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01/05/2022

Prolegomeni per una storia della valutazione

di Mario Ambel

"Prolegomeni" è una parola desueta, un "tartufo" avrebbe detto Montale [1], e quindi necessita di una precisazione. Viene qui usata nel senso  di "Esposizione preliminare dei principî o proposizioni fondamentali di una dottrina o di una disciplina, che s’intende svolgere più sistematicamente, altrove o in seguito" [2], anche se non è mia intenzione assolvere a tale impegno, né altrove, né in seguito. Si tratta quindi solo di appunti e testimonianze, utili forse qualora qualcuno volesse accingersi a tale impegno, che sarebbe comunque opera lodevole.

Un interessante documento del 2008

Per chi appunto volesse scrivere una storia della valutazione, un passaggio di cruciale importanza sarebbe studiare che cosa accadde nel 2008, quando l'allora Ministra dell'istruzione Gelmini reintrodusse l'uso della valutazione decimale nella scuola di base.
Per fornire un piccolo contributo, utile non solo per ricostruire la storia passata, ma anche per rinforzare le vicende presenti e attuali della dialettica fra valutazione sanzionatoria e selettiva e valutazione formativa, pubblichiamo un interessante appello promosso il 26 Novembre 2008 da un gruppo di insegnanti ed esperti di educazione linguistica, dal titolo
" Per una valutazione degli apprendimenti che... " , inizialmente diffuso a cura delle riviste "insegnare" del Cidi e "Lingua e Nuova Didattica" di Lend.   (Il documento è scaricabile  qui e a fondo articolo per intero nella versione originale)

Questo l'elenco del "Primi firmatari": 
Mario Ambel, Daniela Bertocchi, Umberto Capra, Valter Deon,
Martin Dodman, Annarosa Guerriero, Cristina Lavinio, Edoardo Lugarini, Luciano Mariani, Graziella Pozzo, Franca Quartapelle.


In apertura del documento, si affermava la ferma contrarietà della normativa appena approvata, aggiungendo:
"anche sulla base delle esperienze didattiche e delle ricerche più accreditate, riteniamo indispensabile in questo frangente ribadire la necessità di difendere e rinforzare una valutazione descrittiva, attenta ai ritmi di crescita e alla complessità dei processi di apprendimento, non invasiva, rispettosa delle diversità e delle differenze, progressivamente coerente con il livello di sviluppo raggiunto."
Tra le altre interessanti considerazioni e a sostegno delle modalità di valutazione che oggi vengono giustamente rilanciate si affermava che
"La valutazione a cui pensiamo …
[...]
· è formativa, ha funzione di feed-back, favorisce il dialogo e la valutazione fra pari, stimola e guida le riflessioni e le autovalutazioni da parte dell’allievo sui propri processi di apprendimento favorendo il controllo delle procedure, la riflessione metacognitiva, l’intenzionalità responsabile;
· è coerente con una didattica laboratoriale, costruttivista, cooperativa, che impegna e stimola il protagonismo attivo dei discenti, all’interno di un ambiente funzionale all’apprendimento;
· concentra l’attenzione e l’investimento educativo sull’evoluzione dell’apprendimento e non solo sul risultato ed è coerente con un’idea e una pratica di scuola in cui è più importante imparare che dimostrare di aver imparato;
[...]
·  è potenzialmente inclusiva ed emancipatoria poiché coinvolge e accompagna il soggetto nei processi di apprendimento, responsabilizzandolo, aumentandone le capacità di riflessione critica su di sé, il senso di autostima e quindi l’autonomia individuale."
Il documento, poi, in considerazione del fatto che la norma che sanciva il ritorno al voto non poteva che riguardare la valutazione periodica e finale, si concludeva  con l'invito alle scuole "a non recedere da modalità di valutazione finalizzata all’apprendimento, anzi a intensificarne la sperimentazione e l’uso, dichiarando fin d’ora la piena disponibilità a sostenerne l’operato e la riflessione professionale."

Ritardi, ambiguità, contraddizioni

Purtroppo non è andata così, e a questo proposito la  o il solerte estensore della ipotetica storia della valutazione dovrebbe occuparsi delle ambiguità delle indicazioni ministeriali nel lungo periodo 2009 - 2021 e dell'involuzione che ha caratterizzato le modalità della valutazione in questi anni, fino alle recenti normative per il ritorno alla valutazione descrittiva nella sola scuola primaria. La scuola finì infatti col trasferire la valutazione decimale nelle pratiche valutative in itinere  e anche gran parte della cultura italiana non solo non si oppose a quel cambiamento ma spesso, invece, indulse in sterili diatribe su come intendere, promuovere e sanzionare una presunta serietà della scuola.
Del resto, ritardi e contraddizioni sono anche il frutto del mancato contrasto a quella normativa della Ministra Gelmini. Fin da subito, la comunità scolastica e accademica non seppero contrapporsi con fermezza. A fronte delle resistenze di pochi, che giunsero fino a momenti di contenzioso, vi furono il silenzio e l'adeguamento passivo di troppi.
In occasione della stesura di quel documento, vennero raccolti, in una pagina di un "sito" personale [3], un elenco di adesioni e una serie di testimonianze. E creammo il logo che campeggia  alato del titolo di questo articolo.
Il documento e alcuni commenti vennero pubblicati sul sito "PavoneRisorse" (prima versione), dove è possibile consultare una interessante rassegna di interventi sul tema della valutazione, dal 2008 a oggi: "I problemi della valutazione dopo la legge 169".

