Home - la rivista - opinioni a confronto - “Partire dal senso della scuola e del lavoro”: il ruolo dell’orientamento scolastico

specialeopinioni a confronto

07/05/2023

“Partire dal senso della scuola e del lavoro”: il ruolo dell’orientamento scolastico

di Claudia Dogliani

Il 15 aprile si è tenuto al Campus Einaudi il convegno “Partire dal senso della scuola e del lavoro”, organizzato dal Cidi di Torino, dall’ Università di Torino e dalla Fondazione “Istituto Piemontese Antonio Gramsci”. Nel corso della mattinata il rapporto tra scuola e lavoro è stato affrontato e approfondito attraverso punti di vista diversi legati al mondo della scuola, dell’economia, della sociologia e della pedagogia.
Il 19 maggio prossimo si terrà al Polo del Novecento il seminario conclusivo, nel quale si potranno confrontare i soggetti attivi che operano nella scuola, nella ricerca universitaria, nella formazione professionale e nel mondo del lavoro attorno alle tematiche che legano l'esperienza scolastica e l’esperienza lavorativa.

Si è scelto di utilizzare nel titolo del convegno il verbo “partire” perché la riflessione deve iniziare proprio dal riscoprire il senso di quelle che sono le due esperienze centrali della nostra vita, che vanno riconosciute e valorizzate: l’esperienza della scuola e l’esperienza del lavoro. “Partire dal senso della scuola” è anche il titolo di un documento che il Cidi Torino ha pubblicato tre anni fa con l’obiettivo di aprire un approfondito confronto e avviare coerenti iniziative sulle tematiche che gli insegnanti si trovano ad affrontare in un momento in cui la scuola, da contesto investito dalla crisi, può proporsi come risorsa per combattere la crisi, come bene comune per sostenere la rinascita del Paese. A partire da questo documento sono state organizzate negli scorsi anni iniziative di approfondimento sui temi della laicità, quale carattere basilare della scuola pubblica, e del rapporto scuola-territorio, sottolineando il ruolo fondamentale della scuola in quanto parte del Sistema Educativo del territorio in cui opera. Quest’anno si è scelto di approfondire il rapporto tra scuola e lavoro, tema che è una grande tradizione culturale del Cidi e di cui si è sempre sottolineata l’importanza. Dal lavoro del gruppo di studio e ricerca è nato un ampio documento alla stesura del quale hanno partecipato attivamente educatrici di asilo nido, insegnanti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado e dirigenti scolastici, che si sono confrontati nel corso di diversi mesi sul rapporto tra scuola e lavoro a partire dalla propria esperienza, riflettendo insieme su quale cultura del lavoro serva a una società democratica. Appare infatti determinante che, per ripensare alla scuola, sia necessario ripensare al lavoro e alla sua dignità, nella consapevolezza che se non cambia il modo di pensare il lavoro, la scuola ne sarà sempre succube e sempre alla rincorsa dell’adeguamento del suo senso. Per realizzare integralmente l’essere umano occorre infatti garantire ad ognuno il diritto a svolgere un lavoro emancipante e dignitoso, rifiutando un modello produttivo che punta sull’uso “a termine” e a basso costo della forza lavoro, così da aggravare le prospettive di milioni di giovani, finendo con il negare sicurezza e dignità al loro lavoro.

Nel documento di Torino si valorizzano pertanto la scuola e il lavoro nella dimensione di bene comune universale, dimensione in cui l’umanità delle persone non è ridotta a fattore di produzione e l’infanzia e l’adolescenza non siano intese come tempo di formazione del capitale umano. Si sostiene inoltre la scuola come esperienza di umanizzazione attraverso la cultura e il lavoro dignitoso come elemento di emancipazione.

Dal confronto è emersa l’importanza dell’orientamento scolastico, tema su cui vorrei soffermarmi facendo riferimento in particolare alla mia esperienza nella scuola secondaria di primo grado.
Ciò che è accaduto con la costituzione dell’attuale Ministero per l’istruzione guidato dal ministro Valditara, che non solamente non ha più nel nome l’aggettivo “Pubblica”, ma che ha aggiunto addirittura la parola “Merito”, ha portato alla forte incentivazione di sistemi formativi orientati principalmente alla promozione di maggiori competenze finalizzate alla competizione, in un sistema economico basato sulla meritocrazia.

