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10/01/2017

Tullio De Mauro e la mia formazione

di Rosanna Angelelli

Le considerazioni che faccio in questa mia scrittura traggono spunto da due eventi: il convegno nazionale del CIDI “Una sfida ancora aperta”, svoltosi il 20 Febbraio 2016 a Napoli, per riflettere sui  quaranta anni trascorsi dalla pubblicazione delle “Dieci tesi sull’Educazione Linguistica Democratica” a firma del prof. Tullio De Mauro e in sinergia con il Cidi e il Giscel; la morte recentissima del professore.

Un convegno di oggi e la mia formazione di ieri

Parto dal Convegno, dove De Mauro fu intervistato da Giuseppe Bagni. Insieme ad altre due colleghe della redazione dovevo sintetizzare gli interventi, dopo esserci distribuite le parti. I criteri, tra cui la lunghezza del testo, non furono stranamente concordati, e questo fatto mi spinse non a fare una sintesi ma una vera e propria trascrizione. Alla legittima meraviglia delle due colleghe che me ne chiesero garbatamente spiegazione risposi  raccogliendo le idee sul convegno ma anche sul mio rapporto con Tullio De Mauro, l'educazione linguistica e la formazione professionale e politica. Sono pensieri e ricordi che oggi mi ritornano alla mente e che desidero condividere.

  “Cari tutte/i, vi mando il file di sintesi. È lungo, ma non solo perché è un lavoro di collage a sei mani. Ho aggiunto in azzurro delle integrazioni dai miei appunti, che più che essere tali sono quasi sempre delle stenografie. In questo modo, penso, abbiamo ricostruito il convegno in tutti i suoi aspetti, molto complicati anche e soprattutto dal punto di vista della politica culturale che si è svolta nella nostra scuola da quaranta anni a questa parte.
Questo convegno nazionale era per l’appunto a più facce: certo non celebrativo di un passato che non passa nelle coscienze di una generazione come la mia (ho 73 anni!), che ha conosciuto da studentessa negli anni 1963-64 Tullio De Mauro, giovane assistente di glottologia, affabile, colto ma, orrore, in odore di comunismo!
Poi ho cominciato a lavorare nella scuola come giovane insegnante ancora imbevuta di classicità, fino alla bufera del ’68, così salutare da farmi rileggere e ammodernare meticolosamente ogni mio sapere. I Maestri della mia formazione universitaria: Natalino Sapegno, Tullio De Mauro, lo storico Luigi Moretti (padre del regista), Ranuccio Bianchi Bandinelli. Ad essi si affiancarono Enrico Arcaini, Lucio Villari, il gruppo dell’Irsifar, Don Milani, Freud, Umberto Eco, Gianni Vattimo, ecc.
Ma soprattutto, balzarono in primo piano le esigenze formative dei miei studenti. Loro mi motivavano. Quando uscirono le Tesi ne diventai entusiasta propugnatrice, ma il più della mia formazione era stato già  costruito. In più ero una militante radicale a sostegno del divorzio, per la depenalizzazione dell’aborto, per l’educazione sessuale nelle scuole; ero delegata sindacale CGIL addetta alle graduatorie nella mia scuola, avevo partecipato alla stesura dello stato giuridico degli insegnanti.


Questo il reportage dal Convegno nazionale del Cidi a Napoli (2016) sulle "Dieci Tesi", dal titolo "Una sfida ancora a perta", pubblicato su "insegnare" a cura di Rosanna Angelelli, Gloria Calì e Agata Gueli, che contiene il dettagliato resoconto dell'intervista di Giuseppe Bagni a Tullio De Mauro.

 Oggi tutta questa congerie di esperienze sta nella relazione di Alba Sasso, nella grinta di Annamaria Palmieri, ma anche nell’amarezza del prof. De Mauro, che ne deve aver viste di tutte i colori all’università e nella politica. La mia è quindi una generazione che ha assistito e partecipato alla costruzione e allo sfaldamento della sinistra, ma anche di tanti ideali e  teorie. Ho aggiunto al nostro report una precisazione che De Mauro  ha fatto sottovoce durante l’intervista  definendo Dante “figlio, non padre dell’italiano”. Non l’ho fatto per pignoleria, ma perché sotto questo giudizio si nasconde una battaglia che chi è giovane insegnante purtroppo non  conosce: è la battaglia sul dialetto, da nobilitare e difendere alla pari di tutte le lingue. Appartiene agli anni ’70.
Non dobbiamo dividerci sul passato ed essere reciprocamente diffidenti, perché io vorrei tanto passare il “testimone di corsa” a giovani colleghi, colti del presente, ma anche del passato. La rottamazione auspicata da Renzi non è un rinnovamento, è una cancellazione, una rimozione. Certamente la sinistra storica ha tante colpe per errori e corruzioni, ma non tutti sono così, e massimamente gli insegnanti democratici, che non sono stati mai valorizzati dal sistema politico proprio perché sono stati “puliti” e “critici”, in una parola “inattuali”. Non sono stati mai, come si diceva una volta, “servi del potere”. In questo modo si capisce anche come mai fossimo a questo convegno in 88 e non in 800. La vocazione del Cidi è democratica, ma oggi, in una società liquida solo all’apparenza, ci sono tante forme di democrazia “fasulle”.
Non è democrazia, per esempio, disinteressarsi dell’inclusione, mantenere le storture di Gelmini, non intraprendere una vera formazione degli insegnanti. Per questo, ogni convegno che verrà dal Cidi, apparirà un po’ gufaceo e retrò. È che di false partenze ce ne sono state troppe e i treni passano sempre di meno.”

