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27/12/2013

La competenza letteraria: analisi testuale e ipertestualità

di Lina Grossi

Siamo giornalmente esposti a una valanga non controllata di numeri, ha scritto di recente il Censis, e, a fronte di una grande quantità di dati disponibili, il rischio maggiore consiste in un deficit di interpretazione e “il  primato del numero rispetto alla capacità ed alla voglia di interpretazione rischia di portare ad una sorta di sovra-rappresentazione della realtà, a causa di una quantità enorme di dati a disposizione, o ad una rappresentazione molto parziale della stessa, facendoci attraversare il contesto in cui viviamo come un paesaggio impersonale, che perde di significato”.[1]

Ora, fermo restando l’imprescindibile valore dei numeri e concordando pienamente sull’esigenza di considerare i dati come fonte di conoscenza, l’aspetto che qui interessa sottolineare della riflessione Censis è l’importanza dell’interpretazione e della riflessione per sviluppare la consapevolezza individuale e la crescita di una coscienza collettiva. Infatti la capacità di interpretazione e di riflessione richiede tempi diversi e più distesi di ricezione ed elaborazione rispetto a quelli della semplice comunicazione di dati, sondaggi, misurazioni ecc., e, soprattutto, idonei strumenti  di lettura.

In un mondo dominato dalle tecniche e dalle scienze[2], e in una dimensione culturale rivolta alla sua immediata spendibilità in chiave economica si  rischia di considerare come poco utile l’apporto degli studi letterari alla formazione intellettuale e civile dell’individuo oggi.

Eppure sul versante della letteratura, negli ultimi decenni, è stata messa a punto una serie di efficaci strumenti per l’analisi dei testi, dalla filologia allo strutturalismo e alla semiotica, che hanno assunto importanza crescente nell’insegnamento, in grado di sviluppare la capacità di comprensione e interpretazione dei testi e del loro contesto di riferimento.

Ne consegue, che una prima risposta al problema “a che cosa serve la letteratura oggi?“ può scaturire dalla correlazione del sapere letterario e del suo valore formativo con l’esigenza di trasmissione/acquisizione di una metodologia interpretativa del testo che richiede un’opera di mediazione culturale e didattica complessa e concettualmente ben fondata. Interpretare è un’operazione strettamente legata all’analisi testuale e significa leggere attentamente un testo, comprenderlo in profondità attraverso l’analisi dei suoi elementi di significato, del significante e delle loro relazioni, nel mentre si entra in rapporto con tutto questo utilizzando le proprie esperienze, emozioni e idee e il proprio bagaglio di informazioni.

Una seconda risposta, sempre orientata sul versante della indispensabile acquisizione di una competenza letteraria e critica, deriva dal forte interesse per alcune qualità del linguaggio letterario e  delle pratiche narrative da parte degli studiosi di numerose altre discipline (filosofi, storici, matematici, psicologi, solo per citarne alcuni). Una  situazione studiata da Remo Ceserani  che  la definisce “contraddittoria e quasi paradossale”,[3] in quanto oscilla tra la tendenza della letteratura a perdere la sua tradizionale posizione di prestigio in ambito culturale e un interesse crescente per la narrazione in tutte le sue forme.

Questo rapporto oggi esistente tra scienza e letteratura e fra le varie discipline e  i vari campi del sapere  e gli attraversamenti tra una disciplina e l’altra è collegato con l’atmosfera culturale dominante caratterizzata da aperto confronto fra culture discipline e lingue[4], a testimonianza in fondo di una forma imprevista e tenace di persistenza della letteratura.

Nell’ambito del più ampio e complesso dibattito sul ruolo della letteratura e sulla funzione degli studi umanistici[5]  nell’età globale[6] la presente riflessione si concentra - o forse meglio si limita - a porre alcune domande sul concetto di competenza letteraria, in termini di analisi del testo letterario, negli ultimi tre anni della scuola secondaria di II grado (secondo biennio e quinto anno). 

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Note

[1]              Cfr. Censis (a cura di), Un mare di numeri senza interpretazione, giugno 2013,  testo base di discussione dell’incontro  “Un mese di sociale” sul tema “La società impersonale”.

[2]              Sul rapporto tra scuola e sviluppo economico e sulla tendenza da parte dei decisori politici a impegnarsi soprattutto nello sviluppo delle tecniche e delle scienze cfr. T. De Mauro, “Introduzione”, in M. C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, 2011.

[3]              Alla base del  saggio di R. Ceserani, Convergenze. Gli strumenti letterari e le altre discipline, Milano, B. Mondadori, 2010, è presente un paradosso:  da un lato la letteratura e la critica letteraria non occupano più la centralità e il prestigio goduti nei secoli nella scuola e nella cultura occidentale, dall’altro cresce l’interesse per il linguaggio e le pratiche narrative da parte di chi si occupa di campi del sapere diversi da quello letterario, in un intreccio di prestiti e calchi linguistici e culturali. Ciò a testimonianza di una forma di imprevista e tenace persistenza della letteratura.

[4]                     Cfr. R. Ceserani, “Introduzione”, op. cit., p. 2. Questa riflessione è già presente in G. Beer, Open fields, Oxford, Clarendon Press, 1999.

[5]              M. C. Nussbaum, op. cit., p. 22, scrive in proposito: “Gli studi umanistici e artistici vengono ridimensionati, nell’istruzione primaria e secondaria come in quella universitaria, praticamente in ogni paese del mondo. Visti dai politici come fronzoli superflui […] anche quelli che potremmo definire come gli aspetti umanistici della scienza e della scienza sociale – l’aspetto creativo, inventivo, e quello di pensiero critico, rigoroso – stanno perdendo terreno, dal momento che i governi preferiscono inseguire il profitto a breve termine garantito dai saperi tecnico-scientifici più idonei a tale scopo”.

[6]              Cfr. G. Benvenuti, R. Ceserani, La letteratura nell’età globale, Bologna, Il Mulino, 2012.

Scrive...

Lina Grossi È stata docente di materie classiche, formatrice, ricercatrice INVALSI e collaboratrice INDIRE; esperta sulla valutazione degli apprendimenti in ambito europeo; autrice di saggi e testi di ricerca didattica.

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