E proprio il concetto di “merito” e quello di “talento” sono evidenziati nelle Linee guida per l’orientamento recentemente emanate. 

A questo proposito vorrei ricordare le parole di Massimo Baldacci, che afferma: Una scuola ‘giusta’ non si limita a premiare la capacità, perché non vi è alcun merito nell'appartenere a una famiglia socialmente avvantaggiata (o nell'aver ricevuto un buon corredo genetico dalla lotteria naturale, se si preferisce). Una scuola “giusta” mira a ripianare le diseguaglianze (o almeno ad accorciarle) cercando di assicurare a tutti i discenti uno sviluppo ottimale delle capacità”.

Nelle Linee guida si dichiara che ogni istituzione scolastica e formativa deve individuare i docenti - per i quali sono previste iniziative formative specifiche - chiamati a svolgere la funzione “tutor” di gruppi (che al momento si ipotizzano formati da 30-50 studenti). È invece di fondamentale importanza che tutti gli insegnanti continuino a essere coinvolti nell’adottare e attuare scelte didattiche in grado di includere e orientare tutte e tutti, mantenendo la collegialità dell’insegnamento come principio irrinunciabile. Nel testo vengono inoltre previste, nei percorsi di formazione, “almeno 30 ore aggiuntive”, dedicate ad attività specifiche di orientamento, delle quali è difficile riconoscere l’utilità. Verrà così eroso ulteriormente il tempo scuola contraddicendo la scelta, che invece sarebbe giusta, di operare nell’ambito di una didattica orientante e riflessiva che riguardi e caratterizzi tutti gli insegnamenti. Un approccio che, con il fornire elementi di conoscenza nei diversi ambiti disciplinari, miri alla promozione della persona, come soggetto critico che sappia orientarsi nella complessità della realtà. La cultura del lavoro è infatti presente nel curricolo stesso ed è quindi sufficiente - secondo noi - che la scuola svolga bene la propria funzione, senza la necessità di anticipare alcuna formazione di tipo professionalizzante.

Nelle Linee guida le ore aggiuntive finalizzate all’orientamento sono previste fin dal primo anno della scuola secondaria di primo grado, con l’idea che prima si comprende il talento di ognuno, prima il singolo potrà avere il suo progetto di vita, anticipando così sempre di più il momento delle scelte di studio e professionali, ribadendo l’ottica di una scuola di stampo gentiliano. Questa volontà di anticipare il momento della scelta professionale, invece di spostarla quanto più possibile in avanti nel tempo, viene palesata anche nella lettera che è stata inviata dal ministro Valditara alle famiglie dei ragazzi che frequentano l’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado, lettera alla quale il ministro ha allegato “i numeri e i profili professionali che corrispondono maggiormente al fabbisogno del mercato del lavoro” e statistiche relative alle “opportunità lavorative che ogni Regione offre rispetto agli istituti presenti sul territorio”, sottolineando l’importanza che i genitori tengano presenti nella scelta della scuola superiore il rapporto tra percorsi formativi e occupabilità, evidenziando le principali tendenze del mercato del lavoro. Viene così promosso un modello di scuola subalterna alle logiche dell’economia locale (legata alle differenti opportunità offerte dai territori), del profitto e del mondo dell’impresa, non tenendo conto del fatto che il futuro lavorativo è in continuo mutamento.

Nella lettera il Ministro invita al tempo stesso la scuola, attraverso i docenti, ad “accompagnare la decisione di ciascuno al fine di realizzare al meglio i talenti di ognuno”. Anticipare sempre più le scelte professionali e legare l’orientamento scolastico a talenti e merito degli studenti è un’operazione pericolosissima, anche perché oggi i ragazzi in difficoltà, già a 14 anni, sono spesso indirizzati ai corsi triennali regionali di formazione professionale, corsi che finalizzano, dosano e motivano l’istruzione alla professione da costruire, in nome di una precoce vocazione al lavoro.