Questo scrivevo appena un anno fa.

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A proposito della morte di De Mauro ho già espresso su internet il mio dolore, ma insieme con esso voglio fare delle precisazioni su ciò che non sarei stata, innanzitutto come persona, e quindi come intellettuale e insegnante, se non avessi avuto l’opportunità di certi incontri culturali, di certi contatti ideali. Prima Antonino Pagliaro e quasi subito dopo De Mauro  con le sue splendide traduzioni mi fecero conoscere le teorie linguistiche di De Saussure.

"Non uno di meno" fra langue e parole

La distinzione tra langue e langage, tra langue e parole fu illuminante, nel senso che mi incuriosii innanzitutto nei confronti della mia parole, di contro alla langue  di quell’italiano affascinante ma “monumentale e marmoreo” (per dirla con Caproni), con cui tuttavia fino allora mi ero espressa: una lingua di studio, ma anche di comunicazione elitaria, che restringeva notevolmente il numero dei miei interlocutori possibili e quindi anche dei miei eventuali fatti di vita.
Fu un’avventura cercare e riesumare il soggiacente dialetto fabrianese di mia nonna, di certi amichetti della prima infanzia, i modi di dire, la freschezza schietta e dolente di una cultura popolare fino allora rimossa. Nello stesso tempo il raffinatissimo scavo nelle radici delle lingue arcaiche (latino, greco, sanscrito) mi confermò l’opportunità di aprire lo storicismo e l’idealismo crociano della mia prima formazione a fenomeni sociali, politici, religiosi tra loro intrecciati, di cui le lingue sono portatrici e con significati che essendo  pur sempre aperti all’uso, sono polisemici, ambigui, flessibili.
Tutto questo mi ha permesso di non franare nella mia prima vera esperienza di insegnamento: in montagna, a contatto con ragazzini poverissimi di tutto, che usavano solo il loro dialetto. “Non uno di meno”, quante volte il detto di don Milani è stato fatto proprio nella visione educativa (oggi purtroppo la potremmo chiamare utopica) del prof.  De Mauro! Essa ha illuminato il nostro fare di insegnanti impegnati nel sociale e certamente non per pietismo, ma sulla base di una necessaria trasmissione di strumenti e percorsi cognitivi “alti” e per tutti.

Perché anche quel riflettere su quali possano essere le parole che “contano” per farci uscire fuori dalla condizione di diseredati rispetto a linguaggi specialistici astrusi, come quello burocratico, giuridico, tecnico; quel monitorare l’isolamento comunicativo per mancanza di saperi complessi da leggersi e scriversi, tutto questo ha caratterizzato lo sforzo innovativo delle "Dieci tesi sull’educazione linguistica". E la partecipazione quasi testarda del professore al periodico monitoraggio della cultura degli italiani, quella valorizzazione dei passi in avanti fatti in certi territori, come in Calabria, a torto ritenuti persi da una opinione politica sclerotizzata e fintamente modernista, dovranno diventare un monito irresistibile per uscir fuori dalla palude dell’ignoranza, da un negativo ritorno all’indietro, nel tecnicismo meccanicistico o nello sciocchezzaio più paesano.

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Ricordo di esame

E per esorcizzare le macchinosità valutative in cui si dibatte la scuola attualmente, presento la testimonianza di un mio ex alunno sul suo esame di Filosofia del linguaggio sostenuto con il prof. De Mauro.

“Ho sostenuto l’esame di filosofia del linguaggio con il prof. De Mauro. Esame particolare: non mi ha chiesto nulla di quello che avevo studiato, ma ha chiesto che leggessi un passo abbastanza esteso di un libro scelto da lui. Poi mi fa: “Mi dica quello che ha capito”. Ricordo che ho iniziato a parlare un po’ come fiume in piena… parlo, parlo, farcendo il mio discorso con cose studiate che mi venivano in mente… effetto adrenalina. Insomma poco dopo mi ferma e mi dice le testuali parole: “Si vede che ragiona: 27!” Non me lo sono fatto ripetere. Ho preso lo statino e sono fuggito. Ero terrorizzato da quell’esame, molto fumoso per me… Quello che ricordo nitidamente è la sua voce squillante unita alla speciale vitalità dello sguardo. Non ricordo il titolo del libro. Ricordo invece con terrore il programma di studio: De Saussure (significato e significante), Wittgenstein (affascinante, ma inafferrabile) Kant, ma non ricordo cosa, e altro. Da qualche parte devo avere alcuni libri rigorosamente fotocopiati. Insomma quanto di più fumoso allora potessi immaginare, terreno scivoloso solo per acrobati dell’eloquenza e della retorica…”
Ma certo non fu così, perché Lamberto Lugli è diventato docente di Composizione al Conservatorio di Pesaro ed è attivo come direttore d'orchestra e come compositore.

 

 

Speciale Tullio De Mauro e l'educazione democratica

Raccogliamo in queste pagine alcuni scritti di Tullio De Mauro pubblicati negli anni per insegnare o per il Cidi; articoli e ricordi scritti per la rivista da allievi, amici, insegnanti nei giorni immeditamente successivi alla sua morte; segnaleremo altri ricordi e testimonianze tratti da altre fonti e poi, via via, speriamo di aggiungere nuove riflessioni e spunti di approfondimento e di lavoro attorno a temi e questioni centrali nel suo insegnamento e per l'educazione linguistica democratica.

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Scrive...

Rosanna Angelelli Di formazione classica, già insegnante di materie letterarie nei licei, è stata per anni redattrice di "insegnare".