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13/02/2018

Che cosa sta succedendo?

di Enrica Ena e Paola Limone

Gli scrutini sono finiti da poco. E molti docenti hanno la sensazione di essere usciti da un incubo. Non tanto e non solo per la quantità defatigante di strumentari con cui ormai si arreda un rito sempre più inutile. Soprattutto perché si ha la sensazione che la valutazione sia sempre più lontana dalle funzioni reali della scuola e soprattutto dall'identità e dalla salvaguardia degli allievi.
Inoltre cresce la sensazione che la scuola stia cominciando anche a danneggiarsi da sola, persino oltre i danni che impone o implica una gestione istituzionale della valutazione defaticante e spesso ipocrita.

Riprendiamo dunque una riflessione a più voci sulla valutazione. Abbiamo da poco pubblicato la lettera-denuncia di Anna Chiara Monardo. Ora qui raccogliamo la testimonianza di Enrica Ena e Paola Limone, docenti di scuola primaria, alle quali abbiamo chiesto di riscrivere per "insegnare" alcune accorate riflessioni lanciate nei giorni scorsi sulle loro pagine fb.

A seguire pubblicheremo altre testimonianze perché è venuto il momento di riaprire il confronto sui rapporti fra progettazione / scelte curricolari e valutazione, per non morire dentro strettoie troppo anguste, in parte indotte dall'esterno, in parte autoalimentate come difesa contro lo stato confusionale che sta crescendo in modo allarmante.


Qual è la funzione della scuola?


Enrica Ena

Ho bisogno di chiederti un consiglio. Qui abbiamo avuto grossi problemi perché ci hanno imposto dei giudizi standard, dopo averli parzialmente approvati in collegio, ai quali non ci hanno permesso di cambiare una virgola perché dovevano corrispondere alla media numerica e basta. Così, dopo aver riadattato i giudizi di modo che calzassero ad ogni bambino, ce li hanno fatti cambiare e mettere quelli uguali per tutti a seconda del livello: a tutti i bambini con 8 di media corrisponde lo stesso identico giudizio. […] 

Questo è il messaggio che ho ricevuto la scorsa domenica mattina su WhatsApp, che va ad aggiungersi a tanti altri scambi con colleghi, che denunciano la rigidità che sta caratterizzando le scelte di tante delle nostre scuole e che sta guidando diverse riflessioni di questi giorni sui social network, prima fra tutte quella di Paola Limone, sulla sua pagina fb. [Vedi oltre. NdR]

Ammetto di essere fortemente preoccupata. Qui siamo ben oltre il problema normativo. Sono tutte scelte che arrivano dal basso. In nome di non so bene che cosa, stiamo passando il tempo a costruire gabbie che tendono all’omologazione e al controllo e che, di fatto, ci stanno rendendo ciechi e immobili davanti a ciò che per noi dovrebbe essere centrale: il contesto e la persona. 

Sembra che si stia dimenticando qual è la funzione della scuola, senza considerare la quantità incredibile di energie e tempo che vengono sottratte al costruire e fare scuola davvero. Eppure è evidente a tutti che siamo in emergenza educativa. La gravità dei fatti intorno a noi ci sta ponendo tante nuove domande e sta mettendo in evidenza che stiamo venendo gravemente meno ai nostri compiti.  Può esistere una scuola che non forma ai valori fondamentali? che non promuove autonomia? che non dà gli strumenti culturali e le competenze utili alla vita e a migliorare la società? 
E noi, anziché sostare sull’evidente cambiamento del ruolo della scuola, comprendendo che è venuto il momento di fare scelte coraggiose - capaci di ripensare percorsi e tempi e di restituire vera centralità al contesto e alla persona - non facciamo altro che continuare a discorrere di prove comuni, griglie, voti e ora… della nuova novità: i giudizi di fabbrica. 
Credo che la soluzione non stia nell'eliminare tutto, ci mancherebbe, ma nel farsi domande molto semplici, e non farsele da soli: quello che stiamo facendo serve? E se non serve, riusciamo a trovare il coraggio e la forza di rimetterci in discussione? Potremmo iniziare snellendo e riappropriandoci dei tempi che ci consentano di essere figure di riferimento significative e veramente presenti. 

In tema di valutazione, per ritornare da dove siamo partiti, può significare dare spazio alle rilevazioni durante i percorsi di lavoro (perché tenere rigidamente separato il momento del costruire da quello del valutare?); ripensare le prove comuni (con che cadenza può essere utile valutare insieme? che cosa può essere valutato insieme e che cosa no?); costruire giudizi sensati (qual è il significato del giudizio accanto ai voti?) e riprendere ad incontrare le famiglie per discutere la valutazione occhi negli occhi, restituendo centralità al "dare valore" ad ognuno.
Io aggiungerei i colloqui con gli studenti, avendo cura di dare spazio ai percorsi di autovalutazione, ma questa sono io...

 

Io non so più cosa pensare... 


Paola Limone

Abbiamo "Indicazioni" ministeriali, competenze da raggiungere. In base a queste dovremmo poterci muovere con creatività e secondo la nostra libertà di insegnamento. Leggo invece sempre più spesso di scuole che si auto infliggono lacci e lacciuoli, di docenti costretti a seguire pedestremente programmi e programmazioni da sussidiario vincolati di due mesi in due mesi... In alcune scuole mi dicono addirittura quindicinalmente.