Inserire i ragazzi su binari differenziati già al termine della scuola secondaria di primo grado significa cristallizzare o addirittura ampliare le disuguaglianze, certificandole e decidendo “a priori” che tipo di ruolo e di futuro spetta ad ognuno nella vita sociale. La scuola non ha questa funzione, perché il suo compito, in linea con quanto stabilito dagli articoli 3 e 34 della nostra Costituzione, è esattamente l’opposto, cioè quello di promuovere per tutti e per tutte la realizzazione dell’autonomia personale, sociale e lavorativa e di prospettare la crescita e lo sviluppo dell’allievo “in tutte le direzioni”, formandolo in quanto cittadino.

La scelta di enfatizzare quello che il ministro Valditara chiama “merito” e di inserire un percorso specifico di orientamento scolastico fin dal primo anno della scuola secondaria di primo grado non solo non servirà ad arginare la dispersione scolastica, già di per sì allarmante, ma la aumenterà. Occorrerebbe invece prevedere, così come affermato nel documento del Cidi Torino e come emerso nel succitato convegno, di posticipare il momento della scelta del percorso di studi da intraprendere, attraverso il prolungamento effettivo dell’obbligo di istruzione almeno fino ai 16 anni. Sarebbe necessario costruire percorsi formativi che prevedano al termine della scuola secondaria di primo grado l’accesso a un biennio iniziale, centrato sull’istruzione, diversificato in riferimento ai grandi campi del sapere, ma unitario in quanto a valenza formativa.
Elevare l’obbligo scolastico permetterebbe di ridefinire un curricolo - unico fino a 14 anni, unitario fino a 16 - più disteso, con l’obiettivo di migliorare i risultati di apprendimento per tutti e per tutte e di facilitare e incentivare i percorsi di formazione e di istruzione successivi, attraverso percorsi triennali diversificati, in cui si realizzi in diversa modalità, fino ai 19 anni, l’integrazione tra istruzione e formazione professionale, rendendo al termine accessibile  a tutti e a tutte la prosecuzione ulteriore degli studi e/o l’ingresso nel mondo del lavoro.
Verrebbe così attuata l’integrazione tra istruzione e formazione professionale attraverso un percorso formativo (da 0 a 19 anni) progressivo e in grado di corrispondere alle esigenze formative proprie delle diverse fasce di età, contribuendo in modo efficace alla lotta alla dispersione scolastica e all’insuccesso formativo degli studenti.

È quindi premessa indispensabile rifiutare un modello di scuola basato sulla competizione e sulla meritocrazia, una scuola subalterna alle logiche dell’economia locale, del profitto e del mondo dell’impresa. Ed è al tempo stesso di fondamentale importanza pretendere che la scuola sia in grado di corrispondere ai bisogni della formazione del cittadino, del lavoratore (non del “produttore”), della persona nella sua interezza. Per realizzare questo obiettivo occorrerebbe però unire forze e idee per rigenerare in modo profondo e significativo la scuola, ripartendo dal senso dell’esperienza scolastica e dal senso dell’esperienza lavorativa, coscienti del fatto che perché ci possa essere un reale cambiamento è necessario che avvenga la collaborazione di due entità: un mondo del lavoro che non esaurisca nella mera produzione di beni l’esperienza umana, e una scuola che sia capace di formare il cittadino attraverso l’esperienza sociale di umanizzazione culturale. Sono questi gli elementi indispensabili per poter realizzare, con il contributo di ognuno di noi, una scuola che sia comunità democratica, che formi e induca allo spirito critico e alla libertà di pensiero e di espressione, che sia luogo e tempo dell’emancipazione culturale di tutti e di ciascuno in un orizzonte di emancipazione sociale, una scuola, cioè, che faccia proprio il mandato che la Costituzione le affida.

Scrive...

Claudia Dogliani Docente di lettere nella scuola secondaria di I grado; Presidente del Cidi Torino

sugli stessi argomenti

» tutti