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23/01/2019

Grazie, a chi riconosco senza aver mai conosciuto.

di M. Gloria Calì

La vicenda umana e politica di Luciana Pecchioli è legata strettamente a quella del CIDI, che, voglio ricordare egoisticamente, ha esattamente la mia età: è nato nel 1972, e, un po’ come me, è nato da molti genitori.
Alba Sasso ricorda, in un suo intervento su insegnare in occasione della scomparsa di Bice Chiaromonte:

... si trattava di ripensare il sapere della scuola per fare dell’istruzione la leva di una crescita civile e democratica del Paese e per garantire a tutte e tutti  uguaglianza di opportunità e successo formativo. Si trattava di rendere operativo il mandato costituzionale (art.3, comma 2), di superare la divisione tra scuole, quella dei "fabbri" e quella dei "dottori", di far vivere la lezione di Don Milani. […] Fu nel 1972, che Luciana Pecchioli, Tullio De Mauro, Bice Chiaromonte, Lucio Lombardo Radice, Maria Teresa della Seta, Franco Baratta, Ermanno Testa e altri diedero vita a Roma al Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) che proprio su quei temi intendeva misurarsi. 

In un tempo remotissimo in cui i dirigenti di partito erano persone che studiavano, ed esprimere un’opinione era un impegno con se stessi e non con un "like", Giorgio Napolitano era convinto dell’importanza del Cidi, il cui  obiettivo era la realizzazione della Costituzione italiana attraverso iniziative democratiche di scuola.
 Luciana Pecchioli scrive, a questo proposito:

Per capire, per migliorare e trasformare il nostro mondo, bisogna non solo desiderarlo, ma bisogna sapere… Nel momento in cui diciamo no al nozionismo, diciamo si a una conoscenza e un’informazione che siano collegate alla realtà del mondo di oggi e di domani.

E, nota bene, usa “realtà” senza alcuna locuzione con “compito”, e unisce, pur lasciandole distinte, “conoscenza” e “informazione”. 

Non farò alcuna considerazione sullo stato della consapevolezza dei docenti a 46 anni di distanza da queste affermazioni: mi limito a riflettere che sono state consumate troppe parole su un presunto, illegittimo contrasto tra conoscenze e competenze, mentre la chiarezza di Luciana nel suo scritto deriva direttamente dalla chiarezza espressiva degli articoli della Costituzione.

Il CIDI, quindi, nasce, nella mente di Luciana e di tutti gli altri fondatori, a partire da un’intesa culturale, prima ancora che politica, su una idea di scuola. Lei è del CIDI la prima Presidente nazionale. Parlo di lei, e di tutti quelli che erano con lei, al presente, perché è importante per me che mi siano vicini tutti loro, anche quelli che non ci sono più fisicamente, ma che hanno lasciato scritti e testimonianze sulle quali si lavora ancora troppo poco.

Scrive Luciana su un numero di “Astrolabio” del 1980:

La scuola è molte cose. Per insegnanti, presidi, bidelli e segretari è il lavoro, I’impiego, il posto sicuro da cui proviene lo stipendio, l'assistenza sociale, la pensione. Per milioni di ragazzi è il luogo principale d'aggregazione, un veicolo per la circolazione di idee, comportamenti, riferimenti collettivi. Per altrettanti milioni di genitori è una sala d'attesa dove i figli possono soggiornare per un numero imprecisato di anni sollevandoli da pesanti, spesso inaffrontabili, responsabilità.

Nulla di meno e di più della visione di una scuola smembrata e spersonalizzata che molti insegnanti oggi possono avere; l’attualità di questo pensiero di Luciana ci induce a cercare lì un esame profondo dei disagi della professione docente, e, nelle sue stesse parole quegli indirizzi culturali che possono, oggi ancora, condurci fuori da quei disagi. 

Un altro esempio di disamina lucida di un certo approccio del fare scuola, modernizzante senza essere efficacemente moderno, è fornito da Luciana a proposito della sperimentazione dei licei: 

la singola scuola sperimentale ha spesso finito con il trasformare il progetto di sperimentazione in un «suo » progetto di riforma; ciò ha favorito talvolta l'emergere di tendenze corporative, elitarie, di inseguimento del nuovo per il nuovo

Penso qui ad Eduscopio, che fa la classifica delle scuole di secondo grado, orientando la scelta dei genitori, penalizzando inutilmente gli istituti che mostrano minore qualità dell’offerta (su quali parametri, poi?), senza sostenerne concretamente il miglioramento, soprattutto rispetto ai contesti deprivati. Allargando lo sguardo, penso a tutte quelle scuole, che innovano attrezzature e strumentazioni senza adeguare le didattiche ai bisogni di tutti gli studenti.