Una collega ha appena scritto in un gruppo "ci sono anche le verifiche d'istituto, uguali per le stesse classi dei diversi plessi che vengono somministrate da un insegnante che non è della classe", altri colleghi  stanno portando le loro testimonianze di disagio per una scuola in cui fanno fatica a riconoscersi.

Ma cosa sta succedendo? Che idea di scuola è questa??

Da un lato ogni giorno siamo bombardati da segnalazioni di corsi in presenza/on line/seminari/workshop sulla "Scuola che cambia" e sull'apprendimento personalizzato, e poi si devono leggere queste tristezze didattiche... Dovremmo insegnare ai nostri allievi che uno stesso risultato si può raggiungere percorrendo tante strade diverse, non a percorrere obbligatoriamente lo stesso sentiero. Che esempio si vuol dare?

Il masochismo didattico non è mai una buona intenzione. La paura dei genitori o del Ds non è mai una buona ragione. "Si fa tutti la stessa cosa così siam tutti uguali", alla faccia della personalizzazione, della professionalità e della meritocrazia. Stiamo perseguendo un appiattimento verso il basso e la massificazione della didattica che fanno paura.

La programmazione di Istituto è una cosa, traccia un percorso comune coerente con le "Indicazioni", ma dove poi si toppa clamorosamente è nei programmi di interclasse, dove troppo spesso per paura di quel che possono dire i genitori, ci si attacca come cozze al libro di testo, e dove si vogliono fare verifiche identiche per far vedere che si lavora tutti nello stesso modo e nessuno si discosta. 
E’ lì che viene fuori il peggio, e’ lì che la maggioranza schiaccia. Sembra che siano quelli del “si e’ sempre fatto così” a portare avanti le sorti della scuola, con il beneplacito di troppe famiglie che applaudirebbero se si tornasse a penna inchiostro e calamaio.

Se si obbliga a fare verifiche unificate ogni due settimane/un mese si dà un netto vantaggio a chi corre come un forsennato sul libro di testo (e magari con tanti compiti a casa). Bastano le verifiche quadrimestrali e basta concedere che non siano identiche, se qualcuno chiede di motivare il perchè le mie sono diverse dalle altre lo so ben fare. Se non lo sapessi motivare allora potrei essere "redarguita"!
Una verifica unificata a scadenze ridotte è come una nota di classe: è ovvio che molti si sentano offesi e non coinvolti, sentano l'ingiustizia e non vengano stimolati a far meglio. Io mi sentirei profondamente offesa.

Facciamo un esempio pratico. In quinta (primaria) si studiano le regioni. L'obiettivo relativo che troviamo nelle Indicazioni è "Regione e sistema territoriale. Acquisire il concetto di regione geografica (fisica, climatica, storico-culturale, amministrativa) e utilizzarlo a partire dal contesto italiano. "
Se tutte le classi quinte decidono che si devono studiare tutte le regioni una dietro l'altra con verifiche per ogni regione e un insegnante invece vuole far fare ricerche a gruppi, su due-tre regioni a gruppo, con produzione di libro digitale, che comprende anche un ricettario e la produzione da parte dei bambini di quiz, cruciverba e giochi sulle regioni studiate, è ovvio che non ci sta con i tempi delle verifiche degli altri. Il lavoro di quest'insegnante è verificabile in itinere osservando la partecipazione e l'impegno, sarà verificabile alla fine con la presentazione delle varie ricerche e dei giochi ai compagni. Se dovesse seguire i dettami di certe scuole e di certe interclassi non potrebbe farlo, o sarebbe fortemente svantaggiata nelle verifiche settimanali o quindicinali. Dovrebbe rinunciare? Perchè si è deciso che con le verifiche settimanali/quindicinali si verifica che nessun docente abbia fatto il fannullone? E' questo che dovrebbe accettare?
E' questo che stanno subendo e accettando in tanti.

Un altro esempio. Scienze. Le indicazioni danno competenze da raggiungere, e un collega vuole farle acquisire lavorando in modo laboratoriale (cosa che le "Indicazioni" sollecitano a fare) e vuole seguire il metodo dei cicli di Karplus (oggetto- non oggetto/ materiale/proprietà/ interazione/sistema-sottosistema/variabili) e affiancare una parte di tecnologia sui materiali e le costruzioni.
Le altre classi vogliono invece seguire il sussidiario e nella programmazione per classi parallele scrivono “dicembre: il fiore”, “gennaio: la neve” e su quello si fanno le verifiche. Chi segue le "Indicazioni"? Il collega o loro?

E’ la maggioranza che vince e uniforma in basso? Non resta che un trasferimento errante alla ricerca di scuole che davvero vogliano andare oltre il libro di testo e si mettano in discussione? E se non ce ne sono nelle vicinanze ci si deve arrendere?
Se nessuno vuol fare coding? Se nessuno vuol fare robotica? E’ il collega interessato che vorrebbe seguire il Piano Nazionale Scuola Digitale  a essere in torto perchè la maggioranza ha fatto sì che certe voci non siano presenti nella programmazione? Se il ds/ reggente non ha tempo e energie o volonta’ di capire se le sue scuole stanno davvero crescendo in senso didattico, troppo spesso si accontenta di prove identiche per capire l’andazzo.

E questo è un insulto alla Scuola.

 

Immagine


Nell'immagine a lato una fantasiosa interpretazione grafica del leggendario suicidio dei lemmings, che in realtà non si suicidano affatto: il documentario della Disney era una bufala o come si dice oggi una fake story.
 

Parole chiave: valutazione

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