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19/12/2025

Patti educativi: alleanze per il territorio

di Simonetta Fasoli, Daniela de Scisciolo, Magda Ferraris

Il 4 dicembre si è svolta a Roma, presso il palazzo dei gruppi parlamentari, un’importante iniziativa promossa dal Tavolo interassociativo [1] della scuola sul tema dei Patti educativi territoriali. È stata un’occasione di informazione, scambio e confronto per approfondire le tante questioni legate al tema centrale, oggetto della giornata di lavoro.

“I Patti educativi – come si legge nell’ampio documento presentato – sono un esempio di laboratorio di sussidiarietà concretamente realizzata nei territori. L'importanza di questo convegno sta nell'offrire l'opportunità di tracciare percorsi comuni tra associazioni, istituzioni, famiglie, società civile organizzata e rappresentanti politici. Tutto questo richiede anzitutto il coraggio di una visione, come la ebbero i nostri padri e le nostre madri costituenti, il coraggio di uscire da logiche di posizionamento per perseguire la ricerca di un bene comune.” [2]

Nel dibattito che ha fatto seguito alla presentazione della proposta del Tavolo sono intervenuti sia chi i Patti li ha pensati e organizzati sul territorio sia personalità politiche che hanno contribuito alla scrittura di proposte di legge per rendere strutturali i fondi che consentirebbero ai Patti di vivere di vita propria.

Molti rappresentanti delle associazioni componenti il Tavolo interassociativo della scuola che hanno portato le loro idee ed esperienze. L’Assessora Pratelli a nome anche dell’ANCI ha sottolineato che per portare a compimento i progetti dei Patti c’è bisogno di tempo, continuità, finanziamenti stabili, di una gestione organizzativa semplice e leggera. L’INDIRE ha offerto di estendere la sua collaborazione già messa in atto in esperienze come quella di Prato.

Dirigenti scolastiche e amministratici comunali hanno permesso di comprendere come sia possibile intessere reti territoriali portando esempi virtuosi come ciò che succede nel Municipio X di Roma, nelle scuole dialogiche siciliane e in piccole realtà lombarde e piemontesi.

Irene Manzi, Presidente dell’Intergruppo parlamentare sulla dispersione scolastica e le povertà educative e parlamentare PD, ha fatto capire come sia stato difficile finora sboccare l’iter del  DDL 28/2022 (Fondo per il sostegno della comunità educante) da tre anni fermo al Senato che individuerebbe per la prima volta risorse pubbliche strutturali e vincolate per i Patti, stabilizzando un percorso finora sostenuto solo dalla “buona volontà” dei territori, usano fondi di Enti Locali e di Fondazioni (soprattutto al Nord). Anche le altre parlamentari intervenute hanno sostenuto le istanze le Tavolo. Chissà che non trovino una strada per accordarsi!

Nasce comunque dal basso la possibilità di trovare alleanze larghe: i giovani del PD, di Forza Italia e dell’Azione cattolica sono intervenuti con un discorso unitario mettendo da parte cosa li differenzia e trovando i punti di convergenza. Così anche tutte le associazioni del Tavolo sono state concordi su alcuni punti fondamentali: per affrontare la povertà educativa occorre fare rete tra scuola e territorio; lavorare soprattutto sulla prevenzione fin dalla scuola per l’infanzia; poter contare su interventi finanziari strutturali, costanti e stabili anche e soprattutto nei territori più svantaggiati.

La prospettiva del curricolo di territorio

Una delle osservazioni ricorrenti ha riguardato la funzione e la natura dei patti territoriali, i quali - è stato ribadito - non consistono in progetti aggiuntivi rispetto alle ordinarie attività ma in una specifica metodologia di approccio. Questa connotazione apre la strada ad una nuova riflessione sul curricolo di istituto, sul quale si stanno indirizzando nuove forme di attenzione, soprattutto in relazione alle strategie di contrasto e di rilancio dell’azione delle scuole autonome, da approntare verso le Indicazioni nazionali 2025 di imminente emanazione.

In particolare, se è un metodo quello che attiene ai patti territoriali, ci si interroga su quali contenuti evochi, e come si possa declinare l’idea di un "curricolo di territorio".

Il cosiddetto "PTOF di territorio" è, allo stato attuale della riflessione e delle pratiche, un riferimento ormai accreditato, e pertinente alle esperienze dei patti territoriali. Dal punto di vista istituzionale e della normativa di riferimento (D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia, e successivi provvedimenti) il "curricolo" è parte essenziale, anche se non esaustiva, del Piano dell’Offerta Formativa. Nello specifico, l’elaborazione del “curricolo di istituto” è atto eminentemente professionale che investe direttamente la dimensione collegiale della professionalità docente: discusso preliminarmente nelle articolazioni del Collegio (dipartimenti disciplinari e interdisciplinari, gruppi di scopo della ricerca didattica e della progettualità) viene infine deliberato dal Collegio e inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). In questa versione integrata, il documento rappresenta anche verso l’esterno l’identità culturale, pedagogica ed organizzativa dell’istituzione scolastica e in quanto tale viene adottato con delibera dal Consiglio di Istituto, massimo organo di governo della scuola, il quale ne considera l’attinenza con le finalità educative e culturali individuate e la compatibilità con le risorse complessive.