Nei mesi successivi si aprì la complessa stesura dello "Schema di regolamento" applicativo, redatto da una amministrazione che non poteva non essere consapevole di dover regolamentare su una materia sulla quale applicava normative opposte da almeno trent'anni. Sulla bozza di regolamento l'allora CNPI si spaccò in un parere di maggioranza e un parere di minoranza.  Tra le poche voci contrarie alla legge e al successivo Regolamento, si registrò una dura presa di posizione della FLC-CGIL:  "Regolamento sulla valutazione degli alunni: confusione, pressappochismo, incompetenza, regressione pedagogica".
Nel  n.1 del 2009, "insegnare" pubblicò uno speciale, dal titolo "Un voto nel 'merito'", per contrastare l'avvenuta pubblicazione della legge e promuovere una campagna che ne sollecitasse l'abrogazione. 
In quella occasione  proponemmo anche una forma di obiezione di coscienza professionale: una  "Dichiarazione di obbedienza coatta",  "da chiedere - scrivemmo allora - che fosse allegata alla documentazione dello scrutinio o da proporre come mozione o come dichiarazione personale accanto alla delibera del collegio sulle modalità di valutazione". 
Negli anni successivi, qualcuno, non molti in verità, continuò la battaglia contro la valutazione in decimi, spesso in totale isolamento.  In molte circostanze di formazione presso scuole o contesti associativi, formulammo - a partire dal 2009 - anche delle domande pubbliche direttamente rivolte al corpo ispettivo, che non ottennero mai risposta [4].
Nel 2014, per esempio, ritornammo sull'argomento, per spiegare perché valesse la pena parlarne, proprio perché tutti facevano finta di nulla, persino nelle Indicazioni nazionali del 2012 [5]. E soprattutto ritenemmo spesso assai pericoloso avallare, anche da parte dell'amministrazione, la pratica di associare giudizi e voti in documenti ufficiali di bassissima legittimità teorica e conseguente credibilità [6]
Poi, lentamente, riprese un movimento di opposizione a quella L. 169/2008,  che aveva reintrodotto i voti numerici, fino  alla recente "Campagna 'Voti a rendere'", promossa nel  2019 da MCE e accolta da numerose associazioni professionali, di cui rendemmo conto in uno speciale , "Voti a rendere" , del novembre 2019.
Del resto l'intera storia della valutazione e soprattutto dei suoi strumenti di descrizione degli esiti all'esterno è complessa e tormentata. Le reazioni alla legge del 2008 trovavano spesso spiegazione nelle vicende pregresse, tutt'altro che semplici e lineari [7].
Ora la storia continua; e speriamo sia una storia nel complesso più edificante.

Ritorno al presente

Abbiamo voluto ricordare questi fatti proprio per non nasconderci le difficoltà che incontrerà l'applicazione delle recenti norme e soprattutto per sollecitare la nostra attenzione sulla necessità ineludibile, ma anche sulle altrettanto inevitabili difficoltà, della sua estensione alla scuola secondaria di I grado: obiettivo verso il quale si sono opportunamente pronunciate alcune associazioni professionali fra cui il Cidi. E che anche la nostra rivista condivide pienamente.
Su queste difficoltà gravano alcune carenze della recente normativa sulla scuola primaria, che vanno assolutamente rimosse se si vuole davvero che l'abolizione dei voti e l'affermazione di modalità di valutazione formativa e inclusiva abbiano il sopravvento e si accompagnino a una coerente trasformazione delle pratiche di progettazione, attuazione e documentazione dei processi di insegnamento/apprendimento.
Mi riferisco ad alcuni ordini di problemi, tutt'altro che risolti, che bisognerà affrontare con maggior chiarezza e pervasività:
a) L'ambiguità insita in una norma che - realizzata e persino in parte  motivata dal fatto di essere in situazione pandemica - rischia di essere considerata un intervento emergenziale e non un intervento strutturale e di strategica importanza, che arriva con dodici anni di ritardo a sanare, almeno in parte, un vulnus culturale e politico inferto alla scuola.
a) I rischi dell'approvazione della abolizione dei voti nella sola scuola primaria e la complessità dell'estensione alla secondaria di I grado, ma sarebbe più opportuno dire almeno fino all'espletamento dell'obbligo scoalastico.
b) Le incertezze che perdurano sulle modalità formali e sostanziali delle valutazioni, inevitabilmente sommative e in parte generalizzabili, intermedie e finali, da realizzare  in continuità e coerenza con quelle in itinere, inevitabilmente formative e individualizzate.
c) I rischi, in parte complementari alle modalità di sostegno formativo alla legge, di una eccessiva focalizzazione della progettazione educativa per obiettivi e la non esauriente chiarezza dei rapporti con le finalità orientate alle competenze.
Ci sarà modo di parlarne.
Qualcuno sostiene da mesi che data la delicatezza del tema e la persistente difficoltà di sconfiggere il voto (testimoniata anche da questi "prolegomeni") non è opportuno evidenziare i limiti della normativa che si sta faticosamente cercando di applicare nella scuola primaria.
Ma noi riteniamo che proprio l'intrenseca difficoltà dell'impresa, resa più acuta dal silenzio di questi anni, e anche il sottovalutarne i limiti, possano rendere ancor più complicato e sterile l'encomiabile sforzo che l'amministrazione sta compiendo per diffondere la valutazione formativa e pratiche didattiche a essa coerenti.