Sul piano delle politiche scolastiche nazionali, Luciana rileva ancora a proposito dei licei sperimentali una considerazione che senza sforzo estendiamo a tutte le scuole, soprattutto quelle che si trovano a presidiare le competenze culturali degli studenti in luoghi lontani dai grandi centri urbani, condizione molto diffusa, in un paese geograficamente disomogeneo come il nostro: 

La carenza di interventi di programmazione ha pesato gravemente anche su altri piani: dalla disponibilità di strutture scolastiche adeguate, all'organizzazione del lavoro degli insegnanti. Un ostacolo molto serio, per esempio, è venuto dal continuo cambiamento dei docenti. Vi è qui un contrasto difficilmente sanabile tra l'esigenza di avere in questo tipo di scuola docenti disponibili alla sperimentazione e in grado di sperimentare e i diritti sindacali che portano nelle scuole sperimentali (per trasferimento, per assegnazione di cattedra ecc.) docenti che non hanno partecipato al progetto di sperimentazione e che molto spesso non riescono e non vogliono inserirsi nel gruppo.

Altro tema attuale, preso atto della rivoluzione mancata degli istituti comprensivi e della fantomatica continuità tra primo e secondo ciclo scolare, nonché dell’irrazionale cursus dell’obbligo d’istruzione, è quello della necessità di assicurare continuità didattica e curricolare, prima, molto prima, di operare riforme strutturali nel percorso degli studenti. In un’intervista pubblicata da “La Vita Scolastica” nel 1986, Luciana, dichiara:

Il CIDI […] si batte perché sia assicurato a tutti i bambini un curricolo di studi strutturato in modo razionale, dalla scuola materna alla conclusione dell’obbligo. Non è indispensabile una continuità strutturale, basta un indirizzo formativo e culturale unitario.

Le persone che hanno fatto parte di quel gruppo sono di estrazione e di “carattere” diverso, con destini diversi: Tullio De Mauro è un linguista-ministro; Lucio Lombardo Radice un matematico pedagogista; insegnanti… ma qui concentro il pensiero sulle donne, le “mamme” del CIDI: Bice Chiaromonte Foà, che se n’è andata nel 2017; Luciana Pecchioli, che se ne va in questo Gennaio 2019 freddo di clima e di civiltà democratica. Le loro parole, che ci sono trasmesse attraverso 46 anni di vita dell’associazione, sono di un’attualità che ci deve guidare, oggi, perché, parafrasando la Yourcenar, leggere le parole di Luciana è come accumulare riserve contro un inverno della scuola che, mio malgrado, vedo avvicinarsi.

Tante volte, nelle diverse occasioni ho sentito le grandi voci del CIDI di oggi menzionare i “meravigliosi anni ’70”, i grandi nomi, e tra questi c’è sempre stato quello di Luciana Pecchioli, maestra di pensiero, di stile, persino di abbigliamento, per molti che poi, a loro volta, sono diventati i miei riferimenti di oggi.

Io, però, non ho certo l’esperienza, né, in realtà, ho la personalità adatta per stare tra i laudatores temporis acti. Leggendo Luciana, mi rendo conto che la forza di questa associazione si fonda su tanti bisogni e valori non sbiaditi ma ancora vivi negli aspetti critici e nelle prospettive possibili: la ricerca didattica a partire dagli apprendimenti degli alunni, il curricolo, la figura dell’insegnante, il ruolo del dirigente… Il ruolo sociale della scuola. Sopra e dentro ogni altro valore, come è stato per Luciana e i suoi “compagni d’avventura”, il dovere prioritario di dare corpo e didattica al dettato costituzionale, nell’assicurare pari opportunità a ciascuno dei nostri alunni.

Allora… I have a dream, come disse il nonno Martin Luther, e ha ripetuto la nipotina di nove anni, due anni fa a Washingtondifronte a migliaia di studenti che manifestavano contro la violenza nelle scuole.
Sogno una nuova stagione del CIDI che parta anche dalle parole di Luciana, nel segno dell’unitarietà, della riflessione e dell’azione. Si potrebbe partire da un consolidamento dei rapporti tra i Cidi territoriali e una serie di sessioni partecipate, e strutturate, di riflessione e produzione sui temi di fondo, a cominciare dal dettato costituzionale, per proseguire sulle strade della scuola intesa anzitutto come istituzione pubblica al servizio degli alunni, di qualunque età, condizione, provenienza.

C’è chi le chiama “cornici”; io preferisco chiamarle “radici”, perché da quelle crescono gli alberi più forti, con rami capaci di dare nutrimento e protezione.

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