Alla luce di quanto fin qui è stato esposto, con la necessaria sinteticità, come si può configurare il delicato passaggio dal curricolo di istituto al "curricolo di territorio"? In prima battuta, siamo di fronte al processo che compone e valorizza la potenzialità progettuale dei diversi attori, istituzionali e non, che caratterizzano il territorio e ne definiscono la qualità culturale. Si tratta, in termini dinamici, di promuovere ed attivare una forma di vera e propria "mobilitazione cognitiva" che impegni le risorse territoriali a farsi “sistema” per “leggere” e analizzare il contesto in termini di bisogni educativi. I cosiddetti “bisogni educativi” (come ho spesso sottolineato nelle mie attività di formazione professionale) non esistono “in natura”: la realtà ci presenta piuttosto istanze che vanno decodificate. È lo sguardo di soggetti competenti, provenienti da varie biografie e contesti professionali, che li trasforma in bisogni dalla valenza educativa, e in diritti esigibili.

Trattandosi in ogni caso di un curricolo, in quanto tale si esplica come una pianificazione di obiettivi formativi, nel senso più comprensivo del termine, di percorsi intenzionalmente predisposti nel tempo e orientati al perseguimento degli obiettivi medesimi, con l’indispensabile indicazione programmatica delle risorse necessarie per dare agibilità e concretezza all’azione. In questa complessa dinamica che compone diversi soggetti istituzionali, ma anche organizzazioni del privato sociale impegnate sul territorio in chiave socio-educativa, il curricolo di istituto non evapora nell’indistinto, ma fa valere la sua specifica funzione, ponendosi come parte ineludibile del processo. L’elemento nuovo e qualificante è anzitutto (come bene hanno sottolineato gli esponenti del Tavolo per la scuola) di natura metodologica: si tratta di un percorso che si sviluppa attraverso l'apporto di diversi soggetti e di professionalità che trovano forme di raccordo e linee strategiche comuni.

Quale può essere un “punto di caduta” per questa attività progettuale in cui le scelte di contenuti si avvalgono di un metodo che assume la forma dei "patti educativi territoriali"? Anzitutto, c’è da segnalare un valore aggiunto: una più incisiva capacità di dare risposte ai bisogni, di rendere effettivo l’esercizio dei diritti, dunque assicurare l’efficacia dei dispositivi messi in atto. Un campo di intervento necessario rispetto alle tante "emergenze educative" che pongono questioni non più rinviabili e che attengono anche ai temi dei rapporti intergenerazionali. Con un ulteriore elemento di attenzione, rispetto al mainstreaming e alle retoriche che lo accompagnano: la necessità di superare un approccio prevalentemente emergenziale, per andare nella direzione di un piano di tipo strutturale e sistematico. Nella necessaria analisi dei fenomeni che ricadono nell’ambito dell’educativo, largamente inteso, teniamo ferma, infatti, la consapevolezza che non tutti i bisogni sono riconducibili alla casistica bio-psico-sociale ed alle sue classificazioni. Una postura da evitare, anzitutto sul piano politico-culturale, perché incrementa pericolosamente la tendenza alla medicalizzazione dei problemi, che emerge anche nei contesti scolastici, e non solo. Rischio da tenere in massimo conto, soprattutto in una fase in cui si affermano politiche governative securitarie spesso adottate in un’ottica repressiva ed escludente.

In sintesi: lo sguardo professionale, presente con tutte le professionalità impegnate nella progettazione di un "curricolo di territorio", comporta una corretta capacità di analisi dei contesti ed una conseguente efficacia di approcci, mantenendosi entro il campo di osservazione senza l’urgenza di pervenire a rigide categorizzazioni.
L’orizzonte di un’impostazione come questa che si va suggerendo, seppure in questa sede a grandi linee, investe anzitutto una nuova idea di “territorio”, inteso come sfondo politico-culturale di fenomeni variegati e complessi: un’eterogeneità non indecifrabile, non caotica, ma feconda, al centro di un processo interattivo, costituito da fatti e fenomeni di azione e retroazione, in cui non ci siano steccati rigidi tra "osservatori" e "soggetti di osservazione", in cui, in altri termini, nessuno avanzi  una pretesa neutralità od estraneità rispetto ai fenomeni ed alle questioni in campo.

Ci può sostenere una visione di fondo: riconosciamo che, se è il contesto il terreno di coltura dei fenomeni problematici con cui ci dobbiamo confrontare, non può essere che il contesto stesso il luogo della "cura", prioritariamente intesa in senso educativo.

Al cuore dei processi, si colloca, senza pretesa di autosufficienza, la scuola così come delineata dal mandato costituzionale, nella sua funzione insostituibile di regia e di titolarità della "educazione formale". Assumere la sua piena responsabilità istituzionale, riconoscendo il ruolo di altri soggetti con cui dialogare e operare, è la grande sfida che oggi la interpella, e ne può mostrare il senso e la forza.


Note

[1]Il Tavolo è composto da: Adi, Anp, Andis, Aimc, Diesse, Cgd, Cidi, Casa editrice Città Nuova, Edu Italia, Fism, Forum nazionale delle associazioni familiari, Giovani Democratici, Forza Italia Giovani, Istituto universitario Sophia, Mce, MSAC, Mppu Italia, Proteo, Rete Insegnanti Italia, Uciim.

[2] Il documento completo può essere richiesto scrivendo a: tavolodispersione@gmail.com

Scrivono...

Simonetta Fasoli Dirigente scolastica, educatrice.

Daniela de Scisciolo presidente del C.I.D.I. di Potenza, responsabile del progetto nazionale "A scuola di Costituzione"

Magda (Nuccia) Ferraris Insegnante di italiano e storia della scuola secondaria di II°; già presidente del Cidi Torino