 

Note

1. Eugenio, poeta italiano (Genova, 1896 - Milano, 10981), scrisse in "Le parole",  Satura, Mondadori, Milano, 1971, pp. 106-107: " le parole/ sono di tutti e invano / si celano nei dizionari/ perché c’è sempre il marrano/ che dissotterra i tartufi/ più puzzolenti e più rari".
2. Treccani, Vocabolario on line, alla voce "Prolegomeni".
3. La pagina, tratta da "memorbalia.it, dal titolo "valutazione doc" è ancora consultabile (almeno fino a oggi, 1 maggio 2022; purtroppo non sono più attivi alcuni dei collegamenti).

4.  Domande, rivolte - a partire dal 2009 - al corpo ispettivo e  alle diverse comunità professionali che si occupano di scuola e di valutazione. 
►Prima domanda
Se ritengano compatibile l’attuazione di una valutazione descrittiva, formativa, che favorisce la partecipazione attiva degli allievi – com’è quella prefigurata in tutta la normativa dalla legge 517 in poi, nella letteratura pedagogica dell’intero secolo scorso e persino nella prima parte del recente Regolamento di attuazione della legge 169/2008 -  con l’utilizzo del “voto” e in particolare della scala decimale o se non ritengano invece che le due pratiche rimandino a concezioni della valutazione, dell’apprendimento e della stessa scuola antitetiche o comunque difficilmente conciliabili.
► Seconda domanda

Se non ritengano inopportuno definire in modo rigido e quantitativo il concetto di “sufficienza” nella suola dell’obbligo, dove la valutazione è inevitabilmente relativa e contestuale e dove gli insegnanti sono chiamati ad attivare strategie per far sì che ciascun allievo  possa migliorare le proprie conoscenze, abilità e competenze in modo proporzionale ai propri livelli di partenza e non tanto raggiungere un livello predefinito e eguale per tutti di “sufficienza”.
► Terza domanda
Se possono in sintesi spiegare come il “voto” si differenzi dal “giudizio”, dal “punteggio” e dal “livello” e se siano altresì a conoscenza o intendano elaborare una nuova teoria pedagogica e docimologica che consenta di usarli in modo indifferenziato, accostato o alternato e in particolare che consenta di legittimare l’uso del voto indifferentemente in luogo dell’uno o dell’altro o in casi di eccezionale perizia di tutti e tre.
► Quarta domanda
Se possano in sintesi ricordare come il “voto” si differenzi dal “giudizio”, dal “punteggio” e dal “livello” e se siano a conoscenza o intendano elaborare una nuova teoria pedagogica e docimologica che consenta di usarli in modo indifferenziato, accostato o alternato e in particolare che consenta di legittimare l’uso del voto indifferentemente in luogo dell’uno o dell’altro o in casi di eccezionale perizia di tutti e tre.
► Domanda... finale
Qualora le loro risposte entrino in totale o parziale rotta di collisione con le norme approvate, non ritengono doveroso adottare comportamenti e atti che consentano al Ministro e al Parlamento di cogliere la gravità del vulnus inferto alla normativa vigente e alla storia stessa della scuola pubblica del nostro paese?
Come pensano di conciliare l’accettazione di questa legge con ciò che in scienza e coscienza sono andati teorizzando fino a ieri l’altro?

5. Cfr. Mario Ambel, "Per qualche voto in più (o in meno)", "insegnare", 21.3.2014.
6. Cfr. 
Mario Ambel,  "La valutazione al tempo dello 'Starcato'", "insegnare", 01.5.2017; non è forse casuale che si decida di dedicare il primo maggio alla stesura di note come queste, in omaggio e in memoria di un altro grande valore dismesso nelle pratiche socialidi questo tempo: la dignità del lavoro umano.
7. Cfr. Daniela Casaccia, "Un po' di cronistoria tra tanti voti e poco giudizio", "insegnare", 22.12.2020.

 

 

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Parole chiave: valutazione, voti

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".

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