Tra il parlare di scuola dei tecnocrati della rendicontazione ed il chiacchiericcio ideologico di chi la butta sempre in politica, o in sindacato, c’è Annamaria Palmieri con il suo libro appena pubblicato dal titolo “Tra i banchi”. Mancava. Non che mancasse un libro di storia della scuola italiana, mancava questo tipo di libro, che racconta la scuola dall’unità ai nostri giorni attraverso la voce di scrittrici e scrittori che la scuola l’hanno fatta, l’hanno interpretata e l’hanno raccontata. Quarantasette testi che possiamo leggere condotti per mano dall’autrice, che conosce la perniciosa smemoratezza diffusa tra gli insegnanti e cerca di porvi un salutare rimedio.
L’autrice ha intrecciato tre sue passioni: la storia, la letteratura e la scuola. Il suo libro reca un servizio a più livelli: consente a chi opera nella scuola di guardare la scuola da una prospettiva distanziata e per questo realmente critica; assegna alla letteratura quel compito nobile che consiste nel leggere la realtà tra le sue righe; scruta il tormento storico vissuto da chi ha cercato di coniugare la scuola con la democrazia.
Ripercorrere il cammino della scuola attraverso gli anni postunitari, il fascismo, il secondo dopoguerra e la contemporaneità, e farlo attraverso la letteratura che ha messo al centro la scuola, significa quindi compiere un viaggio intellettuale e proporlo a chi questo viaggio vuole farlo. Come dire: chi è il lettore implicito di questo libro? Da De Sanctis a De Amicis, da Pascoli a Calamandrei, da Pasolini a don Milani, da Rodari ai più recenti Starnone, Scurati, Albinati il lettore è condotto tra i banchi e fuori dai banchi alla ricerca di un perché. Perché oggi la scuola è questa? Perché è diventata questa? Che scuola hanno sperato i nostri padri? Che scuola ho sperato io quand’ero bambino?
Il lettore implicito del libro di Palmieri è l’insegnante che cerca il senso del proprio operare, che riflette sulle sue pratiche, che contestualizza il proprio lavoro dentro la stagione storica e politica in cui si trova a vivere, che si interroga sulla vita democratica delle scuole. Con questo lettore l’autrice vuole instaurare una complicità molteplice che si può sintetizzare proprio col costrutto di “scuola democratica”. In fondo tutto il percorso storico della nostra scuola è un tentativo, che la politica ha perseguito attraverso fasi di accelerazioni, battute d’arresto e persino arretramenti, di rendere la scuola fattore di democrazia. Non c’è riuscita, e chi fa scuola questo lo sa. Tanti progressi sono stati fatti sull’accesso all’istruzione e sull’inclusione, ma tanta scuola resta pedante, autoritaria e selettiva e gli ultimi segnali della politica scolastica incoraggiano questa percezione.
Per questo il libro di Annamaria Palmieri è salutare, perché affonda lo sguardo sulla scuola in prospettiva storica affidandone il racconto a figure capaci di andare oltre la superficie. Lo dice lei stessa. Queste figure non sono modelli di niente. Non c’è moralismo o dover essere. C’è il senso del documentare, del raccontare e del riflettere.
Ogni testo è preceduto da doverose informazioni su autore e opera e seguito da riflessioni puntuali che aiutano ad andare oltre il testo stesso e riflettere. Scrive Marinella Attinà nella sua prefazione: “occasioni preziose per ampliare lo sguardo e per cogliere specificità educative derivanti da quel mondo caotico, rumoroso, non facilmente udibile e prevedibile che è la scuola”.
Il discorso sulla scuola oggi, se vogliamo essere sinceri, è diventato molto noioso. Tra capitale umano, prosopopea dell’inclusione, rapporti di valutazione, tecnologie digitali, piattaforme, chi opera a scuola percepisce che il cuore del proprio lavoro è soffocato da una tecnocrazia che seduce anche chi inizia la propria carriera con la paura di non potere onorare a dovere tutti gli adempimenti che ormai sommergono il lavoro scolastico. Questo libro aiuta a respirare. A guardare lontano, a contestualizzarsi, a relativizzare le pretese dei vari ministri di fare la riforma epocale. La sapienza di questo libro sta proprio nel far vedere che nella storia della scuola alcune figure hanno posto pietre miliari che resistono. Sta al lettore implicito di “Tra i banchi” sapere intuire le figure, che al contrario saranno spazzate via dall’oblio generale.