto con successo, da parte di un emigrato africano.

 

 

 

 

 


Ndjock Ngana
Cittadino italiano originario del Camerun, discendente di patriarchi βàsàà. Poeta, scrittore e mediatore culturale, vive in Italia dagli anni Settanta. Ha ricoperto nel Lazio vari incarichi istituzionali nell’ambito delle tematiche migratorie.

Ndjock Ngana, Ridatemi la mia povertà

Ridatemi la mia povertà,
quella che insieme alla dignità,
strappaste tantissimo tempo fa,
a mio troppo buon avo incauto.

Ridatemi l’odio giusto e sano
che viene dopo l’arrabbiatura,
ma si fa vincere dalla regola,
che forte, usa la comprensione.

Ridatemi la mia amata povertà
nella quale mancava la solitudine;
se insistete nel chiamarla povertà,
ricordate che gli mancava l’avidità.

Ridatemi la mia povertà,
per ritrovare il mio Dio,
recuperare la mia umiltà,
ed essere umano come fu mio nonno.

Ridatemi la mia povertà,
per sentire in me la forza,
la fierezza di potere
piangere e ridere

con i miei propri occhi,
con il mio proprio cuore,
con la mia propria anima.
Ridatemi la mia povertà!

da La nostra Africa- βàà Iόň Afrĭkà?- Poesie, VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Addis Abeba, 2017.

   
  Per i docenti  e oltre ...
Jacques Le Goffe, “Il Corriere della Sera”, 6 giugno 2000.

L'Europa nasce dalle migrazioni e dalle ibridazioni che ne sono derivate, ed è mia convinzione che queste, nel passato come probabilmente nel futuro, siano caratteristica essenziale dell'Europa e della sua civiltà. L'Europa non è un prodotto della geografia, sebbene i dati geografici, elaborati dagli uomini e dalla storia, abbiano avuto un ruolo importante nel costituire la sua identità e nell'impatto dei fenomeni interni ed esterni: migrazioni e peregrinazioni, apertura delle frontiere terrestri e apertura regolata di quelle marittime, predominanza di pianure e spazi fertili favorevoli alle colture di cereali e preponderanza di clima temperato.

 

  per tutti ....  

Che patria sarà, una bella canzone composta e interpretata da Elena Spano e Emanuele Amorello. 
clic qui scaricare l'audio 
(© 2017 spano-amorello).

 

Che patria sarà.
 

Se tu guardi negli occhi
di un uomo vedrai
una storia che parla di lui.
Ma il suo sguardo è fuggito
da una terra che ormai
gli ha strappato la sua dignità.

Le speranze le attese
sono pronte con lui
a solcare quel mare che fu accogliente, maestoso
e che secoli fa
ha creato la mia civiltà.

E quel mare sussurra
“ troverai al di là
una terra che patria sarà”

Ad un tratto l'abisso
si risveglia da giù
e i compagni inghiottiti dal blu
dove son le speranze
annegate oramai
ma dal mare tu ti salverai

Se tu guardi negli occhi
di un uomo vedrai
una storia che parla di lui
scorgerai nel suo sguardo
il volto di chi
custodiva la sua dignità

Le speranze le attese
sono salve oramai
hai solcato quel mare che fu
accogliente maestoso
e che ora ti dà
la speranza di libertà

 

E inoltre ...

L'amore senza motivo, corto-documentario sui migranti, sulle difficoltà ma soprattutto sulla bellezza dell'integrazione. Il corto diretto da Paolo Mancinelli ruota attorno alla storia del sedicenne Majid Alshakarji, profugo siriano amante del rap condotto in Italia da papa Francesco dopo la sua visita a Lesbo. Quindici minuti di documentario bastano per capire se sia possibile abbracciare davvero e senza conflitti la lingua e la cultura italiana.