Niente scuola in presenza per tutti fino al 30 giugno.
Si parla come al solito di "autonomia" e di "solo per chi deve recuperare" e di "solo per gli insegnanti che non hanno esami".
Con l'autonomia, finirà che quasi nessun docente segnalerà i bisogni reali per non dover poi sobbarcarsi montagne di documenti in cui scrivere cosa devi recuperare, come intendi farlo e per chi, e poi se ci sei riuscito e perché no, e griglie e rubriche valutative con mille voci. Anche io - se non potrò segnalare e seguire io tutte intere le mie classi - non lo farò.
Verranno a scuola i soliti noti, di nuovo azioni punitive per i più fragili, il gruppo differenziale con insegnanti che molto probabilmente non conoscono tutti, di nuovo non passa l'idea che si impara solo attraverso la relazione, con i miei compagni e i miei insegnanti.
Nella scuola media sono pochi gli insegnanti che non hanno esami e spesso stanno già a scuola di più di chi fa esami (che se la cava con meno giornate anche se molto intense sì, e stancanti). E che cosa recupereranno, con gruppi di alunni fragili che non conoscono?
Come ho già scritto non mi piace per niente questa parola "recuperare" perché anche io penso che non ci sia nulla da recuperare (tantomeno i programmi o meglio i manuali da finire), e penso anche che non sia possibile.
Mi sarebbe piaciuto molto invece che mi fosse restituito un po' del tempo in presenza con le mie classi, tempo soprattutto per la socialità e per il pensiero collettivo e per apprendere insieme. Parlo per la scuola secondaria di primo grado, la scuola dell'orientamento e dell'autonomia, in particolare le classi seconde e terze, le più penalizzate.
Certo si sarebbero dovute immaginare delle regole e delle risorse dal Ministero per evitare che fossero invece giorni ancora di lezioni frontali e verifiche e interrogazioni: inserire un'uscita, uno
spettacolo, un museo a settimana; imporre la realizzazione di un'impresa collettiva a classi aperte ecc. Se vogliamo una scuola diversa dobbiamo cominciare anche a dare spazio all'immaginazione, non solo e sempre fare i conti con la realtà di una scuola inadeguata.
Certo si trattava anche di un'operazione simbolica, ma anche di simboli abbiamo bisogno. Un segnale, un'attenzione.
Certo bisognava pensare a un'esame di terza media in frequenza, cioè svolto durante il tempo scuola in frequenza, senza commissione. Immaginare modalità diverse, eccezionali. Pazienza.
Invece hanno vinto di nuovo i piccoli privilegi, questo circolo vizioso "ti pago poco e ti chiedo poco", un patto scellerato. Difeso dai sindacati che oppongono piccole questioni per non fare invece che chiedere risorse per fare, di fronte a un grande cambio di orizzonte: tempo alla scuola, per una scuola diversa.
La maggiorparte degli insegnanti ha lavorato più di prima, giorno e notte, festivi compresi (del resto, se inizi a farlo bene il nostro da sempre è un lavoro stagionale a tempo pieno, perché la scuola ti agguanta ogni minuto, se la fai bene). Alcuni (pochi) in maniera efficace, inventando e costruendo nuove modalità e nuove alleanze con le famiglie (e nonostante tutto perdendo comunque qualche alunno che si è reso irraggiungibile). Altri (molti) in maniera convulsa, con il fiato sul collo dei genitori o di sé stessi, diligenti, a compilare tutta la mole di documenti, a interrogare fuori orario per avere i voti, a inventarsi modalità di controllo per chi copia, schiavi delle notifiche di GoogleSuite.
Una minima minima parte ha lavorato meno, per tante ragioni dall'orario ridotto in DAD ai progetti che non si sono attivati agli alunni HC assenti a una propria fragilità personale, per cui l'istituzione pubblica funziona da ammortizzatore sociale. Ma di questi pochi non vale la pena parlare, per me. Non è su di loro che costruiamo una scuola diversa.
Questo anno di pandemia (che sono due anni scolastici) è stato davvero complicato, ma per uscirne migliori ci vuole tempo e risorse e persone migliori. Io non voglio tornare alla scuola di prima. Perché sono emerse tutte le difficoltà che già molti di noi conoscevano e non possiamo
rimetterle sotto il tappeto del ritorno alla normalità.